Il guerriero della scultura

Spoleto ricorda l'impetuoso francese. Ispirò Giacometti, turbò Picasso Spoleto ricorda l'impetuoso francese. Ispirò Giacometti, turbò Picasso Il guerriero della scultura Bourdelle, l'allievo che superò Roditi MT SPOLETO A ON frequentava, non amju metteva l'uso asettico 1 dell'idioma nazionale, il * 11 francese: parlava costantemente la lingua d'oc, quella dei poeti arcaici, dei capitelli romanici. E rivendicava: «Io scolpisco in dialetto». Figlio di un ebanista, cresciuto in una famiglia di caprai, il giovane Bourdelle non aveva avuto tempo per diventare scolaro, accademico. A nove anni - visto il padre in difficoltà - aveva concluso: inutile mantenere un garzone artigiano, ci sono qua io. Tutta la sua scultura riflette quest'impeto decisionista, questo agitarsi volitivo della materia: è scultura che «si» decide, che si vuole, che si compenetra quasi ad escludere l'artista. Non a caso, nella ricca retrospettiva che ha svaligiato il Museo Bourdelle di Parigi e curata a Spoleto da Bruno Mantura (Palazzo Racani Arroni sino al 4 settembre, poi a Genova, a Palazzo Ducale) Bourdelle si autoritrae imbronciato, gli occhi affossati nel nero del panciotto, provocatoriamente senza braccia, come una bodleriana Venere di Milo, scontrosa e lacerata, che non riesca ad intervenire sulla materia. L'artista impedito. Al contrario, il busto del suo maestro Rodin è un fluire torrentizio di barba e di espressività, un fiume di curve e di «tocchi» esposti al cangiare della luce. Era stato sbozzatore di Rodin e non aveva mai nascosto la sua devozione al Maestro. A sua volta, Rodin era quasi spaventato da questo allievo eccessivo, debordante: «Ah! Bourdelle, voi mi abbandonate, ma non potrete mai andar oltre». Va oltre, Bourdelle? Certo, oltre Rodin, egli è una vera palestra per gli scultori che gli succederanno. Degas e Matisse non possono rimanere estranei a quel ribollire tormentoso di materia, ma anche i nostri Andreotti e Dazzi e Manzù e soprattutto Arturo Martini sono impensabili senza la sua inquieta presenza. E' diverso da Rodin: questi pensa allo sviluppo materiale di un'idea, apre sipari mentali, interrogativi. Bourdelle ha bisogno di certezze, la sua è una continua battaglia per la presa di uno spazio. Lui stesso ne era consapevole: «Per Rodin l'importante era il modellato», appunto, la definizione ultima di un pensiero. «Per me è l'architettura». Aggredire la materia, usare lo spazio, portare in superficie la tensione interna: una materia che deborda, che si smangia, che s'imbroncia ed impenna in quella superficie vibratile da mareggiata tempestosa, che talvolta ricorda lo stiacciato espressionistico di Giorgio Martini. Che ingloba la drammatica percezione stessa del vuoto intorno: come quella Mano disperata, studio per il Guerriero Morente, che sembra bere voluttuosamente quel poco di aria che le rimane ancora da vivere. «Mani che sembrano abbaiare come le cinque mascelle di un cane dell'Averno», osservava Ril- ke di Rodin. Ecco, la mano urlante di Bourdelle non sembra comunicare queste alate metafore liriche, ma concretamente si aggrappa al nostro impotente sguardo di testimoni. Sofferto «equilibrio tra lo spazio, i volumi e i contorni degli oggetti». C'è un'altra sua affermazione, illuminante (citata nel catalogo De Luca, dove la figlia sbozza un ritratto del padre): «L'arte è lo spirito che porta il mondo alla materia. L'arte è l'uomo che lega la materia allo spirito». Non l'arte, dunque, che idealizza la materia, che la riscatta, attraverso l'idea: ma esattamente il contrario. La materia che sconta la tensione del pensiero. Che dà guerra. Lo aveva intuito anche Boccioni, che scrive: «Bourdelle porta nel blocco scultorio mia severità quasi rabbiosa di masse astrattamente architettoniche». Non è un caso che dal magistero di Bourdelle siano usciti due devoti allievi, apparentemente così lontani da lui, Giacometti dalle forme rastremate (ma vedi qui Madeleine Charnaux). E Viera da Silva, con la sua astrazione assoluta. «Non fate come me», raccomandava il maestro, «cantate il vostro canto interiore». E' del resto utile vedere qui anche la sua pittura, all'apparenza così estranea, fluida, pastellata, che sembra veleggiare verso certi chiarori di Dufy, o di Christian Bérard. Eppure ci si rende conto pure qui che Bourdelle costruisce per piani, per minimi blocchi stratificati. Come nella scultura: dove svettano i gesti, i tormenti, i sorrisi. E' una scultura urlata che a noi, forse, può evocare il gusto littorio: e non a caso incantava Ojetti. Se Rodin risultava interrogativo nelle sue superfici, lui riesce sempre rorativo, esclamativo, sia pure ingentilito da movenze simboliste, che annunziano il liberty. Come sempre, la fatica della materia: che sia l'arciere che contrasta con la roccia, o la bagnante che emerge dai flutti collosi di bronzo. C'è sempre qualcosa di inconcluso, di inespresso nella sua tensione fermata dal bronzo: per nove anni trattenne in studio l'Apollo in combattimento, «il dramma della mia vita, un lato compiuto, l'altro ancora allo studio». Monumentale creta, aperta come una ferita, prima di crollare nel forno dantesco della fusione. E' il suo arcaismo del moderno, che forse turbò anche Picasso. Come non pensare alla rivoltosa scultura dello spagnolo, quando si vede quella manona sgraziata e deforme, che buca il cielo come una bestemmia della forma, venendo fuori dal rifinito Guerriero, trionfalmente esposto nella piazza del Comune di Spoleto? etti. Se ava in nelle fici, lui pre lime famaia l'arciere che cona roccia, o la bagnange dai flutti collosi di sempre qualcosa di di inespresso nella e fermata dal bronve anni trattenne in ollo in combattimenma della mia vita, un to, l'altro ancora allo Monumentale creta, e una ferita, prima di rifinito Guerriero, trionfalmente esposto nella piazza del Comune di Spoleto? Bourdelle, un suo guerriero in bronzo e un dipinto del 1908 SPOLETO IUSTO che Spoleto, presso la Manna d'oro, chiesina accanto al Teatro Caio Melisso, si ricordi di Pier Samaritani, scenografo che fece molto per il Pittore e scdi un visionLuigi squisito teatro di Spoleto, di tutto il mondo, e che troppo presto è ingiustamente scomparso. Una vecchia idea, quella di Menotti, di mostrare il Samaritani pittore, ritrattista ma non soltanto. Lui, devoto al teatro, non aveva tem¬ Bourdelle, un suo guerriero in bronzo e un dipinto del 1908

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