Il giudice: sì al duce in bancarella

Le riproduzioni sequestrate in un autogrill non costituiscono apologia del fascismo Le riproduzioni sequestrate in un autogrill non costituiscono apologia del fascismo Il giudice; sì ul duce in bancarella Busti di Mussolini, vendita libera Quei busti del duce non sono fuorilegge. E non lo sono nemmeno i due gestori dell'autogrill Agip, sulla tangenziale di Torino, che a fine luglio sono stati accusati di apologia del fascismo perché vendevano statuette raffiguranti Benito Mussolini. Lo ha stabilito il sostituto procuratore Giuseppe Ferrando, che ieri ha chiesto l'archiviazione del fascicolo aperto in seguito alla denuncia di Mauro Battuello, consigliere comunale torinese del ppi. Fermatosi per caso in quell'autogrill per un caffè, aveva scoperto quei quattro piccoli busti in gesso marmorizzato, e aveva segnalato il caso al sindaco di Rivoli, al presidente della giunta regionale, e alla procura. Ora la procura si è pronunciata: la legge, la numero 645 del 20 giugno 1952, non è stata violata. O meglio: non è stato violato il secondo comma dell'articolo 4 («apologia del fascismo») di questa legge, che riguarda chi «pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche, ovvero idee o metodi razzisti». Secondo il magistrato, l'attività di vendita di quei busti, raffiguranti un personaggio storico, è da considerarsi «neutra», cioè non tendente a esaltare, a magnificare con lodi l'i- deologia fascista. Inoltre, sui busti non c'è alcuna scritta inneggiante al fascismo o a Mussolini (di cui per la verità non compare neppure il nome). Si tratta quindi di una semplice espressione artistica, e pure mal riuscita, a giudicare dai risultati. Niente che vedere, però, con un reato punito dal codice. Tocca ora all'ufficio dei giudici per le indagini preliminari decidere se concedere o no l'archiviazione chiesta dal magistrato. La storia dei busti, comunque, aveva scatenato una bella polemica. Tutto era cominciato da quelle statuette prodotte dalla «Par Export» di Rimini, raffiguranti il duce, disponibile in due versioni: il modello alto 35 centimetri a 20 mila lire, la versione alta 60 centimetri, a 40 mila lire. Esposte su uno scaffale tra pacchetti di caramelle e confezioni di fazzoletti, panini e generi di conforto per automobilisti, non erano sfuggite a Battuello, che aveva sollecitato l'intervento del sindaco di Rivoli, «per evitare il ripetersi di situazioni del genere». E il sindaco, Antonino Saitta, aveva fatta sua la protesta: «Rivoli non è Predappio. E' scandaloso che si vendano i busti di Mussolini come souvenir dell'Italia. Viviamo o no in un Paese democratico che con il fascismo ha chiuso per sempre?». E aveva aggiunto: «Pensiamo all'effetto che avrebbe su ciascuno di noi imbattersi in piccoli busti di Hitler appena entrati in Germania». Stessa reazione da parte di Gianpaolo Brizio, presidente della giunta regionale. Neanche una settimana dopo, Rifondazione comunista aveva segnalato, con un'interrogazione al sindaco di Torino, un nuovo caso: altri busti del duce, in vendita su una bancarella del mercato di corso Racconigi. La vicenda di Rivoli era invece stata denunciata alla polizia, e il giorno dopo una pattu¬ glia del commissariato di Rivoli si era recata all'autogrill Agip, primo punto vendita italiano subito dopo il confine francese. Qui gli agenti avevano prelevato i quattro busti incriminati, assieme ad altre sei riproduzioni ancora imballate, in magazzino. I due gestori dell'autogrill, Vito Donato Maglione, 54 anni, e il figlio Davide, 27 anni, erano caduti dalle nuvole: «Noi siamo democratici. Abbiamo messo in vendita quei busti perché questo è il nostro mestiere. E il mese scorso ne abbiamo venduti altri quattro». Brunella Giovara Chiesta l'archiviazione dopo la denuncia della polizia L'ultima parola al gip Le statuette di Mussolini e Davide Maglione gestore dell'autogrill