« Così mi affondarono nell'oceano»

Falck perse un veliero per colpa dei cetacei « Così mi affondarono nell'oceano» Falck perse un veliero per colpa dei cetacei UN INCONTRO TROPPO RAVVICINATO LE orche? Si, le ho conosciute bene, le ho viste da vicino più volte, e ho dovuto dire addio a una mia barca, a causa loro, dopo un incontro troppo ravvicinato». Si scatena in Italia la psicosi dell'«orca assassina» - dopo gli avvistamenti al largo di Catania - e Giorgio Falck, industriale siderurgico e «skipper» d'alto mare tra i più celebri del mondo -, accetta di raccontare la sua personale disavventura con le orche, una storia di 16 anni fa, ma ancora viva nella memoria di chi la visse in diretta. «Stavamo correndo il "Triangolo Atlantico", una delle più belle regate d'altura - racconta Falck, che sta godendosi qualche giorno di vacanza in montagna -. Seguivamo una bellissima rotta oceanica dall'Inghilterra a Città del Capo, poi a Rio de Janeiro e di nuovo fino in Inghilterra. Io avevo schierato la Guya, una barca in legno compensato lunga circa 20 metri, velocissima, molto bella. «Eravamo in testa alla regata ricorda Falck -. Avevamo dominato e vinto la tappa da Città del Capo a Rio de Janeiro, forse quel- la più impegnativa. Io, però, a Rio avevo dovuto lasciare la gara, perché avevo impegni di lavoro che mi trattenevano. La Guya aveva proseguito la regata, ai comandi di Jerome Poncct, uno dei più bravi skipper del momento, e con altri cinque uomini di equipaggio. «L'incontro con le orche e il suo esito disastroso mi venne poi raccontato al telefono da Poncet e dai suoi uomini. Fu terribile. Tra le 10 e mezzo e le 11 del mattino, con buon tempo e mare relativamente calmo, la Guya stava navigando in pieno Atlantico, a 9 gradi di latitudine Nord e 25 di longitudine Ovest. Improvvisamente, la barca si ritrovò a navigare nel bel mezzo di un branco di cinque o sei orche, animali lunghi più di cinque metri, che potevano pesare anche quattro tonnellate e nuotavano a fior d'acqua. «Non sembrava esserci alcun pericolo per l'imbarcazione, perché nessuna delle orche dava l'impressione di voler attaccare. Finché, improvvisamente, un'orca, una sola, colpì come un ariete la Guya sotto la prua. Fu uno scossone violentissimo. Immediatamente la barca cominciò a imbarcare acqua: quell'unica testata aveva prodotto uno squarcio di due piedi per uno, sessanta centimetri per trenta. I marinai si precipitarono sottocoperta, cercando di otturare la falla con i sacchi delle vele, ma neanche il più grande, quello che conteneva lo spinnaker, bastò: anzi, pressato sullo squarcio sgusciò in mare, fuori dalla chiglia. In pochi secondi l'acqua arrivò a venti centimetri e la barca cominciò ad affondare. Gli uomini ebbero appena il tempo di preparare la zattera e di accendere la radio, nel tentativo di lanciare l'Sos. Ma in appena sette minuti, prima ancora che la radio fosse abbastanza calda da funzionare, la barca s'inabissò, di prua, verso un fondale di tremila metri di profondità. «Cominciarono, per i naufraghi, momenti di terrore: tre di essi avevano potuto saltare direttamente dalla barca sulla zattera ma gli altri tre dovettero tuffarsi in mare e nuotare verso la zattera tra le orche. Andò tutto bene, nessuno dei cetacei li attaccò: ma la paura fu tanta. Poi la fortuna venne in aiuto del mio equipaggio perché la mattina dopo, attorno alle 6, dopo 18 ore, un mercantile greco li avvistò e li raccolse a bordo. «Le orche si erano dileguate ben presto. Non abbiamo mai potuto capire cosa fosse accaduto, perché avessero attaccato. Forse la Guya si era trovata a passare tra un'orca e il suo cucciolo, ed era stata identificata come un aggressore. Da allora, non mi è più capitato un incidente del genere, ma le cronache del mare ne rac¬ contano parecchi. Una volta un branco ha attaccato in gruppo un peschereccio col fasciame spesso sette centimetri, ed è riuscito ugualmente ad affondarlo. Ho imparato a temere l'orca, ma anche a rispettarla. Ha sulla testa un durissimo callo osseo che usa per nutrirsi e per difendersi. E' talmente forte da riuscire a sfondare uno strato di ghiaccio spesso fino a 40 centimetri quando decide di aggredire i pinguini fermi sopra la banchisa. Mi hanno anche raccontato episodi di duelli con le balene. Le orche attaccano il cetaceo, molto più grande di loro, colpendone a testate la mandibola fino a spezzarla. Quando la bocca della balena si spalanca, azzannano la sua lingua, grande e carnosa. «Io non ho mai incontrato le orche nel Mediterraneo, e non so spiegarmi l'avvistamento di Catania. Comunque, non ho dubbi: lasciamo in pace le orche. Vanno temute, ma rispettate. E' il mare, del resto, che dobbiamo rispettare, con tutta la sua fauna». Sergio Luciano

Persone citate: Giorgio Falck, Jerome Poncct, Poncet, Sergio Luciano

Luoghi citati: Catania, Città Del Capo, Inghilterra, Italia, Rio, Rio De Janeiro