«Credeteci, siamo innocenti» di Giovanni Bianconi

«Credeteci, siamo innocenti» «Credeteci, siamo innocenti» «Condannatiper salvare i veri stragisti» IO FIORAVANTI E LA MAMBRO A REBIBBIA VROMA ALERIO Fioravanti parla con calma e riflette su ogni parola: «Io capisco la posizione del signor Secci, il suo dolore. Lui ha perso un figlio e non sa perché, è il massimo dell'ingiustizia. Forse con lui la cosa migliore sarebbe quella di rimanere in silenzio. Ma per questo Paese, invece, è giusto continuare a tenere viva l'attenzione sul processo di Bologna, perché un pezzo della storia d'Italia talmente importante non può andare in archivio così semplicemente». Francesca Mambro sembra più emotiva, le sue mani si muovono in continuazione, la gamba trema, rovescia le sue risposte come fossero secchiate d'acqua: «Quando c'è di mezzo tanto dolore non si riesce a parlare e a farsi capire. Ma io credo fortemente che prima o poi dovranno accettare la nostra verità, che è la nostra innocenza, per trovarne un'altra, la vera, che interessa noi ma soprattutto loro, i familiari delle vittime». Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. Quattordici anni fa, il 2 agosto 1980, secondo l'accusa e l'ultima sentenza di condanna erano alla stazione di Bologna per mettere nella sala d'attesa di 2° classe quella bomba che uccise 85 persone. Secondo loro, invece, erano a Treviso, assassini e latitanti ma di altre persone e per altri motivi: loro con le stragi non c'entrano, dicono. Avevano 22 e 21 anni, adesso ne 36 e 35 e Fono nel carcere di Rebibbia, separati da qualche centinaio di metri e decine di porte blindate, con molti ergastoli sulle spalle e una determinazione fortissima nel ripetere che l'ultimo, quella per la strage del 2 agosto, è ingiusto e sbagliato. L'hanno scritto nella lettera ai familiari delle vittime, una «mossa» che ha provocato l'ira e la reazione durissima del presidente dell'Associazione, Torquato Secci. Fioravanti, perché avete deciso di scrivere quella lettera? «Siamo stati indecisi fino all'ultimo, la posizione dei parenti è difficilissima, probabilmente ci sarebbe convenuto lasciarli tranquilli. Speravamo che con il tempo la rabbia e l'odio lasciassero il campo a reazioni più meditate, come è successo per noi, che pure siamo entrati in questa avventura carichi di rancori e di violenza. Per qualcuno non è ancora così, e ce ne dispiace. Secci ora ha avuto questa piccola soddisfazione, la nostra condanna, e dice che se anche non siamo stati noi, comunque l'ambiente era quello, ma è vittima di un pregiduizio psicologico». Scusi: ma lui è vittima di chi ha messo quella bomba, suo figlio è morto a ventiquattro anni. «Sì, ma non siamo stati noi ad ucciderlo. E poi, con tutto il rispetto, una volta ci diceva che eravamo cinici perché non gli rivolgevamo nemmeno la parola, adesso perché ci permettiamo di parlare. Che cosa dovremmo fare? Io ho anche pensato che il fatto che Secci avesse a disposizione dei nemici e dei presunti colpevoli potesse in qualche modo placare il suo dolore, per cui siamo rimasti in silenzio. Ma è anche per loro, cioè per la verità, che dobbiamo continuare a proclamare la nostra innocenza». Francesca Mambro, immaginavate questa reazione negativa? Che cosa rispondete a vostra volta? «Io so bene che a queste persone non si può togliere la certezza sui colpevoli a cui sono arrivati dopo tanti anni di inchieste e di processi, e la lettera è nata con il travaglio di non voler recare altro dolore. Ma la vera motivazione è nella necessità di arrivare alla verità. Per la prima volta, dopo la condanna, io mi sono resa conto che la verità era sempre più lontana, per noi e per loro, i familiari delle vittime. Perché noi siamo innocenti, ed era ne¬ cessario che il referente più importante, cioè loro, fosse investito di questo problema. Il vero depistaggio sulla strage è la nostra condanna. L'ergastolo inflitto a noi è la seconda ingiustizia subita dalle vittime e dai loro familiari, perché oltre ad essere morti o ad aver perso i loro cari, non avranno mai la verità. Il 16 maggio 1994 potrebbe essere stata messa la pietra tombale, perché dopo di noi non cercheranno altro, non arriveranno da nessun'altra parte». Fioravanti, Secci dice che lei non è credibile perché ha ucciso molte altre volte. «La nostra è una storia di violenza, e forse difficile da compren- dere, ma neanche tanto, visto la solidarietà e i riscontri che stiamo raccogliendo ultimamente. Ma c'è una grande differenza tra decidere di uccidere un avversario politico come poteva essere un militante comunista, un nemico come un giudice o un simbolo come un poliziotto o un carabiniere, e uccidere 85 persone innocenti. Anche nelle azioni più efferate