Il delegato finisce in manette Carabinieri davanti all'albergo arrestano l'ex deputato Agrusti di Giovanni Bianconi
Il delegato finisce in manette Il delegato finisce in manette Carabinieri davanti all'albergo arrestano l'ex deputato Agrusti ROMA. Giovedì aveva parlato dalla tribuna del congresso, spiegando che il ppi deve liberarsi dalle «cose vecchie, troppo vecchie, che ci ricordano bene come certi nostri vizi siano duri a morire». Aveva anche annunciato il suo appoggio a Rocco Buttiglione per la segreteria del partito popolare, e ieri mattina è arrivato all'hotel Ergife, sede delle assise post-democristiane, per affrontare l'ultimo giorno di battaglia congressuale. Ma non è arrivato nemmeno all'ingresso del grande albergo. L'uomo politico era appena sceso dal taxi, che tre uomini in borghese gli si sono fatti intorno. «L'onorevole Agrusti?». «Sì?». «Carabinieri. Per favore, dovrebbe seguirci nella sua abitazione, dobbiamo fare una perquisizione». L'ex-deputato de è cosi nella sua casa al Pantheon prima del previsto, accompagnato dai militari dell'Arma. E lì, mentre gli altri rovistavano tra scrivanie e cassetti, un carabiniere gli ha notificato l'ordine di arresto firmato dal giudice di Pordenone, dove si ipotizza il reato di corruzione. Finita la perquisizione, Agrusti è partito per il «suo» Friuli, destinazione il carcere. Dell'arresto di Michelangelo Agrusti, quarantunenne ex-democristiano travasato nel ppi, deputato per due legislature, uomo sempre al centro delle trattative politiche tra correnti e partiti nel suo collegio elettorale, tanto da meritarsi il soprannome di «Beirut», i congressisti del ppi non si sono nemmeno accorti. I carabinieri volevano «evitare di disturbare i lavori del congresso», non suscitare troppo clamore intorno a un'iniziativa che resta comunque clamorosa e inedita. Si sono presentati all'Ergife di prima mattina, hanno chiesto della camera assegnata ad Agrusti, sono andati a bussare, ma era vuota. Allora hanno deciso di aspettarlo, tre nella hall dell'albergo, altri tre nella sala del congresso. Poco dopo le 8, Agrusti è arrivato con il taxi, i militari a p presenza avvilente». «Storace parla a sproposito» l'hanno riconosciuto dalle porte a vetri e gli sono andati incontro. C'è chi dice che il politico sia comunque riuscito a consegnare la sua e altre deleghe per votare Buttiglione. Appena s'è sparsa la notizia dell'arresto di Agrusti, sono arrivati i commenti dei «big» del partito. «Mi auguro con tutto il cuore che Michele Agrusti, mio amico, sia innocente», dice Rosa Russo Jervolino, che sulla questione morale cita Martinazzoli del quale Agrusti, un anno fa, era sostenitore. Poi s'era spostato sulle posizioni di Buttiglione, e il candidato alla segreteria parla con grande amarezza e tono polemico di questo episodio: «Se avevano dei motivi per arrestarlo, mi pare potessero aspettare. Il buon senso lo avrebbe consigliato soprattutto in un momento di rapporti così difficili tra politica e magistratura. Anche perché non mi risulta ci sia un'accusa da pena di morte. A meno che gli ex-dc non siano considerati presunti colpevoli...». Dalle sue precedenti traversìe giudiziarie (due avvisi di garanzia che gli avevano impedito di ricandidarsi al Parlamento) Agrusti era uscito indenne, con il proscioglimento. Stavolta sarebbe coinvolto, insieme all'ex-presidente della Regione Biasutti (un altro Biasutti è stato avvicinato dai carabinieri al congresso del ppi, ma era solo un caso di omonimia) e all'ex-senatore de Di Benedetto, in una tangente da quasi un miliardo legata alla realizzazione di un impianto per il trattamento dei rifiuti tossici, che non è mai avvenuta. L'imprenditore che doveva costruirla avrebbe chiamato in causa Agrusti, e convinto il sostituto procuratore Raffele Tito a chiedere l'arresto. Tito è tornato da poco a Pordenone, dopo aver lavorato alcuni mesi a Milano al fianco di Di Pietro. Al suo rientro annunciò che le inchieste Mani Pulite avrebbero ripreso vigore anche in Friuli; ieri i primi «arresti eccellenti». Giovanni Bianconi
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