Fuori dai piedi figlio mio

CONFLITTI IN FAMIGLIA CONFLITTI IN FAMIGLIA Fuori dai piedi, figlio mio Quando le madri rifiutano la loro prole COME aveva denunciato a chiare lettere una ventina d'anni fa Robert Trivers, biologo dell'Università di California a Santa Cruz, tra genitori e figli c'è sempre in atto un conflitto, palese o latente, che si manifesta spesso assai precocemente. Può manifestarsi addirittura durante la gestazione. Riprendono in esame la questione Louise Barrett e Robin Dunbar, due primatologi del Dipartimento di Antropologia dell'University College di Londra. E fanno l'esempio dell'opossum. La femmina di questo mammifero marsupiale ha un periodo di gestazione brevissimo, che dura soltanto dodici o tredici giorni. Come mai? Per una ragione molto semplice. L'embrione dell'opossum è incapace di contrastare il sistema immunitario materno che lo aggredisce come se si trattasse di un corpo estraneo e in capo a una dozzina di giorni opera il rigetto, espellendolo all'esterno. Se il rigetto non ha luogo immediatamente, ciò avviene perché sulle prime il feto si sviluppa entro una speciale membrana materna che tiene lontani i linfociti cui è devoluto il compito di distruggere qualunque tessuto estraneo. Ma questa membrana presto si rompe e l'embrione allora viene a trovarsi improvvisamente senza difesa. E' ormai in balìa degli attaccanti che hanno la meglio e lo espellono. In questo caso è chiaro che il conflitto, di cui fa menzione Trivers, lo vince la madre. Nei mammiferi placentali, l'evoluzione fa un passo avanti. L'embrione impara a contrattaccare la madre in maniera molto efficace. In che modo? Travestendosi da tessuto materno, tramite speciali manovre chimiche. Così il corpo materno, ingannato dal trucco, non ha ragione di espellerlo e il feto viene trattenuto nell'utero per un periodo incomparabilmente più lungo rispetto a quello dei marsupiali. E' dunque il figlio che risulta vincitore nel conflitto, fanno rilevare Barrett e Dunbar. La situazione peggiora dopo la nascita. Immediatamente dopo l'ingresso dei figli nel mondo, ha inizio un altro round del conflitto. I figli lottano con i genitori perché ciascuno di loro vor¬ rebbe farsi dare la maggior quantità possibile di cibo. Ci sono i pulcini dei pellicani che cadono addirittura in convulsioni per riuscire a ottenere una super razione. Si gettano come forsennati ai piedi dei genitori, agitando freneticamente le ali e scuotendo la testa avanti e indietro. Naturalmente attaccano ogni altro pulcino che rappresenti ai loro occhi un potenziale concorrente. I pulcini dei pigliamosche, come risulta da una ricerca di Nick Davies dell'Università di Cambridge, continuano a elemosinare il cibo dai genitori anche quando sono in grado di procurarselo da soli. E i genitori si lasciano sfruttare, per il timore che i figli possano morire per insufficiente alimentazione e il loro successo riproduttivo vada così in fumo. Ma ci sono casi in cui, a lungo La femmina dell'opossum, un mammifero marsupiale, ha un periodo di gestazione di appena dodici giorni, poi espelle il feto come se fosse un corpo estraneo 7 andare, la madre rischia grosso se continua a esaudire le richieste eccessive dei figli, come quando c'è un piccolo che vuole insistentemente poppare e la madre per soddisfarlo intacca pericolosamente le proprie riserve organiche. Marc Hauser dell'Università di Harvard ha studiato il problema nei cercopitechi che vivono nel Parco Amboseli del Kenya. Egli ha osservato che qualche volta le madri non credono più alle reiterate richieste da parte dei figli. Anche se le esigenze del figlio e quelle della madre sono spesso in antitesi, Louise Barrett e Robin Dunbar hanno scoperto che nei babbuini gelada le madri che allattano ricorrono a una paziente opera di addestramento per insegnare al piccolo che deve venire a poppare solo in determinati orari. Si riesce a instaurare così tra i due un rapporto più armonioso. Nei primi due mesi di vita, mamma gelada permette al figlio di succhiare il latte a tempo pieno o quasi. Ma il piccolo, man mano che cresce, diventa più pesante e portarselo addosso diventa problematico per la madre, specialmente nelle ore dei pasti, quando va a brucare l'erba che costituisce il suo esclusivo nutrimento. E quindi tutte le volte che il piccolo le si avvicina mentre è intenta a pascolare, la madre lo respinge con energia. Il cucciolo le prime volte si arrabbia terribilmente, poi a lungo andare impara che è meglio non avvicinarsi alla genitrice quando è intenta a nutrirsi. Se nei babbuini gelada vi è incompatibilità tra il rito del pasto e l'allattamento, la stessa incompatibilità si nota nei maca¬ chi reso tra l'allattamento e la stagione degli amori. L'ha messo in evidenza Montserrat Gomendio dell'Università di Cambridge, studiando queste scimmie in cattività. Nel periodo riproduttivo le femmine rese madri sono troppo impegnate a duellare contro le concorrenti oppure a far l'amore con i maschi per pensare ai loro piccoli. E quando questi si avvicinano per poppare, li respingono brutalmente proprio come fanno le gelada quando sono intente a mangiare. Così, a furia di sentirsi rifiutati, i piccoli imparano a loro spese che quando le madri sono in altre faccende affaccendate, è meglio tenersi in disparte e fare la fame lunga, in attesa che giunga il momento propizio per attaccarsi all'agognato capezzolo. Isabella Lattes Coifmann L'ornitorinco è considerato dagli scienziati un autentico catalogo di stranezze bo, avanzando così alla cieca? Una parziale risposta era stata data, formulando l'ipotesi (poi confermata) che il becco fosse sede di organi sensoriali correlati al tatto e forse all'olfatto. Ma questo non spiegava tutto. Non spiegava, ad esempio, un particolare comportamento ossservato su individ i tenuti in cattività: se il cibo loro fornito era costituito da lombrichi vivi e morti, gli ornitorinchi si dirigevano prima di tutto verso quelli vivi e, successivamente, iniziavano una ricerca casuale di quelli morti. Un gruppo di studiosi australiani ha finalmente svelato il mistero: tra i vari recettori sensoriali presenti sul becco dell'animale, sembrano esistere anche degli «elettrorecettori», in grado di percepire anche le più deboli emissioni elettriche. Ad esempio quelle provocate dalle contrazioni muscolari degli animaletti acquatici di cui l'ornitorinco si nutre. Le sorprese saranno finite? Conoscendo il tipo, non ne sarei tanto sicuro. Giusto Benedetti

Luoghi citati: Kenya, Londra, Santa Cruz