I ventidue anni alla «Stampa» di Guido Tiberga

c. I ventidue anni alla «Stampa» «La collaborazione più lunga della mia vita professionale» GIORNALISTA SINO IN FONDO CM E' un senso di disorien™ tamento e di incertezza che si allarga nel Paese. Il distacco tra i partiti e l'elettorato è profondo; la crisi economica sempre più grave, sempre più acuta...». E' il 9 settembre 1972, un sabato, quando i lettori della Stampa si imbattono per la prima volta nella firma di Giovanni Spadolini, «giornalista e storico eletto senatore indipendente per i repubblicani». In una seconda pagina interamente dedicata al terrorismo intemazionale e agli strascichi della strage alle Olimpiadi di Monaco, la rubrica di Spadolini - illustrata da una fotografia oggi quasi irriconoscibile - traccia un'analisi accorta e per certi versi ancora attualissima della situazione politica: «L'ombra del bipartitismo - scriveva - si distende inquietante sull'Italia...». Nell'autunno del '72, Giovanni Spadolini è ancora un giornalista «prestato» alla politica. A Palazzo Madama, l'aula che lo vedrà presidente, è entrato da poco. Da poco ha lasciato l'ufficio di via Solferino da cui, per quattro anni, aveva diretto il Corriere della Sera. E da giornalista comincia il suo lungo rapporto con la Stam pa: «Il più lungo della mia vita professionale», ripeteva ultimamente con orgoglio. 1 suoi articoli - da quella prima «Lettera del sabato» sino all'ultimo contributo, pubblicato poche settimane fa, quando la malattia si era già manifestata - arrivavano in redazione scritti a macchina: quando gli impegni della politica non erano ancora cosi pressanti, andava a scriverseli da solo sulle vecchie Olivetti della redazione romana. Arrivavano puntuali, accompagnati da biglietti in cui - con la sua scrittura rotonda - dava suggerimenti sulla data di pubblicazione e sul titolo. La passione di Spadolini per il giornalismo è una costante dei suoi 22 anni di collaborazione ininterrotta con la Stampa. Articoli di attualità politica: il referendum sul divorzio, l'agguato di via Fani e la morte di Paolo VI, l'elezione di Albino Luciani («più Giovanni che Paolo») e poi di Karol Wojtyla («un Luciani più colto, soprattutto un Luciani polacco»). Ma anche scritti sul mondo dei giornali e dei giornalisti. Parlando di Luigi Einaudi, annota: «Non si dimentichi che era stato giornalista, giornalista militante: "cucitore" di notizie, nelle disadorne e monacali stanze della Stampa di Roux tra la fine dell'800 e i primi del '900». Con la crescita politica di Spadolini cambiano i contenuti, ma non lo spirito, della sua presenza sulla Stampa. Il 5 marzo 1977 esce il primo «Bloc-notes». L'arte, i libri, il Risorgimento, i problemi della scuola e dell'università sono i primi argomenti. Più tardi, quando lo Spadolini politico avanza verso i vertici dello Stato, la rubrica dello Spadolini giornalista si trasforma nei «Fogli di bloc-notes», assumendo l'aspetto del taccuino di viaggio. Un diario a 360 gradi: i viaggi ufficiali dell'uomo politico diventano occasioni per appagare la curiosità del giornalista: paesaggi e riflessioni si alternano agli incontri con i grandi del nostro tempo. Un viaggio a Budapest è l'occasione per incontrare Laszlo Paskai, cardinale e primate d'Ungheria, ma anche per descrivere gli ambienti di uno dei romanzi che hanno accompagnato l'infanzia di tanti ragazzi italiani: «La via Pai è una strada stretta, ombrosa, tutta dominata dal grigio...». Così come l'incoronazione dell'imperatore Akihito è quasi una scusa per rac¬ contare l'interno di una libreria di Tokyo, «dove si possono trovare il Principe di Machiavelli ma anche i romanzi di Cesare Pavese...». L'ultimo articolo è dell'8 luglio scorso. Un intervento sul Mite giacobino di Alessandro Galante Garrone che è quasi un simbolo della sua lunga fedeltà al giornale: «Estate '78 - attacca -. Proprio sulle colonne della Stampa è in corso una polemica tra Giorgio Amendola e chi scrive queste note». Un ricordo che ha quasi il sapore di un addio. Anche se alla raccolta del giornale mancherà sempre un articolo, quello che Spadolini non ha fatto in tempo a scrivere. «Ciò che più mi dispiace - ha detto in uno dei suoi ultimi giorni di lucidità - è non poter rispettare le scadenze con la Stampa. Ma adesso che vado a Castiglioncello scriverò l'elzeviro che ho già pronto in mente». Guido Tiberga " 0"','-..-.,.., . "OTES c. Sopra, l'ultimo «Bloc Notes»; a destra, Luigi Einaudi, al centro delle sue riflessioni

Luoghi citati: Budapest, Italia, Tokyo, Ungheria