«Condannate Craxi a 11 anni»

Le richieste del pm al processo per bancarotta fraudolenta: 10 anni a Martelli Le richieste del pm al processo per bancarotta fraudolenta: 10 anni a Martelli «Condannate Craxi ali anni» «L'ex leader è la mente della truffa Gli imputati non meritano attenuanti» MILANO. «Chiedo per Bettino Craxi la condanna a undici anni di reclusione». E dieci anni per Claudio Martelli, e sette ciascuno per Silvano Larini, Lido Gelli e Leonardo Di Donna. Queste le richieste del pubblico ministero, Giuseppe D'Amico, al processo per il conto Protezione «uno dei misteri di questo Paese - lo ha definito - che finalmente è stato scoperto». Ha finito ieri mattina la sua requisitoria, il pubblico ministero, e fino all'ultimo Bettino Craxi ha cercato di impedirlo. Ancora ieri un fax, diretto al suo nuovo legale d'ufficio, Michele Saponara, presidente dell'ordine degli avvocati di Milano. Stavolta chiede di «poter personalmente conferire» con il legale. Ma non è lui, Bettino, che intende ricalcare il suolo patrio, è l'avvocato che dovrebbe volare ad Hammamet. E così, richiesta di nuovi «termini a difesa». Senza però impedire al pm di concludere quella requisitoria, interrotta a metà dai fax tunisini. Si concretizza così la prima richiesta di condanna nei confronti dell'ex segretario del psi e Bettino Craxi sa quanto rischia nel (finora unico) processo a suo carico arrivato alla stretta finale. Non è poco. E del resto il reato contestato è il «concorso in bancarotta fraudolenta pluriaggravata». Non solo: il pm ha chiesto che a nessuno degli imputati vengano concesse le attenuanti generiche «per la natura truffaldina dell'intera vicenda, dove si è distratto denaro, con conseguenze nella vita economica e politica del Paese, e per la sistemati- ca opera di inquinamento probatorio durata 12 anni». E Craxi, secondo il pm, è stato «l'artefice dell'intera operazione». E' lui «che si è personalmente interessato a far avere i sette milioni di dollari sul conto Protezione di Larini». Soldi utilizzati per le campagne elettorali del psi, per organizzare il congresso del partito (Palermo, 1981), «ma anche - sottolinea - per fini personali». Quei soldi provengono dal Banco Ambrosiano di Roberto Calvi: un contributo in cambio di un prestito da 50 milioni di dollari da parte dell'Eni. Ed è sempre Craxi, dice ancora il pm «che agisce su Di Donna (all'epoca vicepresidente dell'Eni) affinché Calvi ottenga ciò che vuole». Dell'affare è perfettamente a conoscenza Gelli, «ed è Craxi che tiene i contatti - prosegue il pm - E' ancora lui a porre il top-secret sull'intera vicenda, dopo lo scandalo della P2, ad attivarsi affinché il segreto rimanga tale per 12 anni». Tutti gli imputati negano però di essere mai stati a conoscenza dello «stato di salute» della banca di Calvi. «Non è vero - ribatte il pm tutti sapevano delle reali condizioni dell'Ambrosiano. Calvi, all'epoca, è già stato arrestato per reati fiscali; è già scoppiato lo scandalo della P2: Calvi ha l'acqua alla gola e lo sa chiunque entri in contatto con lui». Per questo, se Craxi è il maggior responsabile, gli altri non sono da meno. Anche se riconosce a Martelli un atteggiamento processuale ben più corretto di quello del suo ex segretario che «nei fatti rifiuta di riconoscere la giurisdizione italiana». Craxi, da Hammamet, grida ancora al complotto: «Per un finanziamento politico di 14 anni fa, prescritto ed amnistiato, mi sono ritrovato di fronte a una accusa fantasiosa ed assurda e solo animata da una volontà di persecuzione - ribatte -. L'accusa era priva di qualsiasi fondamento per la legge italiana e per qualsiasi altro ordinamento in Europa. Su queste basi si è voluto fare, con la velocità del suono, un processo che appare preordinato dall'inizio alla fine. E' una clamorosa ingiustizia, mossa da ragioni strumentali evidenti ed attuata con metodi iniqui. Questo non è altro che uno dei tanti aspetti di una tendenza e di un'affermazione di potere di natura golpista, che è in atto e che avanza senza che nessuno si sia levato con serietà e con coraggio a fermare; parlando al Paese con il linguaggio della verità». Sulla stessa linea Martelli: «Chiedere una condanna, oltre tutto a una pena enorme, che non si è chiesta per tanti veri bancarottieri che hanno lucrato sul disastro dell'Ambrosiano, non è solo una ingiustizia, è una mostruosità e una ingiuria gratuita - ha detto l'ex ministro della Giustizia -. Io non ho mai conosciuto Calvi, non ho mai avuto rapporti con il Banco Ambrosiano, ne ignoravo la situazione finanziaria e soprattutto non ho mai toccato una lira del conto Protezione». Susanna Marzolla La replica da Hammamet: «E' un'affermazione di potere di natura golpista» i i IE ACCUSE «Craxi chiede e ottiene dal Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, ormai con l'acqua alla gola, un finanziamento di 7 milioni di dollari in cambio di un prestito di 50 milioni di dollari da parte dell'Eni». 2«Fa in modo che i soldi siani versati alla banca Svizzera Ubs, sul "Conto protezione" di Silvano Larini. Il conto è usato dal psi, ma anche dallo stesso Craxi per fini personali»^ 3«Dopo lo scandalo P2, Craxi tiene i rapporti con Licio Gelli per la vicenda».. 4«Non consegna il passaporto e, nei fatti, rifiuta di riconoscere la giurisdizione italiana». A sinistra: l'ex segretario del psi Bettino Craxi insieme a Claudio Martelli Sopra: il «venerabile maestro» della P2 Licio Gelli

Luoghi citati: Europa, Hammamet, Milano, Palermo