Ukmar: noi commercialisti sotto tiro ma senza colpe di Francesco Manacorda

Ukmar: noi commercialisti solfo tiro ma senza colpe Ukmar: noi commercialisti solfo tiro ma senza colpe I «CONSIGLIERI» NEL MIRINO IGENOVA L professor Falsitta? Sì lo conosco bene e ne ho la piena stima sul piano tecnico e della preparazione professionale. Per questo sono incredulo, non posso pensare che si sia prestato a delle intermediazioni». Victor Uckmar, il più celebre dei tributaristi italiani, è nella sua casa di Arenzano. Un pomeriggio pieno di impegni e telefonate, anche se è domenica, ma certo più tranquillo delle ore che sta passando il suo illustre collega, docente di diritto tributario all'Università di Bergamo, ora inseguito da un mandato di cattura. La tempesta giudiziaria che si è abbattuta sull'evasione fiscale e che mette in discussione il ruolo dei commercialisti, sostiene Uckmar, non è affatto il sintomo che la categoria sia marcia. Piuttosto il problema è «ambientale», ed è quello di un Fisco bizantino «dove l'unica certezza è quella dei condoni». Professore, che succederà dopo questo nuovo capitolo aperto da Mani pulite? Ora i commercialisti sudano freddo? «Ma no, assolutamente. Io credo che i commercialisti abbiano un ruolo molto importante per aiutare specialmente i piccoli e medi imprenditori a raccapezzarsi in questo ginepraio di formalità e di disposizioni a cui adempiere che si chiama Fisco». Categoria assolta in massa, dunque? Proprio non vede peccati tra i consiglieri fiscali delle aziende? «Certo le pecore nere ci sono in ogni settore e quindi può essere che qualcuno si sia prestato a fare da intermediario per sistemare diversamente problemi fiscali anziché uscirne con l'osservanza delle leggi». A lei è capitato mai? «Qualche volta mi è successo che un cliente mi chiedesse l'opinione su un suo comportamento, che a me pareva corretto ma all'amministrazione tributaria no. Lui mi domandava che fare e io proponevo di appellarci alle commissioni tributarie ma lo avvertivo che il risultato non sarebbe stato sicuro. Allora quel cliente ritornava dopo quattro o cinque giorni e mi diceva: "Professore, lasci pure stare la mia pratica perché ho sistemato la faccenda diversamente"». E perché sistemarla così quando si è sicuri delle proprie ragioni? «Guardi, quando arriva una verifica in azienda alle volte bisogna affrontare militari con le armi in pugno che fanno terrorismo ma al contempo sono gentili, formalmente ineccepibili. Anche perché sulle norme c'è la più ampia possibilità di interpretazione. In diritto due più due non fa mai quattro, ma in materia fiscale può fare cento o zero. Così, anche se le posizioni sono corrette certe imprese possono essere indotte a trovare una sistemazione». Ma non è che negli ultimi anni, per usare la sua immagine del ginepraio, molti commercialisti abbiano scelto di battere con disinvoltura le strade più oscure e intricate? «Ripeto, per quanto io conosca questo ambiente mi è sembrato sempre molto serio. Ci saranno di certo dei casi ma non posso dare con questo un giudizio negativo - anzi la mia opinione è assolutamente positiva su questa categoria. Tra l'altro io non sono nemmeno un commercia¬ lista ma un avvocato». Ma si può diventare consulenti di grandi aziende senza piegarsi alla logici H Ja contrattazione a cui ulrqni suoi colleghi sembrano esse. 'attati? «Per quel che riguù.xiu mia esperienza certamente sì». Ma ci sono famosi commercialisti ed esperti tributari che siedono anche nei consigli di amministrazione, dove dovrebbero essere più vicini alle stanze in cui si prendono le decisioni vere... «Le assicuro che quelle sono posizioni dove si vede ben poco». Lei è stato consigliere di amministrazione Montedison. «Sì, fino alla fine del '93 e ne sono rimasto scottato». E dalla sua poltrona in consiglio non ha mai avuto un sospetto sul torbido che si agitava nel gruppo? «No, nel modo più assoluto, se avessi avuto il sospetto di qualcosa me ne sarei andato subito! Mica sono i dieci milioni all'anno che ti danno a spingere a stare in consiglio». Cosiglierebbe ai suoi colleghi di entrare nelle stanze dei bottoni delle società? «No, gli direi: statene ben lontani. Del resto ho dissuaso tutti i miei collaboratori dal sedere nei consigli sindacali e io mi sono cautelato sedendo soltanto in consigli di società quotate in Borsa. Ma a quanto pare non è stato sufficiente». Francesco Manacorda «Ai miei colleghi dico: non entrate nelle stanze del potere» Victor Ukmar (nella foto grande) A sinistra: il ministro Tremonti

Persone citate: Falsitta, Tremonti, Uckmar, Ukmar, Victor Uckmar, Victor Ukmar

Luoghi citati: Arenzano