IL NUOVO PRINCIPE E I POTERI FORTI di Sergio RomanoAlberto Papuzzi
IL NUOVO PRINCIPE EI POTERI FORTI PALAZZO CHIGI E GLI IMPRENDITORI IL NUOVO PRINCIPE EI POTERI FORTI NELLA sua intervista di ieri a La Stampa l'on. Tatarella, vicepresidente del Consiglio, ci ha spiegato che l'Italia non è governata dal ministero Berlusconi, ma da un sodalizio di «poteri forti» che egli definisce «istituto extra governo». Concetti analoghi appaiono in un editoriale di Marcello Veneziani apparso avant'ieri sul Giornale di Vittorio Feltri in cui si afferma che se il Corriere della Sera non è con il governo, come sarebbe sempre accaduto nel corso della sua storia, «evidentemente le chiavi del potere sono ancora altrove». Sembra di comprendere che il binomio governo-opposizione va rovesciato. Palazzo Chigi, dove siede Berlusconi, è in realtà il palazzo dell'opposizione. I palazzi del potere, quelli da cui si governa l'Italia, sono in via Filodrammatici a Milano, in corso Marconi a Torino, in viale dell'Astronomia e in via Nazionale a Roma, magari nelle sedi delle grandi centrali sindacali e naturalmente a Palazzo Giustiniani, sede del Grande Oriente d'Italia. Esiste, scrive Veneziani, un «regime sottotraccia... una specie di potere nel potere ancora in larga parte legato alla democrazia consociativa». Secondo questa costruzione, a cui Berlusconi ha aggiunto un mattone con suoi attacchi alla Confindustria durante la campagna elettorale, l'Italia è governata da un patto societario tra «grande capitale» (i maggiori gruppi industriali), «grande finanza» (Mediobanca), le grandi Eminenze della moneta (Carli per molto tempo, Ciampi negli ultimi anni), e una consorteria di uomini politici, sindacalisti, prelati. Dietro questo governo ombra s'intravedono gli interessi forti della finanza internazionale: le grandi banche, i mcrchant bankers, i baroni della moneta, i signori dei cambi, i pigmei di Francoforte e di Zurigo, tutti coalizzati per salire sul treno delle privatizzazioni e strapparci dal collo i gioielli di famiglia. Per governare, il «gabinetto ombra» dispone dei giornali, della Rai, dell'editoria, degli intellettuali organici. I suoi sudditi sono il grande popolo operoso delle piccole e medie imprese, i padroncini della valle del Po, della Toscana e delle Marche, i piccoli operatori geniali che partono instancabilmente alla conquista dei mercati e hanno salvato l'Italia nelle grandi crisi degli ultimi vent'anni, facendo girare il volano dell'occupazione. In questi ultimi mesi il popolo dei sudditi ha finalmente trovato un principe che gli assomiglia: intraprendente, geniale, operoso, energico e entusiasmante. Il principe ha vinto le elezioni e si è installato a Palazzo Chigi per governare nell'interesse del popolo, ma ha scoperto, per l'appunto, che il potere è altrove. Il palazzo del governo è una cittadella assediata contro cui arrivano ogni giorno le bordate della stampa padronale, del Wall Street Journal, dell'Economist, di Le Monde e di altri organi internazionali. Come tutte le false rappresentazioni anche questa contiene una parte di verità. Esiste purtroppo in Italia un rapporto ineguale e insoddisfacente fra i grandi gruppi industriali da un lato e il mondo delle piccole e medie imprese dall'altro. I piccoli non hanno sempre torto quando denunciano l'arroganza dei grandi, i loro patti per la spartizione del mercato e la scarsa sensibilità delle banche per le esigenze della piccola impresa. Se avessimo un maggior numero di grandi aziende e se queste lottassero fra di loro per la conquista dei mercati, anziché mettersi d'accordo nel salotto buono di via Filodrammatici, la situazione sarebbe più sana. Per certi aspetti non abbiamo ancora smaltito il ritardo e l'affanno con cui siamo arrivati sulla scena industriale europea. Se la politica economica del governo Berlusconi riuscirà a ridisegnare la geometria del nostro sistema industriale gli italiani Sergio Romano CONTINUA A PAG. 4 PRIMA COLONNA INTERVISTA A GIORGIO BOCCA «Siamo senza una classe dirigente» Alberto Papuzzi A PAGINA 4
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