Dalla conferenza del Giappone segnali di sconforto di Marina Verna

L'immunologo Dani Bolognesi: la sperimentazione sull'uomo sarà sospesa un anno per porre fine a un'incertezza scientifica» L'immunologo Dani Bolognesi: la sperimentazione sull'uomo sarà sospesa un anno per porre fine a un'incertezza scientifica» Aids, pochi passi avanti nella cura Dalla conferenza del Giappone segnali di sconforto LA SCIENZA A UN BIVIO E YOKOHAMA CCOLI in posa, i nomi famosi della ricerca, per la foto-ricordo della X Conferenza internazionale sull'Aids. Ci sono gli eterni nemici, Lue Montagnier e Robert Gallo, che la sorda lotta per la paternità della scoperta del virus (riconosciuta ufficialmente all'equipe del Pasteur) ha tagliato fuori da un altrimenti scontato Premio Nobel. Ci sono Jay Lcvy, Anthony Fauci e Dani Bolignosi, con le mani quasi vuote nonostante i finanziamenti che per anni sono arrivati ai loro laboratori. E se la strada percorsa finora fosse sbagliata? L'immunologo Dani Bolognesi, della Duke University, che si è concentrato sulla ricerca di un vaccino, ha annunciato che la sperimentazione sull'uomo verrà sospesa per un anno: «Pausa di riflessione per mettere fine a un'incertezza scientifica». Un certo numero di persone a rischio, che non presentavano ancora tracce di virus, sono state infettate nonostante la vaccinazione con preparati assai promettenti nei test di laboratorio: quello che funziona in provetta, non sempre funziona nell'organismo umano. Le case farmaceutiche, che hanno investito nell'operazione circa 50 milioni di dollari, scalpitano. E tra i ricercatori serpeggia il timore che i cordoni della borsa si stringano: chi continuerà a pagare una ricerca che non dà prospettive a breve scadenza? Anthony Fauci, infatti, ha riconosciuto che ci si è buttati troppo presto sulle terapie, quando ancora non si era capito a fondo come agisce il virus. «Non sappiamo - ha detto - come si sviluppi la malattia né perché un paziente abbia un'evoluzione rapida e un altro sopravviva anni. Se non conosciamo le risposte dell'organismo, non sapremo mai quali molecole possano agire». La pressione economica è però enorme. Ecco infatti annunciare che l'AZT, un farmaco che sembrava rallentare lo sviluppo dell'Aids, ma è stato ridimensionato da ricerche recenti, è stato autorizzato anche per le donne sieropositive incinto: sembra che riduca la percentuale di trasmissione del virus al figlio dal 25,5 per cento all'8,3. Secondo le indicazioni ufficiali può essere somministralo a partire dal terzo mese ma non oltre l'ottavo. Montagnier, sempre più convinto che il virus Hiv non sia la causa unica dell'Aids, ma diventi pericoloso soltanto in presenza di particolari microrganismi detti micoplasmi (rintracciati nel 43 per cento dei malati, contro il 2-3 per cento della popolazione generale), propone un «approccio globale» alla malattia, con un cocktail di farmaci che comprende, oltre agli antivirali classici, anche antibiotici, antiossidanti e interleuchine. Che il virus non sia la chiave esclusiva della malattia è opinione anche di Robert Gallo: «Chi ci dice che se riusciamo a bloccare la moltiplicazione del virus riusciremo anche a bloccare il passaggio, nei singoli individui, dalla sieropositività alla malattia vera e propria?». Nonostante i dubbi, lui sta lavorando su un virus - quello dell'herpes - che dovrebbe uccidere quello dell'Aids. Nove uomini e una donna, sieropositivi da 15 anni ma tut- t'ora indenni dalla malattia, sono forse il caso clinico più interessante presentato in Giappone. Tra di loro non c'è alcuna somiglianza genetica nè di modalità di contagio. L'unica cosa in comune, oltre a una forte volontà di non arrendersi, è una bassa presenza del virus nel sangue e un tipo di anticorpi particolarmente potente. Con il risultato che il numero di globuli bianchi, il cui declino segna la comparsa dell'Aids, in questi individui è pressoché normale. E' a questi individui che oggi guardano in molti: come una speranza, ma anche come un modello clinico che aiuti a capire una malattia inafferrabile. Secondo due ricercatori italiani che lavorano in America con Fauci, Giuseppe Pantaleo e Cecilia Graziosi, la partita fra il virus e l'organismo si giocherebbe nelle prime tre settimane dal contagio: la risposta immunitaria iniziale è esemplare di quello che sarà il decorso della malattia. Marina Verna Ma dieci pazienti sieropositivi da 15 anni sono tuttora indenni «Nella sfida al virus decisive le prime tre settimane» Una manifestazione in difesa dei sieropositivi

Luoghi citati: America, Giappone