LA RIVOLTA DEI CONDANNATI
Interno LA STAMPA Sabato 30 Luglio 1994 MILANO. E' la terza sezione del tribunale milanese a pronunciare la prima sentenza contro Bettino Craxi, ex segretario del psi, ex presidente del Consiglio: otto anni e sei mesi di carcere per la vicenda del conto Protezione (reato: concorso in bancarotta fraudolenta). Stessa pena per Claudio Martelli, ex ministro della Giustizia, ex «delfino» di Craxi. Sette anni ha avuto Leonardo Di Donna, all'epoca dei fatti vicepresidente (di area rigorosamente socialista) dell'Eni. Sei anni e sei mesi Licio Gelli, «gran maestro» della Loggia P2: per lui è solo un'«aggiunta», visto che nel troncone più grosso della vicenda (il processo per il crack del Banco Ambrosiano) era già stato condannato a diciotto anni. Infine Silvano Larini, l'architetto e bon vivant, grande amico di Craxi (nonché titolare del famoso conto), ha avuto cinque anni e sei mesi: è l'unico cui il tribunale ha riconosciuto le attenuanti generiche. Agli anni di carcere si somma poi una lunga serie di pene accessorie: interdizione perpetua dai pubblici uffici, inabilitazione all'esercizio di imprese commerciali, impossibilità per dieci anni di esercitare uffici direttivi presso imprese. E poi il risarcimento: due miliardi e mezzo la provvisionale per il Banco Ambrosiano; un altro miliardo per i piccoli azionisti. Diviso per i LA RIVOLTA DEI CONDANNATI GOLPE» era dopo la requisitoria del pubblico ministero, che aveva chiesto per lui undici anni di prigione. E «golpe» resta dopo la condanna a otto anni e mezzo. Bettino Craxi, dal rifugio di Hammamet, insiste nel suo attacco ai giudici di Milano. «Il processo era preordinato», ha detto anche ieri dalla sua villa di Hammamet. Lo ha fatto praticamente ogni giorno, da quando il Tribunale di Milano, terza sezione, ha cominciato ad occuparsi del conto protezione. Ma questa volta, ad allarmi, accuse e polemiche, Craxi aggiunge una carta segreta. Addirittura una «prova» dell'irregolarità del processo, consegnata a un notaio prima che il pm Giuseppe D'Amico e il presidente Piero Gamacchio cominciassero il loro lavoro. Sapevo già tutto, dice l'ex leader del garofano, «non sono neppure sorpreso dalla sentenza». «Circa tre mesi fa - spiega mi è stato riferito che il giudice Gamacchio, in conversazioni private, aveva preannunciato, quando ancora non era Minacce e insulti nel «p Interno
Luoghi citati: Milano
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