« Non chiamateci mostri »
« « Non chiamateci mostri » IIpadre: vogliamo uscire dalla droga VITE ON siamo mostri», si dispera Roberto C, 29 anni. E' il padre di Emanuele, il neonato morto a Terni dodici ore dopo il parto per una probabile crisi di astinenza da eroina. Si difende, parla di disgrazia, respinge le durissime accuse piovutegli addosso «proprio nel momento in cui io e la mia compagna stiamo facendo il massimo sforzo per uscire dal tunnel della droga». La madre, Roberta S., durante le doglie (come altre volte nel corso della gravidanza) si era iniettata una dose di eroina. Anche se la conferma la darà l'autopsia, i medici ritengono che il piccolo, sia nato tossicodipendente e non sia riuscito a superare la crisi di astinenza. Un caso abbastanza frequente per i figli di tossicodipendenti. In questo caso però, ad aggravare una situazione già difficile è stato il parto prematuro (dopo sette mesi). «E' stata una mazzata - dice Roberto C. -. Stiamo facendo di tutto per assicurare una vita normale agli altri nostri due bambini e avevamo predisposto tutto per dare in affidamento questo che doveva nascere, in attesa di poterlo riprendere con noi dopo la disintossicazione; proprio giovedì prossimo dovevamo entrare in una comunità di recupero. Era tutto pronto prima che succedesse, avevamo già fatto le analisi». «Viviamo insieme da sette anni - dice ancora - e insieme stiamo cercando di uscire dal mondo della droga. Non ci siamo sposati per una nostra convinzione, ma amiamo e proteggiamo i nostri figli, così come avremmo fatto con questo. E invece adesso, dopo quello che hanno scritto i giornali, stanno ghettizzando anche loro». Parla malvolentieri, ma chiede che non vengano pubblicati nomi «per salvare, per quanto possibile, i nostri due bambini». «La nostra - continua - è una famiglia normalissima, ho un lavoro sicuro in un'azienda parastatale e proprio in questi giorni avevo preso l'aspettativa per potere andare in comunità. Ho una casa a mio nome, la cameretta per i nostri bambini, una piccola piscina per loro, l'orto con i pomodori. E invece mi hanno descritto come se fossi un tossico da ultima spiaggia». L'uomo spiega che ieri mattina con Roberta è andato a visitare la tomba del bimbo dopo la cerimonia funebre, per evitare giornalisti, foto¬ grafi e cineoperatori. «Siamo andati in incognita - precisa insieme con mia madre, con la mamma di mia moglie e con altri parenti dopo i funerali, perché volevamo passare inosservati. E invece - aggiunge - ci hanno descritto come se fossimo Vallanzasca e la moglie. Avevamo deciso di dare in affidamento questo figlio consigliati dai responsabili della comunità, i quali spiega - ci hanno detto che in questo modo avremmo potuto fare un lavoro migliore. I nostri due bambini sarebbero stati affidati ai nonni paterni e materni durante il periodo in comunità. Quest'altro sarebbe stato affidato a una famiglia in attesa di poterlo poi riprendere con noi». Il padre di Emanuele racconta la sua schiavitù dalla droga: «Sono stato tossicodipendente, poi ho smesso per sei-sette anni e ho di nuovo cominciato, purtroppo con i figli. Pensavamo di farcela a uscire dalla droga, ma abbiamo visto che non era possibile da soli e abbiamo deciso di andare in comunità. Della gravidanza di quest'ultimo ci siamo accorti quando era troppo tardi per abortire, e allora abbiamo deciso con l'assitente sociale per l'affidamento. Se però ci avessero detto che finiva in orfanotrofio lo avremmo tenuto con noi, perché amiamo i nostri figli». Ma poi ci si è messo anche il destino, la gravidanza si conclude con due mesi di anticipo, proprio quando i due stanno per cominciare la disintossicazione, il neonato viene al mondo sottopeso. «Quella dell'affidamento - continua l'uomo - era stata una decisione maturata dopo molte vicissitudini. Purtroppo questo bambino è venuto in un momento particolare in cui volevamo tentare di uscire dalla droga. Ma io per il mio vizio non ho mai rubato, ho sempre speso soltanto i miei risparmi rinunciando alle vacanze e ad altre cose. Stiamo facendo di tutto per ricomporre una famiglia normale, e invece conclude amareggiato - ci hanno descritto come mostri», [r. cri.] «Non siamo andati al cimitero per evitare i giornalisti Avevamo deciso di dare il piccolo in affido»
Persone citate: Roberta S., Roberto C., Vallanzasca
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