Quella televisione che voleva educare di Alessandra Comazzi
Quella televisione che voleva educare RIMPIANTI Quella televisione che voleva educare ANTON Giulio Majano non riusciva a distaccarsi dalla televisione. Non la riconosceva più, non gli apparteneva più, però lo possedeva. E lui ne era posseduto. Dietro le rimostranze dell'uomo anziano adirato perché le sue proposte di nuovi lavori non venivano mai assecondate («ai miei progetti rispondono con vaghe promesse e pacche sulle spalle, poi non si fa più vivo nessuno)», c'erano tutta la passione e l'affetto dei pionieri; c'orano i ricordi vividissimi e una serie inesauribile di aneddoti; c'era la delusione cocente per l'allontamento. C'era, profondo, il rimpianto per un modo ormai remoto di intendere la televisione: che doveva educare, doveva contruibuire a far circolare la lingua italiana, a migliorare le conoscenze del pubblico (allora non si diceva «gente»). Prendere un romanzo e tradurlo in immagini non era soltanto un modo per divertire il telespettatore. Il telespettatore andava istruito. Gli italiani leggevano (leggono) poco? E allora che imparassero a conoscere i grandi eroi della letteratura almeno attraverso i racconti del video. Il regista apparteneva alla triade magica: Anton Giulio Majano, Sandro Bolchi e Edmo Fenoglio inventarono il romanzo sceneggiato. Accuratissimo, realizzato, soprattutto negli Anni '50 e '60 da grandi attori di teatro, in presa diret1 ta, senza effetti speciali che I stupissero. Stupivano i trucchi, le invenzioni del momento. Majano ricordava sempre che Anna Maria Guarnieri non sapeva nuotare ed era terrorozzata dalla scena dell'omicidio nella «Cittadella», quando lei viene scaraventata in acqua da Werner Bentivegna: ecco, per sorreggerla e tranquillizzarla, tutta la barca era circondata di sommozzatori. Costavano già molti denari, i romanzi sceneggiati, ma la Rai operava in regime di monopolio, e non aveva problemi di concorrenza. Lo sceneggiato della domenica era un appuntamento irrinunciabile per milioni di italiani: si guardava quello e basta, aspettando «la prossima puntata». Ettore Bernabei, che di quel modello televisivo era l'orco guardiano, dice: «Nella tv neonata si trattava di parlare a spettatori spesso sprovveduti, analfabeti: Majano riuscì a interessarli perché ebbe sempre grande rispetto per loro, con la modestia dell'artigiano che si pone il problema del destinatario del suo lavoro, senza le pretese dell'artista». Gli intellettuali facevano smorfie di fronte alle storie di Majano, che facilmente sdrucciolavano su terreni lacrimosi. Viste adesso, sembrano piuttosto poderoseanticipazioni di genere: c'era una volta il romanzo sceneggiato, dai suoi pianti nacquero la tclenovela, la soap opera, il serial. E disse: «Erano tutti miei figli» Alessandra Comazzi
Persone citate: Anna Maria Guarnieri, Anton Giulio, Anton Giulio Majano, Edmo Fenoglio, Ettore Bernabei, Sandro Bolchi, Werner Bentivegna
Luoghi citati: Majano
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