Nigeria, il sindacalo minaccia gli stranieri di Aldo Cazzullo

Nigeria, il sindacalo minaccia gli stranieri AFRICA Le compagnie petrolifere accusate di aggirare lo sciopero proclamato contro il governo militare Nigeria, il sindacalo minaccia gli stranieri «Italiani e americani, fermate gli impianti o ci vendicheremo» «Attenti, italiani. State ostacolando la nostra lotta al governo. Fermate gli impianti, o la pagherete». Nella polveriera Nigeria, un Paese da cento milioni di abitanti -18 volte il Ruanda sull'orlo della guerra civile, nel mirino rischiano di finire anche gli stranieri. Il sindacato dei lavoratori del settore petrolifero ha minacciato di compiere attentati contro le compagnie estere, accusate di sabotare lo sciopero della categoria, cominciato il 4 luglio. In un comunicato firmato dal presidente, Wariebi Kojo Agamene, il sindacato si scaglia contro gli americani di Chevron, Mobil, Texaco e Ashland oil, i francesi della Elf e gli italiani dell'Agip. L'accusa: «State cercando di dividere e intimidire i lavoratori. Siete arrivati a minacciare di licenziamento i dipendenti per indebolire lo sciopero». Dall'Agip e dalla capogruppo Eni non vengono reazioni ufficiali. Tutto è normale, la produzione continua, senza costrizioni né atti di violenza. Sono circa 150 i dipendenti di nazionalità italiana che lavorano in Nigeria per conto del gruppo Eni (Agip spa, Agip petroli, Saitem, Comerint). Le misure di sicurezza sono quelle ordinarie. E negli uffici di Parigi la Elf-Aquitaine liquida la questione con un secco «no comment». La Shell ha ammesso di temere violenze contro gli appaltatori chiamati per limitare i danni dello sciopero. Secondo il «Business Times», Shell, Chevron, Elf e Mobil avrebbero chiesto protezione al governo militare. Il leader del sindacato non ha escluso «aggressioni fisiche contro dirigenti delle compagnie petrolifere». E ancora: «Questo è il secondo avvertimento nel giro di una settimana. Sarà anche l'ultimo. Poi lasceremo parlare i fatti». Lo sciopero è stato proclamato per chiedere la fine della dittatura e la liberazione del leader dell'opposizione Moshood Abiola, in carcere per «alto tradimento». La Nigeria è paralizzata da un mese. Spesso lo sciopero è stato imposto con la forza. Ieri bande armate di machete hanno aggredito gli ambulanti, che avevano aperto il loro banco al mercato centrale di Lagos. Da tutto il Paese arrivano notizie di incendi, minacce, ferimenti. Il governo militare ha avviato trattative con la federazione sindacale, cui aderiscono 41 organizzazioni con 5 milioni di iscritti, nel tentativo di arginare la protesta dei lavoratori del petrolio, dei bancari e di altri settori cruciali per l'economia del Paese. Dall'incontro di ieri non è sortito però né un accordo, né la liberazione di Abiola. La rivolta nigeriana ha una faccia e un leader. Mashood Abiola, politico e miliardario, aveva guidato le opposizioni alle presidenziali del giugno '93, riportando, a suo dire, una netta vittoria; ma la giunta militare ha annullato il voto, senza neppure completare lo spoglio. Dopo un duello durato un anno con il generale Sani Abacha, il 12 giugno scorso, anniversario delle elezioni, Abiola si è autoproclamato Presidente. Una sfida che gli è costata il carcere. E un processo, che riprende oggi. Aldo Cazzullo Moshood Abiola miliardario e leader (incarcerato) della opposizione nigeriana

Persone citate: Abiola, Moshood Abiola, Sani Abacha

Luoghi citati: Lagos, Nigeria, Parigi, Ruanda