Da Garibaldi a Togliatti

Resiste il corso Unione Sovietica «Troppo costoso cambiare il nome» Da Garibaldi a Togliatti Ogni epoca impone le «sue» strade E OGGI AVenezia da secoli sopravvivono la «Calle delle Zoccole», quella «alle antiche Carampane» e quella «delle Tette». C'è anche «Vicoletto seghe di Santa Eufemia». E nessuno osa cambiare i loro nomi. Sono quelli storici, nati con le vie. E rispettati anche a Firenze e a Roma. A Torino no. Da noi ogni mutar di «regime» pretende di ridenominare a sua gloria parte della toponomastica cittadina, cancellando secoli di tradizioni. Ha incominciato Napoleone. Quando occupò la città intitolò a sé piazza San Carlo e piazza Castello divenne «piazza Imperiale». Pazienza, era un invasore. Ma l'andazzo è continuato. In omaggio all'«Eroe dei due Mondi» via «Dora Grossa» è diventata via Garibaldi. Così con un tratto di penna cambiò d'identità l'antico Decumano romano, dedicato dal 1573 alle acque della Dora che lo mantenevano pulito, passando in un canaletto a centro strada, opera d'idraulica voluta da Emanuele Filiberto e decantata per secoli in tutta Europa. Stessa sorte toccò alla via principale di Torino. Nacque come «via Nuova» quando Carlo Emanuele I l'inaugurò nel 1615. Divenne «Via Roma» per onorare la nuova capitale italiana, che ha ricambiato il favore con una «via Torino» senza molti pregi, nei pressi della stazione Termini. E dire che per zelo risorgimentale Torino cambiò nome persino alla sua «via Italia, quella che mena dal Piemonte agli stati italiani». Divenne via Milano nel 1859. Come «via Italia» per paradosso sembrava «troppo poco unitaria». Evocava la differenza fra il Piemonte indipendente e il resto della penisola. Per anni lo stesso municipio ha avuto come indirizzo via Milano 1, dimenticando d'essere in piazza Palazzo di Città, già piazza delle Erbe. Nel 1869 via «Guardinfanti» era via Barbaroux, il giurista che siglò lo Statuto Albertino. La presa di Porta Pia a Roma, il 20 settembre 1870, ribattezzò la via che oggi chiamiamo «Venti settembre», fino allora nota come Via San Maurizio e prima ancora della Rosa Rossa. E corso Oporto, oggi Matteotti? Fin dall'origine fu dedicato alla città che accolse in esilio Carlo Alberto nel 1849. Nel 1869 divideva la cittadella dalla Piazza d'Armi, allora delimitata dai corsi Oporto, Principe Umberto, Vinzaglio e Duca di Genova, oggi Stati Uniti. La piazza era raggiunta dall'odierno corso Vittorio Emanuele, allora solo «del Re», che a porta Nuova prendeva il nome di corso Piazza d'Armi e proseguiva come corso San Avventore. A Nord di corso Oporto c'era piazza Venezia, oggi scomparsa, occupata dai palazzi Sip. Esisteva anche piazza Pietro Micca, quella dinanzi al Mastio della cittadella. Da poco è stata ribattezzata giardino Andrea Guglielminetti, sindaco di Torino dal 1968 al 1970. Capita nella città che dal 1945 riserva a priori una via a ogni sindaco defunto. Anche se non tutti i sindaci possono vantare i meriti eroici del sindaco Bellezia, che nella Torino del 1640, letteralmente spopolata dalla peste, rifiutò di sfollare dicendo: «Il mio posto è a fianco dell'ultimo degli appestati». Ma sono memorie che vanno sbiadendo. Resiste invece corso Unione Sovietica, l'antico corso Stupinigi, ribattezzato ai tempi di Togliatti. E' sopravvissuto all'impero comunista. E nessuno pensa ancora di cambiargli nome. «Siamo matti?» dicono in Comune. «E' uno dei corsi più lunghi di Torino e solo per sostituire le targhe viarie spenderemmo un patrimonio». Maurizio Lupo Resiste il corso Unione Sovietica «Troppo costoso cambiare il nome» In alto: Pietro Micca A fianco: Napoleone Bonaparte A destra: Giuseppe Garibaldi