Attore, cantante, politico una vita sempre alla ribalta di Marinella Venegoni

Attore, cantante, politico una vita sempre alla ribalta Attore, cantante, politico una vita sempre alla ribalta NON mancavano certo il coraggio e lo grinta, a Domenico Modugno. Nel novembre del '91, qualche sera dopo il debutto statunitense alla Carnegie Hall, era in coda sulla carrozzella al check-in dell'aeroporto La Guardia: doveva partire per Chicago, dove avrebbe cantato la sera successiva, e c'erano problemi d'imbarco a causa del suo grave ritardo; appena capì che era una questione di fretta, lo vidi scrollare la testa come se avesse ancora la criniera riccioluta di giovane leone e dire all'accompagnatore: «Posso venire anche a piedi». Tentò d'alzarsi, di scatto, come se le gambe gli dovessero obbedire per forza, e contratto dall'inutile sforzo ricadde sulla sedia, con una smorfia non di dolore ma di rabbia dura. Senza quella sua volontà ferrea, senza il sogno di farcela comunque, senza il puntiglio della riconquista a tutti i costi d'una fetta almeno di vita e di arte, non ci sarebbe stato il ritorno di Modugno alla musica, il suo debutto in politica nelle file del partito radicale, né la battaglia per condizioni più umane al manicomio di Agrigento che lo vide in prima fila nell'87: tutto questo, da handicappato, colpito gravemente da un ictus che nel giugno dell'84 aveva troncato una delle sue innumerevoli esperienze nel mondo dello spettacolo, quella d'intrattenitore televisivo per l'allora emergente Canale 5. Mimmo Modugno è stato non solo il primo cantautore italiano, ma anche un caso raro di talento eclettico. Diplomato all'Accademia d'Arte Drammmatica dove aveva vinto una borsa di studio nel '53, passò per tre decenni con disinvoltura dalla canzone al cinema («Anni difficili» di Zampa, «Filumena Marturano» con Eduardo, «Carica eroica», «Lo scopone scientifico» di Comencini) al teatro (le commedie musicali «Rinaldo in campo» e «Tommaso d'Amalfi», «Cyrano» con la Spaak), alla tv («Scaramouche»); è però vero che la canzone rimaneva sempre il primo e il più profondo amore, e gli altri settori dello spettacolo gli servivano, per così dire, a ricaricarsi nei momenti più fragili, di più debole creatività, tutte le volte che la sua stella sembrava sul punto di declinare nel capriccioso mondo della canzone italiana. Della quale diventò l'indiscusso innovatore, partendo dalla tradizione dei cantastorie nella quale d'inserì per esempio fin da «Lu pisci spada» del '54: raccontava Modugno che, per ispirarsi, leggeva gli articoli dei giornali; e da uno di essi era nata questa come un'altra delle canzoni più amate del suo repertorio, «Un uomo in frac», del '55, una delle sue prime in italiano. Il 30 novembre del '54, il principe Raimondo Lanza di Trabìa si era ucciso gettandosi dalla finestra del suo palazzo in via Sistina a Roma; Modugno stesso mi raccontò lo scorso agosto: «Era il marito di Olga Villi, una donna bellissima ed elegante lei, un uomo giovane e bello lui. E uno così apre la finestra e si butta giù; nessuno mai ha saputo perché. Questa vicenda mi ha emozionato, mi sono chiesto il perché di quel gesto: forse il principe si era ammazzato perché un'epoca era finita per sempre. Poiché lui era nobile, ho visto nella mia mente questo frac che galleggiava: in fondo, la canzone è la storia di un suicidio dolce». Una sorta di magico intuito surrogava in Modugno la mancanza di studi regolari. Dal suo paese Polignano a Mare in provincia di Brindisi, dov'era nato il 9 gennaio del '28, scappò presto verso Roma lasciando gli studi di ragioneria, con la chitarra che il padre gli aveva insegnato a suonare. E visse una gioventù bohémienne, in una pensione a piazza del Gesù, finché l'occasione di una trasmissione radiofonica, «Ammuri ammuri», lo costrinse ad inventare nuove canzoni: «La sveglietta», «La donna riccia», «Resta cu'mme», «Strada 'nfosa». Sulla sua strada era già comparsa Franca Gandolfi, conosciuta all'Accademia, promettente attrice che sposò e che gli ha dato tre figli: