Tutte casa e gulag le signore del Cremlino

Tutte casa e gulag le signore del Cremlino Privilegiate negli Anni 20, poi tiranneggiate dai mariti e politicamente in disgrazia: una studiosa russa rivela i loro tormenti Tutte casa e gulag le signore del Cremlino f\ LONDRA I ' OMINCIO' con uno stupro I e finì con un colpo di pistola I i la vita di Nadezhda Alliluyeva accanto a Josif Stalin. Fu il retaggio di quell'infamia subita a 17 anni a spingere la seconda moglie del dittatore al suicidio, se di suicidio si trattò, o vi era dell'altro? Una convinzione la perseguitava: di essere la figlia di suo marito. Era stato lui stesso a gridarglielo in faccia, una sera del 1932, in una delle abituali litigate. In preda all'angoscia, la donna era filata a interrogare sua madre, la quale ammise che nove mesi prima della sua nascita, tra il dicembre del 1900 e il gennaio del 1901, era andata a letto sia con Stalin sia con suo marito. Poiché Nadezhda assomigliava a quest'ultimo, le disse, aveva sempre dato per scontato che non potesse essere sangue del segretario generale. Malgrado le ritrattazioni dello stesso Stalin, che le assicurava di aver scherzato, la Alliluyeva si persuase di essere la sorella dei propri figli, Vasilij e Svetlana, e prese a considerarsi una dannata. E' la tesi di Larissa Vasilieva, una studiosa russa 0 cui libro, Le mogli del Cremlino, è in arrivo a Londra da Weidenfeld & Nicolson. L'autrice cita un anonimo «anziano informatore» a sostegno dei suoi argomenti, mentre il fattaccio iniziale che incastrò la povera Alliluyeva, lo stupro, trova conferma nel racconto di Anna, sorella di Nadezhda. Accadde durante un viaggio in treno nel giugno del 1918. La ragazza fu udita urlare e AUiluyev, suo padre o patrigno, si precipitò da lei. Quando apprese che Stalin l'aveva violentata, prese per il bavero il colpevole e minacciò di sparargli. Questi cadde in ginocchio e promise di sposare la sua vittima. Il matrimonio fu celebrato in fretta e furia al fronte di Tsaritsyn e registrato soltanto qualche mese più tardi. Le miserie di Nadezhda erano ineffabili. Insofferente del suo ruolo di moglie e madre, aveva cominciato a lavorare per il giornale Rivoluzione e cultura e quindi passò all'Accademia Industriale. Ma la vita coniugale era logorata dalle scenate e dagli insulti di lui, che non tollerava le donne indipendenti. Lei non sopportava di vederlo così spesso ubriaco e rispondeva agli urli con gli urli. La svolta drammatica nacque da una piazzata a una cena ufficiale nell'autunno dello stesso 1932 in cui, rievoca la moglie di Bukharin, il dittatore le scagliò bucce d'arancia e mozziconi di sigaretta in faccia. Nadezhda si alzò da tavola stravolta e si allontanò sostenuta da Paulina Zhemchuzhina, moglie di Molotov. Rientrò a casa, dove il suo corpo fu trovato poche ore dopo in una pozza di sangue. E' possibile, incalza la scrittrice, che il tormentoso dubbio di essere frutto di una precoce avventura georgiana di Stalin, inasprito dalle continue angherie, abbia maturato in lei il desiderio di farla finita. Il dittatore fece mostra di disperarsi e fu udito singhiozzare che era tutta colpa sua, perché non l'aveva portata abbastanza spesso al cinema. Ma non è possibile escludere che sia stato lui a ammazzarla. Negli Anni 20 le mogli del ^mfm!s^^^^^ Cremlino erano padrone del proprio destino: come Nadezhda Krupskaya, compagna di Lenin. Negli Anni 30 scontarono cari i loro BBI-mmimi|iniMMIIMM privilegi: divennero spettri talora ribelli di mariti il cui potere le gettò in disgrazia e non potè far nulla per salvarle. Se le cose filavano lisce, erano tutt'al più «ziette del partito». Negli Anni 40 si rilassarono un poco, e più si rilassavano, più severamente erano punite. Come la Molotova, che probabilmente «aveva amato Stalin anche come donna» e dopo la scomparsa della Alliluyeva divenne la vera first lady. Padrona di casa e commissario sovietico, si accollò l'educazione della figlia del dittatore, Svetlana. I meriti accumulati non bastarono a sottrarla