«lo, dimenticato a S. Vittore»

«lo, dimenticato a S. Vittore» «lo, dimenticato a S. Vittore» In Parlamento l'odissea di Darida «STUPRATO DAI GIUDICI» FROMA U un caso quando l'arrestarono, poco più di un anno fa: il primo ex-ministro della Grazia e Giustizia finito nelle patrie galere. Adesso può diventare un caso: prosciolto dall'accusa di corruzione, salta fuori che nei quasi due mesi di carcere trascorsi nella cella di San Vittore i giudici milanesi non andarono mai ad interrogarlo. Non solo: mai furono fatti altri atti istruttori. E così, per Clelio Darida, ora arrivano le interrogazioni parlamentari: cinque deputati del Ccd chiedono al ministro della Giustizia «quali iniziative intenda intraprendere per chiarire chi ha fatto un uso così barbaro e immotivato della carcerazione preventiva». Insomma, nei giorni in cui ancora bruciano le polemiche sulle manette facili, ecco trovata una «vittima» di Mani pulite: Clelio Darida, «nato a Roma nel 1927, ove risede, dottore in giurisprudenza, assicuratore», come recita la «Navicella» degli ex-parlamentari. Di Roma fu sindaco democristiano per sette anni, dal 1969 al 1976. Poi il grande salto nei governi nazionali, prima come sottosegretario e poi come ministro: prima delle Partecipazioni Statali, poi delle Poste, ancora della Funzione Pubblica, e infine della Giustizia. Erano gli anni del terrorismo quando Clelio Darida faceva il Guardasigilli al ministero di via Arenula, e fu lui ad emanare l'articolo 90 che prevedeva condizioni carcerarie durissime per i sospettati di eversione. Una mossa, quella, che il «popolo delle galere» non ha mai dimentaticato, se ò vero che la sera di inizio giugno '93, quando Darida arrivò a San Vittore non in visita ma passando prima per l'ufficio matricola, nelle vesti di detenuto, dalle celle arrivarono urla e minacce. All'inizio, alla messa mattutina e alle ore d'aria l'exministro veniva fatto andare da solo, in modo da evitare incontri che potevano diventare pericolosi. Ma questa è già la storia dei due mesi di galera per i quali ora Clelio Darida si definisce «una persona stuprata». Prima ci sono le accuse che l'hanno fatto entrare nel processo per le tangenti Intermetro, con l'ex-dirigente Fiat Umberto Belliazzi che lo tira in ballo (al quarto interrogatorio e dopo un po' di carcere) per il pagamento di una tangente da tre miliardi e duecento milioni. L'inchiesta a quel tempo era condotta dal pool milanese di Mani pulite, e Clelio Darida venne «associato» nelle carceri di San Vittore. Ci restò dal 7 giugno al 23 luglio, - il giorno del suicidio di Raul Gardini, tre giorni dopo quello di Gabriele Cagliari - data del confronto con Belliazzi in cui l'ex-ministro, assistito dagli avvocati Ettore Boschi ed Elio Sigia, continuò a negare ogni pressione per il pagamento di quella «mazzetta». Dopo il confronto fu messo agli arresti domiciliari, e un mese più tardi era di nuovo libero. A settembre l'inchiesta Intermetro passò a Roma, ad aprile è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio e lunedì il proscioglimento, di Darida e dei dirigenti Fiat chiamati in causa. Resta il ricordo di quei due mesi di carcere, vissuti tra molte letture, i colloqui con i compagni di cella (un «tangentista» e un comune, col quale l'ex-ministro mantiene tuttora rapporti epistolari) e con gli altri detenuti dopo che s'era allentata la tensione iniziale. Successe il primo giorno dell'«aria comune»: uno dei carcerati di vecchia data si avvicinò all'ex-ministro con l'aria un po' arrogante chiedendo: «E tu chi saresti?». «Sono Darida - rispose lui -, ma puoi anche chiamarmi Clelio». Da allora - stando ai racconti di chi gli sta vicino - tutto fu più facile dietro le sbarre. «Clelio» stava sempre in tuta, tranne quando andava ai colloqui con familiari e avvocati, dove si presentava in camicia e giacca; leggeva soprattutto libri di storia, ma anche una biografia di Antonio Di Pietro; faceva ginnastica. Ora, un anno dopo, è in vacanza vicino a Roma ospite di amici. Non sta bene, dicono i suoi avvocati, e l'unico commento resta quello breve affidato ad un telegiornale «Io mi domando che cosa sono stato a fare in carcere». [gio. bia.] «In quei giorni ho letto anche la biografia di Antonio Di Pietro Perché mi ha tenuto lì dentro?» A sinistra Clelio Darida Sotto Raul Gardini I

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