«No, caro Silvio, così non va»

«No, caro Silvio, così non va» «No, caro Silvio, così non va» La protesta di Ferrara: troppo dilettantismo I MOTIVI DEL VERTICE SEGRETO SROMA ILVIO, non capisco l'opportunità di questo incontro di cui si legge sui giornali... Io non ne sapevo niente... Le opposizioni hanno rivolto delle interpellanze e io non so cosa rispondere... Non si può andare avanti con il dilettantismo altrimenti io preferisco mollare tutto e dimettermi...». Ieri mattina Giuliano Ferrara ha parlato così al telefono con il presidente del Consiglio. E Berlusconi ha calmato i bollenti spiriti del «portavoce del governo», nonché ministro per i rapporti con il Parlamento, usando queste parole: «Giuliano, si è trattato di una riunione privata, in cui il governo non c'entra niente... Non è il caso neanche di parlare di dimissioni...». Quell'incontro nella villa di Arcore tra il presidente del Consiglio, esponenti di governo (Letta e Previti), il presidente della Fininvest, Confalonieri, e i legali di un dirigente del gruppo (Sciascia) latitante, ha mandato su tutte le furie Ferrara e ha fatto di nuovo scoppiare una tempesta intorno al governo. Il «portavoce», infatti, lo ha giudicato un'inutile imprudenza e un segnale estremamente preoccupante sulle reali capacità della compagine di far fronte agli eventi. Per risolvere la «vicenda» senza far perdere la faccia a nessuno dei protagonisti, Berlusconi e Ferrara si sono inventati in quella telefonata una di quelle complesse procedure che servono a coprire «le figuracce»: Tajani, il «portavoce» del presidente del Consiglio, ha diramato a fine mattinata una dichiarazione in cui ha spiegato che quella «riunione governativa era un'invenzione giornalistica» rimarcando che «gli appuntamenti privati non fanno parte della sua agenda»; e Ferrara ne ha diffusa un'altra subito dopo attestandosi su quella stessa linea: «La riunione è stata un fatto privato, in caso contrario il ministro per i Rapporti con il Parlamento avrebbe già rassegnato le sue dimissioni». Infine, a modo suo, l'onere di dare un minimo di «véròsì- " miglianza» al tutto se lo è accollato il ministro Previti, uno dei partecipanti all'incontro di Arcore: «Io sono arrivato quando i due avvocati se ne erano andati o stavano per andarsene dalla villa, tanto che della loro visita non ne sapevo niente». Incollati «i cocci» dell'ennesimo vaso che si è rotto a Palazzo Chigi in poco più di una settimana, sul tappeto sono rimaste le mille domande sulla reale tenuta del governo e dei suoi componenti in una situazione che di ora in ora si fa sempre più difficile. Il più preoccupato, inutile^dirlo, è. lo stesso Ferrara. La vicenda di ieri lo ha allarmato non poco. «Quello che è avvenuto - si è confidato con i suoi - è davvero il colmo. Sono basito. Ma come si possono fare degli errori simili? Eppoi a cosa servono riunioni o vertici di quel tipo? Le condizioni del presidente? Una tragedia. Non riesce a far fronte alle difficoltà, a tenere il timone dritto. Più vado avanti e più mi convinco che una crisi di governo sul decreto per la custodia cautelare non sarebbe servita solo sul piano politico, ma anche a far crescere l'uomo. Quello che sta avvenendo è motivo di grande disagio se si tiene conto che questo Paese non ha un'alternativa. Se non riesce a governare l'uomo che ha vinto le elezioni, si rischia di tornare di nuovo al voto. Si creano le premesse per una situazione davvero infausta». Un'analisi preoccupata condivisa da più di qualcuno nella maggioranza. Se gli alleati, come al solito, approfittano del «caso» (i leghisti dicono che vogliono vederci chiaro mentre il missino La Russa parla di «passo falso»), dentro Forza Italia c'è chi «a mezzabocca» ammette un certo pessimismo. «Mamma mia! - esclama Meluzzi Abbiamo bisogno di un portafortuna, di un ferrò di cavallo o di un doppio corno napoletano. Io a Berlusconi chiederei di non andare ad Arcore per un po' e di farsi raggiungere dalla moglie a Palazzo Chigi. Le istituzioni in questo momento vanno presidiate. Se ne devono rendere conto tutti. Per me è sempre più urgente un incontro tra Berlusconi, D'Alema e Buttigliene. Io, quando sento certe dichiarazioni di Miglio o di altri che la pensano come lui, ho la netta sensazione che in questo Paese la democrazia sia in pericolo. Il vero rischio è che la gente se ne accorga solo quando la libertà non c'è più, come con la salute». Sono tutte affermazioni che riportano, ovviamente, allo scontro tra potere politico e giudici, a quelle ultime inchieste milanesi che stanno per investire uomini molto vicini al presidente del Consiglio. Proprio di questo si è parlato l'altro ieri ad Arcore nell'«incontro dello scandalo». Si dice che in quella riunione con i «fedelissimi» il presidente del Consiglio abbia discusso, soprattutto, della strategia da adottare. Tra gli uomini del capo del governo ci sono due «scuole di pensiero». Quella prevalente, di cui l'assertore più convinto è Gianni Letta, vorrebbe porre le premesse per una tregua con i giudici milanesi: Berlusconi e i suoi asseconderebbero le inchieste e collaborerebbero, ma da parte loro i magistrati dovrebbero farsi carico, con senso di responsabilità, degli interessi generali (l'economia del Paese innanzi tutto) messi in ballo da indagini che riguardano sia pure indirettamente il presidente del Consiglio. La seconda, invece, vorrebbe un atteggiamento più deciso per non dare l'impressione che il capo del governo abbia qualcosa da temere. Per ora, in questa situazione di calma apparente che ha fatto seguito alle retate dei giorni scorsi, Berlusconi ha deciso di seguire la linea «della prudenza». Il presidente del Consiglio e i suoi stanno attendendo le prossime mosse dei giudici milanesi in silenzio. Berlusconi, ad esempio, ha annullato ieri un'intervista in Rai con Bruno Vespa e un'altra già accordata ad una tv Fininvest. Ma è solo un rinvio. Di sicuro tornerà a parlare e a porre, secondo la logica delle colombe (sempre che non ci siano degli imprevisti), soprattutto 0 problema che l'economia di un Paese non può sopravvivere in quest'atmosfera. E magari sulle inchieste che riguardano Guardia di finanza e imprenditori farà un discorso particolare: «Tutti - è la tesi anticipata dal vicepresidente della Camera e avvocato di famiglia, Dotti - dovrebbero farsi un esame di coscienza, mettendo da parte l'ipocrisia. Bisogna tenere conto che queste vicende fanno riferimento ad un andazzo generale, ad una situazione anomala le cui responsabilità ricadono su tutti. E affrontando questi fatti nessuno può dimenticare che c'è un'economia da salvaguardare». Augusto Minzolini E il premier annulla un'intervista a Vespa perilTGl e un'altra già accordata ad una rete Fininvest segnato le sue dimissioni». Infine, a modo suo, l'onere di dare un minimo di «véròsì- " mande sulla reale tenuta del governo e dei suoi componenti in una situazione che di ora in ora si fa sempre più difficile. Il più preoccupato, inutile^dirlo, è. lo stesso Ferrara. La vicenda di ieri lo ha allarmato non poco. «Quello che è avvenuto - si è confidato con i suoi - è davvero il colmo. Sono basito. Ma come si possono fare mnotepiscnsensctoEaaeaaG/

Luoghi citati: Arcore, Ferrara