al dossier di Berija, che dopo la guerra la accusò di trame sioniste. Fu spedita in un gulag, e suo marito sopportò in nome del comunismo: non mosse un dito per tirarla fuori. Si accontentava delle notizie che gli La mogliestuprata e tenuta so di Berija a 16 anni tto chiave portava Berija quando gli sussurrava: «Paulina è viva!». Il giorno del funerale di Stalin era il compleanno di Molotov. Krusciov gli chiese che regalo desiderasse e lui rispose: «Rivoglio la mia Polya!». Anche la moglie del presidente Kalinin e la seconda consorte del maresciallo Budyonny assaggiarono il gulag. Olga Budyormaya, accusata di essere una spia polacca, vi subì ripetuti stupri. E Kalinin si rivelò completamente impotente a difendere la iiriiii ii limili iiiiirniimmiiitiiiiiiii sua Ekaterina fmMÈsS&mÈìMfi accusata di trotzkismo. La vita di queste donne fu segnata per sempre dalle violenze del regime. Nella vita di Nina Teimurazovna la violenza portava il nome di suo marito, Lavrenty Berija. Secondo una versione storica, il boia della Nkvd l'aveva assalita, sedicenne, sul suo treno privato: degno emulo di Stalin. E l'aveva tenuta prigioniera fino alla fine del viaggio. Lei tuttavia negò sempre di averlo incontrato in quel modo. Bellissima e delicata, Nina divenne sua moglie. Da allora passò la vita sotto chiave, sempre sola e guardata a vista nella villa di Berija. Non volle mai ammettere che lui potesse aver avuto 760 donne: «Com'è possibile? Aveva sempre tanto da lavorare!», soleva ripetere. L'abietto Berija si piazzava all'uscita di un liceo. Sceglieva la sua preda e la faceva prelevare dal suo aiutante, il colonnello Sarkisov. Si beava del terrore sulla faccia della sua vittima designata, quindi la faceva portare al carcere della Lubjanka e la violava. L'autrice stessa, figlia dell'elite del Cremlino (suo padre progettò il carro armato T34), ricorda bene la paura di camminare per strada che serpeggiava tra le ragazze a quel tempo. «Una donna mi ha scritto per raccontarmi che nel 1938 fu arrestata per aver commesso un errore di stampa su una busta: anziché scrivere "Stalingrad" aveva battuto a macchina "Stalingad", che significa "porco Stalin"». La malcapitata fu convocata da Berija in persona e si salvò grazie alla propria disinvoltura e magrezza. Capì al volo che non gli piaceva, tutt'ossa com'era, e per disgustarlo di più disse: «Devo spogliarmi o posso rimanere come sono? Non mi lavo da una settimana». Quando vide un ghigno di dispetto dipingersi sulla sua faccia, si levò gli stracci che aveva indosso. «Ci mettemmo a parlare e lui mi confidò che a casa nessuno lo capiva. Mi lasciò stare perché avevo 26 anni e non ero vergine, mentre lui preferiva le ragazzine spaurite». Come la studentessa ventunenne fermata per strada nel 1952 dal colonnello Sarkisov che le impose un incontro con Berija: «Quell'uomo ti guarda e vuole aiutarti», le disse. La poverina andò a casa tremante, si mise il suo vestitino blu più formale e il distintivo del Komsomol sul petto. Chiuse la bocca così a Berija che le offriva da bere: «No. Il compagno Stalin ci dice che dobbiamo stare in guardia». Il suo racconto indugia con repulsione su quella notte: il letto a due piazze, Berija che entrò con un gran camicione da notte indosso e cominciò a baciarle le spalle e improvvisamente si alzò e uscì senza aver combinato altro. La ragazza fuggì da Mosca per essere rintracciata al suo ritorno da Sarkisov e pedinata costantemente. «Venne la primavera e Stalin morì. Poi seppi che era cominciato il processo a Berija. Tirai un sospiro di sollievo». Non erano mica mogli del Cremlino, le ragazze come lei. Lo stalinismo le considerava concubine di regime. Maria Chiara Bonazzi Violenze e insulti fra Stalin e la Alliluyeva, convinta di essere in realtà sua figlia La moglie di Berija stuprata a 16 anni e tenuta sotto chiave Qui accanto Nadezhda Alliluyeva, la moglie di Stalin morta suicida (o uccisa?) nel '32. Nell'immagine grande Molotov con la moglie e un'amica

Luoghi citati: Londra, Mosca