Mamma piromane per scagionare il figlio

Catanzaro: dopo la morte del ragazzo, incendiava le auto per dimostrarne l'innocenza Catanzaro: dopo la morte del ragazzo, incendiava le auto per dimostrarne l'innocenza Mamma piromane per scagionare il figlio Ma l'ultimo attentato le è stato fatale CATANZARO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «La signora Eleonora? Una gran brava persona, forse un po' strana, ma certo tanto sfortunata. Prima il marito, in quel modo assurdo, poi il figlio. Chissà che cosa le è passato per la testa». A Zungri, a pochi chilometri da Tropea, solo l'evidenza piega la convinzione della gente che si tratti di un errore, che non è affatto possibile che «la professoressa» possa essere stata l'autrice di almeno sette incendi dolosi, tutti contro automobili. Anche se c'è l'evidenza delle ustioni che hanno divorato il corpo della donna e che l'hanno portata alla morte, nonostante il ricovero in un centro specializzato di Catania. E' una storia che a Zungri si commenta a mezza voce, per rispetto degli altri due figli della donna, uno architetto, l'altra medico, entrambi residenti a Milano e tornati in paese per i funerali della madre. E così, mentre il corteo attraversa le strade di Zungri sotto un sole abbacinante, la gente comincia a parlare, ne vien fuori una vicenda di amore estremo, di una donna che, per difendere la memoria del figlio, non avrebbe esitato a mettere in atto un disegno sottile, sia pure ideato da una mente che aveva perso la lucidità. La storia è a dir poco singolare e non solo per il suo esito. Dieci giorni fa Eleonora Crudo, 60 anni, vedova da una dozzina, telefonò all'ospedale di Tropea e, con la voce incrinata dal dolore, chiese che qualcuno la venisse ad aiutare. Quando i medici di Tropea se la trovarono davanti sgranarono gli occhi chiedendosi come era mai possibile che la donna avesse resistito per due giorni, da sola chiusa in casa, con le carni devastate dal fuoco. Ma per i carabinieri è stato facile collegare lo stato della donna con gli elementi che già avevano in loro possesso: una ciabatta bruciacchiata, un secchio di plastica deformato dal calore, un vecchio ombrello e degli stracci, trovati a poca distanza dall'automobile obiettivo dell'ultimo attentato. E' stato agevole a quel punto capire che cosa era successo: Eleonora Crudo, di notte, era uscita di casa e aveva «puntato» un'automobile, scegliendone una parcheggiata in una strada in leggera discesa. Il tempo di buttare sulla macchina la benzina (portata nel secchio agganciato al manico dell'ombrello, forse per evitare di lasciar tracce) e quindi la fuga, con la velocità che può avere una donna di quell'età. Ma la signora non aveva calcolato tutto. Così parte della benzina era scivolata veloce sul porfido della strada «inseguendo» la donna, che era stata investita in pieno dalle fiamme. Ma perché Eleonora Crudo si sarebbe trasformata in un'incendiaria quando per tutti era una donna normalissima? Se lo chiedono ancora in paese, riconoscendo che il destino l'aveva segnata profondamente. A partire dalla morte del marito, Cesare Limardo, dilaniato dai colpi partiti da un fucile che stava maneggiando in casa nella quale, si disse all'epoca, i carabinieri stavano per entrare per una perquisizione. Poi, a gennaio, la morte di uno dei figli, Roberto, 29 anni, deceduto nel giro di pochi mesi per una leuce¬ mia. Roberto Limardo, a Zungri, veniva ritenuto un giovane difficile. Lo giudicavano così pure i carabinieri, anche perché aveva sposato una giovane che porta un nome molto noto nel Vibonese, quello dei Mancuso, indicati come i componenti di un clan mafioso di Limbadi. Al punto che quando in paese e nelle contrade cominciarono a registrarsi una serie di incendi (a pagliai, stalle, casette rurali, ma anche automobili) si pensò a lui. Forse non come esecutore materiale, ma come a qualcuno che sapeva abbastanza su questa storia. Una voce che, evidentemente, arrivò anche a Eleonora Crudo, che aveva avuto un rapporto conflittuale col figlio ma che anche per la sua fine repentina voleva difendere. E lo ha fatto, questo dicono in paese (e gli inquirenti non hanno elementi per dire il contrario) disegnando una strategia di difesa che passava per il ripetersi di incendi, in modo da poter dire che se continuavano evidentemente il figlio - ormai morto - non aveva avuto parte in causa. Eleonora Crudo è andata incontro a una fine orribile, probabilmente convinta che quello che stava facendo, in fondo, andava fatto. Per salvare la memoria del figlio. Diego Minuti Incendiare le auto era diventata, per Eleonora Crudo, un'ossessione alla quale non riusciva a sottrarsi

Persone citate: Cesare Limardo, Diego Minuti, Eleonora Crudo, Mancuso, Roberto Limardo