La più bella della Camera, la più brutta del reame

La più bella della Camera, la più brutta del reame lettere AL GIORNALE La più bella della Camera, la più brutta del reame Il Presidente s'arrabbia ma Irene Pivetti sorride Irene Pivetti è una delle rare donne capaci di essere contemporaneamente in gamba, di punta e di grandissimo fascino, sono certo che molti italiani, in un momento o nell'altro, hanno tentato di immaginarla in condizioni meno istituzionali e più umane di quanto le immagini sue, che circolano sui giornali e in televisione, la propongano attualmente: a me certamente è capitato di immaginarla in famiglia o al mercato, perché quest'alone di istituzionalità che l'ammanta la rende meno umana di quello che sia in realtà e impoverisce un po' l'aspetto personale e umano di una persona che apprezzo. Ho scoperto su La Stampa che un mensile ha tentato di dare un supporto a questa specie di richiesta di vedere anche la donna oltre che il Presidente, con fotografie dichiaratamente non autentiche e pare che per quel servizio il Presidente si sia molto arrabbiato. Ho osservato le tre fotografie riprodotte su La Stampa e non solo le ho trovate graziosissime, ma sono convinto che abbiano contribuito in positivo al prestigio del presidente della Camera dei deputati e non le abbiano tolto nulla. Perché arrabbiarsi dunque? Non sarebbe stato peggio se qualche paparazzo senza scrupoli le avesse rubato immagini autentiche in «topless» (ipotesi del tutto teorica usata come esempio)? Poi ò certo possibile trattare la questione dal punto di vista del «principio» (va bene o va male manipolare le immagini di persone con il computer?), ma prima di farlo sarà senz'altro prioritario domandarsi se non ci sia stata anche violazione di qualche principio nelle immagini reali, che occupano i teleschermi in questi giorni, dei cadaveri di bambini ruandesi buttati come spazzatura nelle fosse comuni, o sbaglio? Non sarà certo questa piccola cosa che farà diminuire sensibilmente l'ammirazione che ho per la Signora, ma per mantenere quest'ammirazione assolutamente intatta e immacolata devo supporre che per le fotografie del mensile il Presidente si sia dovuto arrabbiare, ma che Irene Pivetti abbia sorriso. Valerio Paolucci, Ivrea Sgarbì offende i martiri andava zittito Ho letto sulla Stampa svariati servizi e commenti relativi alla seduta della Camera dei deputati teletrasmessa su Raidue martedì 2 agosto. Consentitemi di soffermarmi su un episodio che secondo me non è stato sottolineato abbastanza: il volgare e aberrante gesto dell'on. Vittorio Sgarbi rivolto ai settori della sinistra e in particolare all'on. Bertinotti quando in un passaggio del suo intervento disse che questa democrazia ò anche merito di quegli uomini e di quelle donne che hanno lottato sacrificandosi. Sono rimasto allibito nel vedere che il presidente della commissione Cultura della Camera possa per una ventina di secondi «tenere» l'occhio della telecamera con un gesto tanto disdicevole r; immondo. Ma la mia sorpresa più grande e stata quella di constatare che la presidente della Camera on. Irene Pivetti abbia lasciato passare un simile gesto senza intervenire almeno con un richiamo o un biasimo. Chi offende la storia e i suoi martiri non può essere ignorato e lasciato fare. Giacomo Grasso, Vercelli Mafalda a Buchenwald mio padre non c'entra Solo di recente sono venuto a conoscenza che Enrico d'Assia ha pubblicato un libro, lampadario di cristallo (Longanesi, 1992), ove, in relazione agli eventi del settembre 1943, vengono attribuiti a mio padre, mancato nel 1989, comportamenti inveritieri che, unitamente a valutazioni e apprezzamenti del principe d'Assia, ritengo gravemente lesivi della sua reputazione e onorabilità. Più precisamente quando Enrico