Piero Gobetti l'ideale di Piero Gobetti
Piero Gobetti/ l'ideale Piero Gobetti/ l'ideale «Isuoi libri per me adolescente» IL mio primo incontro con Gobetti appartiene ad anni che oggi possono sembrare perfino remoti. «Età favolosa» della primissima adolescenza, fra il 1935 e il 1938; ma età squassata e solcata già dai nembi della guerra devastatrice, dai presagi del conflitto che doveva scavare tanti vuoti nel nostro animo, tanti vuoti nelle nostre stesse famiglie. Pensate a uno studente qualsiasi del fiorentino ginnasio «Galilei», là quasi alle soglie della piazza del Duomo, in una sede scomoda e claustrale che testimoniava le estreme audacie della Destra storica nella laicizzazione degli antichi conventi, nell'incameramento dei beni ecclesiastici: con quella specie di miracoloso equilibrio fra tradizione cattolica ed esigenze laiche, che si rifletteva nella sopravvivenza, accanto al liceo di Stato, della chiesa scolopia di San Giovannino, muro contro muro, parete contro parete (...). Quasi confinante con l'antico palazzo conventuale espropriato che ospitava allora come ospita oggi il «Galilei», c'era una libreria: assai più modesta e umbratile di adesso, cui si accedeva attraverso certe scale scomode e oscure, seminterrata e, si può ben dirlo, semiclandestina, per il fatto che il proprietario, antico antifascista e poi come on. Montelatici deputato del pei all'indomani della liberazione, l'aveva intestata alla instancabile e pazientissima consorte e l'aveva chiamata (...) «Libreria Giorni». Quella specie di sottoscala, o di mezza cantina, era il rifugio preferito delle mie ore di riposo o di ricerche da bibliofilo in erba dopo le lezioni e lo studio. Vi si trovavano, a prezzi accessibili anche per le mie tasche semivuote di studente ginnasiale, i classici della letteratura italiana (...); c'erano molte opere storiche (...). Ma c'era soprattutto, in una cantina vera e propria, umidissima, cui si accedeva da una seconda e più difficile scala, un fondo di libri politici usciti fra il 1920 e il 1923 e seminascosti dal proprietario: i volumi di Corbaccio, della collana «Res publica» che aveva accolto il libro di Amendola sulla «democrazia dopo il 6 aprile 1924» e la «battaglia perduta» di Missiroli e certi scritti di Meuccio Ruini e, accanto alle opere di Corbaccio, qualche edizione della casa ."iitrice Gobetti, qualche volume di quella leggendaria e quasi favolosa testata «Piero Gobetti Editore». E non solo Gobetti editore: ma anche Gobetti autore, e stampatore di se stesso, dopo il 1925, attraverso lo schermo di «Edizioni del Baretti». Il primo libro che mi venne nelle mani (...) fu il Paradosso dello spirito russo: un'opera così piena di suggestioni, di aperques, direi sconcertante per un lettore giovanissimo - dodici, tredici anni - di quel periodo tormentato, press'a poco del periodo in cui infuriava la guerra in Spagna ed era impossibile pensare alla Russia al di fuori dei clichés di un bolscevismo perenne e perennemente staliniano. Non c'era, presso la libreria Giorni, la Rivoluzione liberale: né il saggio, né numeri sparsi del giornale. Ma l'incontro con la Rivoluzione liberale, coi temi e con le suggestioni del gobettismo, avvenne pochi anni più tardi: attraverso la lettura, per me decisiva, della Lotta politica in Italia di Orfani e il conseguente risalire alle polemiche e ai postumi di quella febbre di revisione storiografica e il parallelismo, che ne nasceva immediato e incalzante, col gobettiano Risorgimento senza eroi: un libro che potei scoprire intorno al 1940, proprio due o tre anni prima del Pensiero e azione di Salvatorelli. Giovanni Spadolini La villa-biblioteca di Spadolini a Pian dei Giullari, sulle colline di Firenze
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