e aberranti che abbiamo commesso c'era una ratio, una logica che poteva spiegarle; nel dilaniare 85 persone che vanno in vacanza, no». Francesca Mambro, lei che cosa risponde su questo punto? «Sì, la logica è quella che noi sia¬ mo criminali e quindi possiamo aver fatto tutto, anche la strage. Ma non è così, perché fuori da questa galera c'è gente peggiore di noi. Persone che sparavano i colpi di grazia alla testa con la stessa leggerezza con cui poi andavano a mangiare la pizza, stanno fuori, tranquille, senza alcun problema. Il procuratore, per chiedere la nostra condanna, è dovuto partire dalla Repubblica di Weimar e da Hitler, mentre se solo avesse guardato alla nostra vita e alla nostra storia avrebbe capito che con le stragi non c'entriamo. Un pentito come Sergio Calore le stragi non le ha fatte perché non gli sono riuscite, ma le bombe le ha messe, lui e i suoi amici». E che cosa replica a chi vi dice che se anche foste innocenti potreste almeno dire chi è stato? «Che io non lo so chi è stato, perché nella storia degli stragisti io non ci mai neanche messo il naso. Erano miei nemici e io una loro nemica». Fioravanti? «Se sapessi qualcosa la direi, perché io ho cominciato a fare politica tra i fascisti proprio per dimostrare che a destra non c'erano solo gli amici dei Servizi segreti e i bombaroli. Io ho passato molto tempo, da libero e in carcere, a cercare gli stragisti, chi ha messo le bombe». Cioè farebbe il delatore, r«infame» per usare il vostro linguaggio di un tempo? «Su questo punto abbiamo avuto molte discussione tra noi. E' infamità distruggere qualcuno che consideri un nemico? Io ho sempre pensato che se avessimo scoperto qualcosa avremmo dovuto essere noi i giudici e i boia, ed era anche un tentativo per sfuggire alla logica dell'infamità». Cioè li avreste ammazzati? «Sì. Del resto, si sa che noi volevamo uccidere Fachini, Signorelli, e altri ancora. Non ne abbiamo avuto il tempo, e per fortuna, visto che poi anche le Corti d'assise li hanno assolti. Noi eravamo addirittura più severi delle Corti». Però voi, nonostante gli altri ergastoli, un interesse personale a dichiararvi estranei alla strage potreste averlo: in caso di assoluzione, dopo 12 o 13 anni di carcere, potreste cominciare a chiedere dei permessi, ad uscire. «E' vero, con una strage sulle spalle sarebbe più difficile. Ma la verità è che a Bologna ci hanno fatto capire più volte che sarebbe bastato poco, una piccola ammissione o qualche chiamata in correità per uscire. Questo gioco al massacro noi l'abbiamo sempre rifiutato, altri si sono venduti per un piatto di lenticchie, noi ne abbiamo rifiutati sacchi interi. La verità non si raggiunge con degli sciocchi opportunismi o guardando al tornaconto personale». Francesca Mambro, che ne dice? «Guardi che se avessimo avuto la mentalità del baratto saremmo fuori da un pezzo, con una vita tranquilla, come tanti altri. Possibile che non lo capiscono? Possibile che non capiscono che è assurdo un processo dove siamo partiti con decine di imputati e siamo arrivati soltanto in tre? Tutti gli altri sono usciti, e tra questi anche chi ha raccontato qualcosa per ottenere i benefici. Se fossimo interessati solo ad uscire da qui, l'avremmo fatto da un pezzo». Fioravanti, non è paradossale che il vostro appello arrivi proprio mentre al governo sono andati i partiti di destra e che voi troviate ascolto, soprattutto a sinistra? «Non so se questo sia un caso. Forse no, perché in fondo fin dall'inizio della nostra storia io il chiarimento lo volevo proprio con la sinistra, con chi a quindici anni già ci odiava. Freudianamente, forse, ho sempre cercato loro, e alla fine li ho trovati. Non tutti, ma una buona parte. Per la prima volta comincio a pensare che le tragedie che abbiamo provocato, le sofferenze subite e imposte, possono anche avere un senso, se c'è gente che allora stava dall'altra parte e oggi non tanto proclama la nostra innocenza sulla strage, quanto rimette in discussione gli odi di quell'epoca». Francesca Mambro? «Io sono disperata perché se la condarma sarà definitiva, io non potrò più parlare, non avrò più diritti, finirò tra i dannati che non devono più essere salvati. Ma io non sono dannata, ci sono ancora persone con cui ho rapporti e ciie mi vogliono bene. Io non ho rifiutato il mio prossimo, pur nell'aberrazione della lotta armata. Perché io, noi, per quella bomba, siamo innocenti». Giovanni Bianconi I due terroristi neri dal carcere di Rebibbia «La verità resta sempre più lontana li vero depistaggio è il nostro ergastolo» Francesca Mambro e Valerio Fioravanti durante il processo Sono stati condannati all'ergastolo per la strage di Bologna

Luoghi citati: Bologna, Italia, Treviso, Weimar