IL RITORNO DI DELTEIL MAESTRO DI CELINE

IL RITORNO DI DELTEIL MAESTRO DI CELINE IL RITORNO DI DELTEIL MAESTRO DI CELINE La Francia lo riscopre a cent'anni dalla nascita C. PARIGI V ERA una volta ✓ un giovane magro, pallido e dolce come la luna, vestito come Romeo di velluto nero...». Beatificato mentre era vivo, vegeto e appena trentatrenne da un contemporaneo (André de Richaud), in un'agiografia unica al mondo. Vie de Saint-Delteil, il giovane magro e pallido era anche grande imprecatore, blasfemo di vocazione e uomo «sessuosissimo», come diceva lui, fanatico inventore di parole, di se stesso. Louis-Ferdinand Celine ne era impressionato al punto da averne paura e da considerarlo un maestro. Lo ammirarono in ugual misura Henry Miller, l'imperatore Hirohito e il vescovo di Arras, quest'ultimo per nulla scandalizzato che Joseph Delteil avesse fatto di Giovanna d'Arco una donna «con dei seni», che mangiava seduta in terra con gli altri soldati e poi umanamente «ruttava e pisciava». Oggi, come Celine, avrebbe cento anni e la Francia lo riscopre dopo un certo oblio festeggiando l'anniversario con una lunga veglia di tre giorni e tre notti, il 5, 6 e 7 agosto a Villaren-Val, nel cantone di Lagrasse. Le terre che Delteil, scrittore «parisiense», aveva fatto sue nella seconda vita, quella da «viticoltore, giocatore e fottitore». Si berrà, mangerà, canterà e altro, come sarebbe piaciuto a lui. Nato in campagna nell'Aude, da padre boscaiolo, il 20 aprile 1894, il giovane magro, pallido Era successo a Soldati con la Valtellina e a Moravia con le Dolomiti: essere invitati a narrare, tramandare un luogo. Un esempio poco seguito da noi, più diffuso all'estero. Ad esempio il Comune di Berlino ha di recente offerto ospitalità e chiesto testimonianza ad alcuni scrittori, tra cui Fulvio Abbate, autore di Zero a moggio a Palermo e Capo d'Orlando. Da quella sua esperienza è nata questa «lettera aperta» ai sindaci italiani. e dolce come la luna era salito a Parigi quando aveva circa vent'anni per fare fortuna. Sur le fleuve Amour, il primo libro pubblicato a spese del primo amico incontrato lì, Mac Orlan, e dedicato per il dispiacere di Max Jacob «alla Mamma, alla Vergine Maria e al generale Bonaparte», piacque tantissimo a Grasset, editore coraggioso. Gli scrisse senza conoscerlo per prenotare il secondo libro, che fu Choléra. Un romanzo come non se ne erano visti mai: crudeltà e voluttà, la sintassi violentata, lo stile «petardeggiante». La critica perbene inorridì e parlò di «letteratura da fogna». Gide, Aragon e Breton si esaltarono. Presero il giovane magro vestito di velluto nero sotto le ali del surrealismo, lo vollero sperimentare alle sedute di scrittura automatica, lo vezzeggiarono. Il terzo libro, l'incredibile Jeanne d'Are, portò Breton a una crisi di nervi. «Mi ero sbagliato su di te, la tua Jeanne è una porcheria», e lo sbatté fuori dalla porta senza altro dire. Ma Cari Dreyer, leggendolo, decise che aveva bisogno di lui per il suo film sulla pulzella d'Orléans. E i giurati del grande Prix Fémina - mentre dalle colonne della Croix giungevano scomuniche e da quelle dell'anticlericale Quotidien stroncature non meno feroci («il flusso interiore del signor Delteil è un torrente di risciacquatura di piatti che trasporta pattumiera») - lo incoronarono a disdoro di tutti. Claudel e Maritain, come Tristan Tzara e Martin du Gard, Chagall e Maurice Denis, sentirono in lui la forza visio¬ naria di un Bosch, la grandezza di un Huysmans, il mistero di un «ebreo errante della carne». Al di là dell'Oceano, una ballerina che amava leggere i francesi, Caroline Dudley, decise di venire alla conquista o di Joseph Delteil o di Paul Valéry. Incontrò per primo Delteil e fu sua moglie per più di quarant'anni. Fu lei a portare in Francia La revue negre e Josephine Baker, per la gioia di Simenon. In dieci anni, tra il 1920 e il 1930, Saint-Delteil scrisse trenta romanzi irrefrenabilmente. E il fisico cedette. Il giovane magro si ammalò ai polmoni in una maniera che sembrò senza speranza. La Dudley pensò di portare il marito nel Midi, vicino a Montpellier, dove aveva trovato una cascina, «La Tuilerie», adatta a un nuovo idillio e alla seconda vita. Delteil, lasciando Parigi e smettendo di scrivere, rinacque. Si mise a produrre vino. Tornò col tempo a concedersi qualche riga, ma solo nei giorni di pioggia per non perdersi le delizie della natura. Da Parigi però le sollecitazioni continuavano. Sino a che, a furia di leggere citato il suo nome insieme a quelli di Miller e Celine, benché in ottimi rapporti con entrambi e d'accordo sulle affinità, Delteil si spazientì per un torto corrente: «Sono signori di famiglia, ma mi trattano da cugino di provincia. Di Celine, 1932, e di Miller, 1945, sarei imitatore. Mentre Sur le fleuve Amour fin dal 1923... Che, dopo i miei cadetti abbiano fatto... meglio, non ne fa dei fratelli maggiori, che diavolo!».

Luoghi citati: Comune Di Berlino, Francia, Palermo, Parigi