Maccari, un profeta amaro

Maccari, un profeta amaro Al Palazzo Ducale di Massa una grande antologica che raccoglie oltre 250 opere Maccari, un profeta amaro Espressionista fra il duce e Stroheim MASSA OPO la rigorosa antologica curata l'anno scorso a Macerata da Giuseppe Appella, un nuovo ricco appuntamento con la fluviale policroma commedia umana di Mino Maccari, lungo sessantanni di vita italiana dallo «squadrismo» toscano alle piacevoli notti di Tangentopoli, si è inaugurato ieri in Palazzo Ducale. Catalogo (con il patrocinio della Provincia) di edizione Ghirlandina di Giuliano Zingone e a cura della Galleria «L'Angolo» di Danilo Gianfranceschi, amico del maestro negli ultimi decenni di vita. Più di 250 le opere esposte fino al 18 settembre. Dannunzianesimo di provincia Il ponderoso saggio introduttivo del catalogo, centrato sulle idee del giovane Maccari espresse attraverso il Selvaggio e sui fondamenti filosofici del suo «spirito» di attivismo libertario, in vesti fasciste, contro l'uniformazione della modernità economicistica di ogni regime sia reazionario che rivoluzionario, carica Maccari stesso di forse troppe responsabilità e significati. Oltre che a Gentile, che è un richiamo del tutto pertinente, si fa appello ad Heidegger e Bloch, Benjamin e Adorno. In fondo, il terribile e geniale nano del Selvaggio - e poi, dal 1949, senza né rinnegare né demordere, del Mondo di Pannunzio -, terribile e geniale assai più con il pennello, l'olio, il guazzo che con la penna, derubricava egli stesso l'esperienza del Selvaggio a fenomeno provinciale ed estremista, «dannunzianesimo di provincia con goccioline mussoliniane», in una intervista ad Ajello nel 1989, un mese prima di morire. Con l'incredibile spirito profetico, luciferino e amaro, di cui Maccari fu dotato lungo tutta la vita, sembra una perfetta definizione di Sgarbi emergente da un'altra e defunta civiltà. In comune con la mostra di Macerata, oltre ad una decina di altre opere, ricompare la serie Dux del 1943. L'impressione rimane profonda; va ben oltre la satira, in quanto è evidente che lo sposalizio di significato e di espressione formale - colore di sangue e di fango, mostruosità bestiale e apocalittica - nasce dal profondo, dalla coscienza del tradimento di una fede originaria in una palingenesi rivoluzionaria. Per qualcuna di queste immagini, a esempio il Mussolini che saiuta il proprio busto mostruoso emergente dal cesso, si può parlare di un Sironi ribaltato. Ma per altre, a esempio il presumibile Gran Consiglio del 25 luglio con due ombre viola di carabinieri alle spalle del testone itterico del Duce, il colpo d'ala vola ben più alto ed è paragonabile alle tele antifasciste di Kokoschka. Certo, è impegnativo un confronto con Kokoschka. Altrove in mostra, in un ideale florilegio, due nudi femminili affini della splendida maturità degli Anni 50, propongono diversi paragoni. L'uno, la Naturalista becchettata dagli uccelli, propone il paragone con Scipione, l'altro, Angelo, suggerisce ii confronto con Odilon Redon: una figura in volo vestita solo con lunghe calze verde smeraldo in un mondo celeste e carnicino di fiori e di farfalle. Il fatto è che solo le mostre postume, prima Lugano, poi Macerata, oggi questa, hanno cominciato a togliere alla gran pittura di Maccari, tutt'altro che corriva e «veloce» sotto l'apparenza di un flusso smisurato e ben nutrita di cultura pittorica, la patente minoritaria della grafica satirica. Le radici espressioniste tedesche, che sono matrici d'altronde comuni di tutta la grafica del Selvaggio, emergono certo evidenti nel bellissimo xilografo a più legni che offre l'impronta fondamentale alla rivista cara a Ragghiane. Ma lo sono ancor più evidenti in cartoni e carte ad olio dell'immediato dopoguerra, come La scimmia e il Partigiano del 1946. Ma ancora più impressiona l'ampiezza della tastiera pittorica di Maccari. Una tastiera che emerge dai toni cupi, aciduli alle chiarità liquide, solari, dal frequente basso continuo del colore paglierino della carta o del cartone. Un tratto che credo rimandi ad un modello anche ideologicamente consono al giovane Maccari, quello di Lorenzo Viani, altro gran prodotto delle nozze fra grafica e pittura. A ben vedere credo che si possa parlare di una sotterranea rete di influssi. E' indubbia, per forti rapporti personali, una netta eco in una precisa, breve e drammatica fase di guerra, della pittura di Italo Cremona. Non so dirimere una, per me, altrettanto indubbia rete di scambi di dare e avere con le cronache femminili di Sassu. Infine, se togliamo alle teste femminili di Maccari la costante impronta di aggressività ferina - o dobbiamo dire vampirismo, cannibalismo? -, emergono le dolcezze di Treccani. Questa qualità al servizio della forza espressiva nei momenti alti di una produzione forzatamente altalenante, nasce certamente dal fondamento ossessivo che è il tributo pagato da Maccari al suo superbo, classico libertinismo. E' un'ossessione anch'essa intrisa di espressionismo tedesco, nella sua fase della Repubblica di Weimar e dello Spartachismo stroncato: l'ossessione della donna castratrice, Lulù/Pandora, Antinea. E' l'unica che è in grado di tenere testa aH'«uomo che vorreste odiare», il nobile ufficiale asburgico o prussiano che Erich von Stroheim creò a e per Hollywood. E' questa notoriamente una delle immagini archetipiche di Maccari incisore e pittore lungo tutta la vita: qui in mostra giunge fino al Monocolo del 1982. Due dipinti impegnativi degli Anni 50 Armi e amori e II tenente, sono ulteriormente rivelatori, in chiave ossessiva. In entrambi i casi, bellissimi, di pittura centrata sul giustacuore bianco di Stroheim il riferimento filmico non è generico ma specifico: si tratta di Marcia nuziale, in cui il tema del disfacimento del mondo viennese è strettamente connesso con quello della lotta distruttiva fra i sessi, alla Wedekind. Marco Rosei Sessantanni di commedia umana dallo «squadrismo» toscano a Tangentopoli Oltre la satira, emergono i paragoni con l'opera di Kokoschka e Odilon Redon ^^^^^S L'Ansa nel mondo che cambia. Notizie, immagini e disegni che informano. B asiii un Personal Computer ed un telefono per selezionare (Milli tiioino ed in tempo reale le notizie Ansa. Noli/ir che dicono esalliiinenle "come Manno le cose" ed aiutano a dividere ed agire in olii li attività professionale. Agenzia Ansa Direzione Commerciale 00184 Roma Via Nazionale, 196 Tel. 06. 6774669 Fax 06. 6774655 agenzia ANSA L'obiettività, prima di tutto. A destra, una immagine della serie «Dux» del '43. A sinistra, «Autoritratto con figura» del 70. Sotto, «Abbronzatura» del '60.

Luoghi citati: Hollywood, Lugano, Macerata, Roma, Weimar