«Un boato alle nostre spalle Così la montagna è crollata» di Giorgio Macchiavello

Quattro soldati italiani fra le vittime. Sepolti dalla neve a 3500 metri «Un boato alle nostre spalle Così la montagna è crollata» IL RACCONTO DEI SUPERSTITI CHAMONIX DAL NOSTRO INVIATO «Un boato alle nostre spalle. Il tempo di girarci e vedere che la montagna stava crollando. Ci siamo messi a correre per istinto, anche se continuavamo a inciampare nei ramponi, la corda e le piccozze. La valanga si è fermata a venti metri da noi». Il tenente degli alpini Remo Armano, il sergente Corrado Garino e l'azzurra di sci Marcella Biondi si sono salvati soltanto perché erano un po' più avanti dei loro compagni di cordata. Non hanno vistogli altri alpinisti venire travolti dalla massa di ghiaccio e neve, ma si sono subito resi conto che non c'erano speranze. «Abbiamo continuato a correre fino al rifugio del Grands Mulets per dare l'allarme - spiega Marcella Biondi, tornata a Courmayeur in serata -. Quella valanga è enorme. Credo siano partiti tre o quattrocento metri di lunghezza per almeno venti di altezza. E' stato terribile. Avevamo fatto tutta la salita insieme. Dalla vetta del Monte Bianco siamo scesi verso le 9 lungo lo stesso itinerario. La disgrazia è successa alle 11 sul Petit Plateau. Eravamo in testa, la corda- ta dei nostri amici ci seguiva, ma ricordo che dietro di noi c'erano parecchie altre cordate». Oltre al gruppo di italiani, in quel punto della via normale del Monte Bianco c'erano anche sette francesi. I primi cinque sono stati travolti, gli ultimi due sono riusciti a salvarsi. «I nostri amici ci precedevano di qualche decina di metri - hanno raccontato i due superstiti -. Abbiamo sentito un rombo, come un tuono. Ma quando abbiamo alzato gli occhi abbiamo visto un grattacielo in movimento. Un enorme blocco di ghiaccio che si abbatteva nel canalone. Abbiamo cominciato a correre risalendo la traccia che avevamo appena percorso. Per paura di essere travolti dalla valanga, o di essere presi dal "soffio", abbiamo continuato per un bel pezzo. Quando il polverone di neve si è abbassato il canalone che stavamo per attraversare poco prima aveva cambiato completamente aspetto». I due francesi, i cui nomi non sono stati resi noti dalla Gendarmerie, sono rimasti fermi per circa mezz'ora. «Eravamo come inebetiti. Non riuscivamo a renderci conto di quello che era successo - hanno spiegato -. Poi abbiamo cominciato a ragionare di nuovo. I nostri amici non c'erano più. Allora ci siamo messi a correre verso il rifugio. Abbiamo attraversato quel mare cedevole di neve e ghiaccio gridando i nomi dei nostri amici, nella spe- ranza che qualcuno ci sentisse. Siamo entrati al "Grands Mulets" continuando a urlare. Poi ci hanno spiegato che i soccorsi erano già partiti da Chamonix». Il racconto dei due francesi è stato fatto ripetere più volte dagli uomini della Gendarmerie. In questi casi anche una piccola indicazione può essere utile per restringere il perimetro delle ricerche. «Ma noi non abbiamo più visto nulla - hanno detto -. Non siamo in grado di indicare dove sono stati travolti i nostri amici». Ieri sera i due alpinisti erano ancora sotto choc. I gendarmi li hanno accompagnati alla prefettura di Bonneville per una prima testimonianza. Poi sono stati portati a casa. Giorgio Macchiavello messi a correre campando nei ramponi La morte era a 20 metri da noi» iÉ Una fase delle operazioni di soccorso Le vittime italiane. Da sinistra: De Florian, Gheser, Lazzaroni e Varesco

Persone citate: Corrado Garino, De Florian, Lazzaroni, Marcella Biondi, Petit, Remo Armano, Varesco

Luoghi citati: Chamonix, Courmayeur