Marco, Marcello, Massimo, anche lui cantante. «'U pisce spada», «Un uomo in frac», più tardi «Lazzarella» che vinse il festival di Napoli nel '57, anticiparono in qualche modo i tempi con la loro elegante struttura narrativa; e Modugno poi aveva dalla sua una vocalità aperta e di schietta tradizione popolare che dava grande immediatezza al suo modo di porgere e lo rafforzava con l'esperienza della scuola di recitazione: cantautore ante litteram, si offriva inconsapevolmente come erede di una tradizione, ma era già un grande innovatore. La sua carta più forte e non ancora giocata era quella della dimensione fantastica, che si aprì in pieno nel '58, al Festival di Sanremo, con «Nel blu dipinto di blu», per tutti «Volare», che spazzò d'un colpo la polvere della retorica e delle convenzioni dalla canzone all'italiana ancora dominante e, unico caso mai avvenuto, fu esportata con grandissimo successo e tradotta in tutto il mondo, vendendo quasi 40 milioni di copie. A New York, nel corso del tour conclusosi con il malore che lo colse sull'aereo, Modugno raccontò che gli americani cercarono invano di scritturarlo per ben tre anni di tournée. Prigioniero ormai di «Volare», Modugno ripetè il successo a Sanremo l'anno successivo con «Piove», ribattezzata a furor di popolo «Ciao ciao bambina» e anch'essa ancora assai popolare in tutto il mondo anche se non d'impatto come la precedente. Poi la scintilla creativa si affievolì: nacquero «Libero», la discussa e mai più ascoltata «Nuda»; più tardi il twist «Selene», la polpettosa «Stasera pago io», «Addio Addio» portata al successo a Sanremo nel '62 con Claudio Villa: un'accoppiata che chiudeva emblematicamente anni di rivalità «stilistica» fra i due, facendo rientrare Modugno nel solco della tradizione sotto la spinta del primo dilagare del rock. Non fu certo, quello, il periodo più felice della creatività di Mimmo Modugno, forse troppo ansioso di mantenere il proprio successo. Ma nel '64 arriva un altro capolavoro, «Tu si 'na cosa grande», al Festival di Napoli, e nel '67 «Meraviglioso» costruisce un trascinante inno alla vita: emblematicamente, questa canzone diventa la più applaudita dei concerti di Mimmo Modugno ammalato, negli Anni '90. Gli Anni '70, il rock imperante, vedono la stella di Modugno in declino: un colpo d'ala si ha con «L'anniversario», dedicata dall'artista al referendum per il divorzio nel '74, inno delle coppie irregolari: «Il nostro anniversario non è sul calendario/ ti sposo ogni mattina e tu rispondi sempre sì». La regala al psi rinunciando ai diritti d'autore sul mezzo milione di copie vendute; poi arriva la parentesi miserevole delle canzoni lacrimose, come «Il maestro di violino». E Modugno, in sordina, torna a cercare nuovi spazi in altri settori dello spettacolo, mentre si concede una bellissima casa sul mare a Lampedusa. Nel giugno del 1984 il gravissimo malore che lo abbatte mentre sta registrando «La luna nel pozzo» per Canale 5. Ma lui non si arrende. Con la moglie vicino lentamente, ma costantemente, recupera la parola e i movimenti. Prima del ritorno alla canzone, c'è l'incontro con la politica. Viene eletto nelle liste del partito radicale e quel seggio a Montecitorio lo vede sempre presente, non per nostalgie di protagonistmo, ma per servire veramente a qualcosa. E si deve a lui l'esplosione dello scandalo sulle condizioni dei ricoverati nel manicomio di Agrigento. Quello stesso manicomio dove sceglierà di cantare, per la prima volta in pubblico, dopo la malattia: con sforzo umiliato, vecchio e commosso cantastorie dall'anima, se non dalla voce, trascinante. Poi deve abbandonare il Parlamento: l'impegno radicale impone la rotazione a metà mandato. Gli dispiace, ma obbedisce. Ci sono ancora momenti memorabili, come appunto il concerto americano. Ma ci sono soprattutto la sua famiglia (con il figlio Massimo incide una canzone, «Il delfino») e la sua isola che gli ispira una canzone bellissima, «Luna di Lampedusa», vicina alla sua prima maniera, che egli non ha però mai inciso. Marinella Venegoni