d'Assia scrive che «... Marchitto, sebbene fosse stato testimone diretto dell'inganno teso a mia madre, giudicò ugualmente opportuno toglierci dal Vaticano, affermando che l'appartamento occorreva ai nipoti di monsignor Montini. Ci affidò al col. Kappler, capo del servizio di sicurezza delle SS, che, per completare il suo piano, spedì me e i miei fratelli in Germania... Stimo pura fortuna se, nonostante la leggerezza di valutazione della conseguenza del gesto di Marchitto, o di altro di cui non sono a conoscenza, oggi posso raccontare quei fatti lontani...». Enrico d'Assia è a perfetta conoscenza della precisa ricostruzione di quei giorni contenuta nel libro di Renato Barneschi Vita e morte di Mafalda a Buchenwald (Rusconi, 1982), ove, unitamente a moltissime sue testimonianze, viene integralmente riportata quella di mio padre. Da tali pagine si desume con chiarezza che: - non è imputabile a mio padre la scelta di «toglierci dal Vaticano». Se furono riportati nella loro residenza romana, fu perché le circostanze non gli consentirono altre alternative. Monsignor Montini gli disse che quella decisione si era resa necessaria. Barneschi, nel suo libro, commenta: «La permanenza dei figli di Mafalda in Vaticano fu evidentemente vista come elemento di accentuazione di un rischio che la Santa Sede non poteva voler correre. Toccò a Marchitto disinnescarlo»; - non risponde al vero che mio padre li affidò al colonnello Kappler né è dato comprendere da dove il principe d'Assia abbia tratto tale bruciante e offensiva convinzione. La loro partenza per la Germania avvenne - successivamente - per impulso di un loro zio, Christoph, ufficiale dell'aviazione tedesca. Enrico d'Assia - infine - ignora volutamente il libro di Renato Barneschi e avrebbe potuto attingere dalla viva voce di mio padre - solo se lo avesse voluto - quanto accaduto in quei drammatici giorni. avv. Massimo Marchitto Roma Lo scempio di Albacete Rispondendo al signor Chiappella, e alla sua lettera di mercoledì 3 agosto dal titolo «Le bellezze di Albacete», vorrei riaffermare quanto avevo scritto nel mio articolo e cioè che «Albacete è, obiettivamente, la città più brutta del regno» e che la «Mancia» è ancora «poverissima». Che Albacete sia poverissima è assolutamente dimostrato da tutte le statistiche pubblicate dai più autorevoli istituti di previsione economica, sia privati che statali. La Mancha (la regione di Albacete) è ancora il fanalino di coda, ad esempio riferendoci al reddito prò capite della Spagna, accompagnata dall'Andalusia e dalla Estremadura. Che Albacete sia la più brutta del Regno lo dimostra un notissimo proverbio spagnolo che testualmente dice: «Albacete, caga y vete». La cittadina venne distrutta durante la guerra civile e la ricostruzione, da un punto di vista architettonico e urbanistico, è stata uno scempio tanto maiuscolo da essere indicato come mala gestione del territorio. Non esiste un solo monumento (dico uno) che valga la pena di essere visitato, dal punto di vista storico. Infine vorrei dire che conosco Albacete, per motivi familiari, come le mie tasche dal 1984. E mia figlia ci vive dal 1990. Gian Antonio Orighi Madrid Coristi preparati per le messe in tv In merito ai canti in chiesa e alle lettere del sig. Manassero e don Aldo Marengo, vorrei che quest'ultimo mi spiegasse la ragione per cui per l'accompagnamento delle messe trasmesse dalla televisione l'esecuzione dei canti sia sempre affidata a complessi corali opportunamente preparati. Comprendo in buona parte le ragioni addotte nella risposta del sacerdote ma devo considerare come - anche in questa occasione - le intenzioni pur lodevoli siano «glissate». Nico Molino Farigliano (Cuneo)

Luoghi citati: Assia, Buchenwald, Germania, Madrid, Roma, Spagna, Vercelli