Pian dei Giullari

Pian dei Giullari Pian dei Giullari «La mia casa-biblioteca su Firenze» PIAN dei Giullari. Non è un Comune, non è neanche una frazione. E' qualcosa più di una strada. E' una delle colline che guardano Firenze, opposta a quella cara alla letteratura anglosassone tante volte evocata o enfatizzata, che ha per epicentro Fiesole. Opposta anche a quella legata a tutta l'estenuazione decadentista della Capponcina, alla collina di Settignano. Opposta alle ville degli inglesi, degli americani, della grande élite straniera che ha popolato Firenze. (...) E' una collina rimasta press'a poco com'era nel '400 e nel '500. Con le stesse strade anguste e impraticabili: impossibile procedere in doppio senso. Quando ero bambino non c'erano i sensi unici, bisognava sempre arretrare con le rare automobili del tempo, una volta che ci si imbatteva in un'altra macchina, verso lo slargo di un giardino allo scopo di guadagnarsi U passaggio. Dipinta da Vasari nei grandi affreschi di Palazzo Vecchio della seconda metà del '500. Luogo centrale, non a caso, nell'assedio di Firenze del 1530, quello che vide Michelangelo dal Monte alle Croci guidare, non senza qualche esitazione e anche qualche paura, la difesa della stanca Repubblica contro l'assalto degli spagnoli. Un luogo dell'età favolosa. Scoperto dal nonno alla fine dell'800, quando non c'era quasi nulla intorno. Un conventino di monache diventato una villa borghese, con la torretta impennata e presuntuosa, simbolo di quella civetteria gareggiante, dai solidi valori della prosa giolittiana, con i torrioni degli antichi castelli gentilizi. Residenza di campagna della famiglia negli anni dell'infanzia e dell'adolescenza, quando si lasciava via Cavour, la casa di città, alla fine di giugno, e si andava nella casa di campagna fino al 2 novembre, giorno dei morti, secondo un rito obbligato e categorico che non ammetteva deroghe. Obiettivo prediletto della pittura di mio padre Guido: fin dai primi anni del '900. Allora, una villa non grande e non comoda. Un solo arcaico bagno. Le famiglie di mio padre, di mio zio, di mia zia, tutte riunite coi nonni. Non si sapeva neanche come. Venti, ventidue persone dove forse ce ne stavano comode solo dieci o dodici (oggi di mio fratello Paolo). (...) E poi la villa di famiglia divisa, e infine, vent'anni fa, su un poggio dell'antica proprietà familiare, costruita una casa tutta per i libri, nei luoghi cari alle mie passeggiate di ragazzo e alle mie interminabili letture. Lì è il Tondo dei cipressi. Uno dei punti-chiave dell'attacco alla morente Repubblica di Francesco Ferrucci nel 1530. Un poggio da dove partivano i colpi dell'artiglieria contro Firenze. A pochi metri una villa, attualmente dei conti Morrocchi, che si chiama la «Bugia» perché vi fu firmato un armistizio poi immediatamente violato. E qui Guicciardini vi scrisse la Storia d'Italia. Non più lontano di cinquecentomille metri il Gioiello, la casa di Galileo. E sempre da bambino a frugare quelle torrette bianche che coincidevano con le vette dell'osservatorio astrofisico di Arcetri. E poi, nel mezzo, la Torre del Gallo, una costruzione ambiziosa della Firenze capitale o post-capitale, falso antico di proprietà di quei conti Bardini che lasciarono un indimenticabile e oggi trascuratissimo museo alla città. Pian dei Giullari: in origine una strada dei giullari, appunto. Di coloro che recitavano fantasie popolari, in forme popolari. Un itinerario lungo e dinoccolato, che dal Poggio Imperiale arriva fino a una chiesina con qualche quadro giottesco e di pretto stile romanico, la chiesina di Santa Margherita a Montici, confinante con la casa del Tondo dei cipressi destinata ad accogliere tutti i miei libri. Non è una villa nel senso antico e severo della tradizione fiorentina o toscana. Non è neanche una casa colonica, o una casa di fattoria, trasformata in villa. (...) Costruita e ultimata da un quarto di secolo, sui disegni di mio fratello Pierluigi: ma così radicata e identificata nell'ambiente e così toscanamente semplice e scabra e lineare e discreta da sembrare a tutti una casa secolare. Costruita per raccogliere circa 30.000 volumi, quando ero direttore del Resto del Carlino, e con la liquidazione anticipata di quel giornale (su un terreno di proprietà familiare). Sbagliata nei calcoli non dell'architetto, ma dell'abitatore. Che ne aveva raccolti 40.000 quando vi andò ad abitare dopo la direzione del Corriere della Sera, e li ha sempre accresciuti e ormai non li numera neanche. Ma supereranno la soglia dei cinquantamila.

Persone citate: Bardini, Guicciardini, Vasari

Luoghi citati: Fiesole, Firenze, Italia, Montici, Poggio Imperiale