SPERIMENTAZIONE CLINICA
SPERIMENTAZIONE CLINICA SPERIMENTAZIONE CLINICA A chi tocca provare per primo? L'eterno, crudele dilemma: o Vanimale o l'uomo SARA' per la passione che mi muove, come medico e come ricercatore, che assisto preoccupato alla campagna contro la ricerca scientifica che cerca di far leva sulla sensibilità altrui con il problema della cosiddetta «vivisezione». In realtà questo termine, nato nel secolo scorso quando, anche per gli esseri umani, l'unica anestesia conosciuta era un bicchiere di cognac, è ai nostri giorni del tutto inadeguato. Oggi gli esperimenti cruenti e potenzialmente dolorosi avvengono in anestesia, e le riviste scientifiche rifiutano la pubblicazione di risultati ottenuti senza il rispetto degli animali utilizzati. Ciò nonostante, giorno dopo giorno, è stato insinuato il dubbio che nelle Università italiane lavori una «casta» di individui che per bieco interesse sottopone a torture orrende e senza senso un gran numero di animali. Generalmente la comunità scientifica è sempre stata molto avara di repliche. D'altro canto, mentre i più fanatici animalisti passano tutto il loro tempo a organizzare campagne e pressioni politiche, noi il nostro lo passiamo a lavorare nei laboratori o nelle corsie degli ospedali. Sarebbe fin troppo facile rispondere ai filmati sempre uguali di animali straziati con le immagini di bambini cardiopatici o leucemici, di ammalati terminali, con i rantoli e il sangue di chi soffre. Occorre invece fare riflettere e riflettere con lucidità. Innanzitutto viene l'aspetto etico: riteniamo ancora che esista una gerarchia di priorità morali? E' giusto il tentativo, che l'uomo persegue da millenni, di opporsi al fatalismo della natura? Che cerchi di prevenire terremoti e uragani, costruisca le strade, riscaldi le case, si cibi della natura, si curi dalle malattie? E' giusto il desiderio di sapere, di conoscere, di scoprire? Secondo la morale cattolica, un simile problema non dovrebbe neppure essere posto: l'uomo è stato creato con il dominio (rispettoso!) sulla natura e la natura è stata creata al servizio dell'uomo. Si tratta forse di una visione dogmatica, ma spesso è proprio solo con il dogma che è possibile rispondere al dogmatismo. A mio avviso è soprattutto un problema di buonsenso. Se con la scusa di fabbricare mobili si abbattono tutti gli alberi dell'Amazzonia ci si comporta da criminali. Se con la scusa di fare ricerca scientifica si provocano sofferenze inutili a un animale ci si comporta da criminali. Ma qui non parliamo di criminali bensì di tutta una grande civiltà scientifica che da Galeno a oggi ha portato immensi benefici all'umanità. L'unico spunto che suggerirei agli incerti nasce da una semplice domanda: quanti topi valgono la vita di un proprio figlio, quante scimmie quella del proprio fratello, quante rane la salvezza della propria madre? La scoperta di farmaci e vaccini (quello per la poliomielite, studiato sulla scimmia, da solo basterebbe a giustificare tutte le ricerche svolte finora), le tecniche chirurgiche e diagnostiche e perfino la medicina veterinaria sono solo alcuni dei risultati ottenuti grazie alla ricerca sugli animali. Chi di noi farebbe da cavia sottoponendosi a un'operazione chirurgica mai provata prima? Chi assumerebbe un farmaco nuovo mai sperimentato? E non si risponda che i test sbagliano portando l'esempio del Talidomide: sarebbe come chiudere tutti gli ospedali perché un chirurgo ha sbagliato un intervento o gli aeroporti perché esistono gli incidenti aerei. So che, a parte i più fanatici che farebbero a meno di qualunque forma di sperimentazione animale, molti ambientalisti riconoscono la necessità della ricerca biomedica su animali. Il punto che però alcuni sollevano è quello dell'utilità e della finalizzazione delle ricerche. In altri termini si dice: se è proprio necessario sacrificare degli animali almeno ciò avvenga per esperimenti finalizzati a obiettivi di chiara rilevanza «socio-sanitaria» e non a scopo conoscitivo. A parte il fatto che nessuno scienziato può, a priori, conoscere l'utilità del suo lavoro e che molto spesso è il caso ad aiutare una scoperta, considerando la medicina è veramente un paradosso pensare di intervenire su un organismo - e sottolineo «organismo» perché mai una coltura cellulare o un computer riusciranno a riprodurre la complessità delle interazioni presenti in un essere vivente senza prima conoscerne il funzionamento. I contributi dati alla clinica dalla neurofisiologia e dalla neurochimica per la comprensione del sistema nervoso stanno portando a enormi progressi nella terapia delle malattie neurologiche e psichiatriche, dalla sclerosi multipla alle epilessie, dal morbo di Parkinson al dolore incoercibile. Certo, non tutta la ricerca è di grande qualità, ma questo è un problema di tutte le discipline, comprese quelle umanistiche, che può essere risolto con una migliore gestione dei finanziamenti. Molto spesso occorrono tanti passi sbagliati prima di farne uno giusto e penso che quando sono in gioco la vita e la salute dell'uomo valga davvero la pena di rischiare. Luciano Fadiga Università di Parma
Persone citate: Galeno, Luciano Fadiga, Parkinson
Luoghi citati: Parma
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