MA DOVE'FINITO L'ORO DI CALAMANDREI? di Bruno Quaranta

MA DOVE'FINITO L'ORO DI CALAMANDREI? MA DOVE'FINITO L'ORO DI CALAMANDREI? ON amava Landolfi, j A Piero Calamandrei, gli attribuiva un'idea I della letteratura aiti¬ li ficiosa, non in sinto- I nia con la «sofferenza I WÈ dentro all'umanità». I ■ Eppure c'è un verso 1 W del poeta di Pico che I gli s'intona: «L'indifferenza è l'ultimo terrore». Rappresenta in modo esemplare la tensione che attraversa L'oro di noi poveri (Ponte alle Grazie, pp. 318, L. 28.000), la raccolta di scritti letterari del giurista fiorentino scomparso nel '56, curata con intelletto d'amore (si sarebbe detto un tempo) da Claudia Forti. La pagina che dà il titolo all'antologia oppone l'oro dello spirito all'oro della materia, l'urgenza salveminiana di «salvare l'anima» al potere, a ogni lotta politica ignara di cultura, dietro cui (è appena il 1947, il «roveto ardente» di Jemolo è già un lontano ricordo) si annida «il giuoco brutale suscitatore di appetiti scatenati, la imposizione di affaristi ricattatori». No, Calamandrei non conoscerà mai la pace pilatesca, «il me ne frego» del Ventennio (va forse detto?) lo urtica, lo offende, lo indigna. Alla maniera di Seneca, piuttosto, è fra coloro che non sono «infelici solo per il presente: siamo in ansia sia per il futuro che per il passato». Ordine e cristallinità, «il lucidus ordo oraziano e la toscana chiarezza» sono i caratteri di Calamandrei scrittore, quali li identificò Francesco Flora. Cifre dell'intera sua opera: di giureconsulto, di moralista (l'Elogio dei giu- Ixi l'ira e (a destra) Calamandrei, dici), di narratore che attinge alla memoria (l'Inventario della casa di campagna), di «elzevirista» per «Il Ponte», la rivista di politica e letteratura, di azione e pensiero, vien da dire, che fondò nel 1945. Quasi tutte le prove adunate nell'Oro comparvero sul foglio «battezzato» da Corrado Tumiati. Un nome - «Il Ponte» - che all'uomo di diritto suonò subito caro, piace immaginare, nel ricordo della civiltà giuridica romana (il pontifex, il costruttore di ponti). Creare «archi politici» per agevolare l'incontro tra libertà individuale e giustizia sociale, sanare la scissione tra «dovere e utilità», restaurare l'unità morale del Paese dopo la devastante, lugubre avventura «nera»: ecco l'edificio che Piero Calamandrei ordinava nella storia, qui e ora (non a caso L'oro di noi poveri ospita alcune testimonianze sulla Resistenza, la «passione» di Calamandrei). Con Croce e Omodeo, nell'album ordinato da Claudia Forti svettano Carducci, Salvemini, Pancrazi. Carducci, il poeta «civile» («... quei versi non erano soltanto un invito alla contemplazione spassionata della bellezza, ma insieme un richiamo a certi appassionanti ideali di libertà e di giustizia»). Salvemini, una costola di Savonarola, il professore con «il culto della verità». Pancrazi, il critico letterario «eremita» a Cortona, volto etrusco, ricco di antidoti etici ed estetici contro qualsivoglia tirannia, depositario di «un'intelligente malinconia della vita», riflesso del «paesaggio toscano, pieno di limpida grazia, ma anche di chiaroveggente mestizia. Non per nulla i cipressi, che sono gli alberi fatti per le ville, sono anche gli alberi fatti per i viali dei cimiteri». Piero Calamandrei. «Chi non ha sentito una sua lezione universitaria non può dire cosa sia una lezione» avverte il suo biografo, Alessandro Galante Garrone. Se, vichianamente, di tanto in tanto tornano in scena i «Cesare di segatura» (l'espressione è del «maggiore» fiorentino) un motivo ci sarà. Attraversare l'Oro è refrigerante, «chi sa», chi coltiva una certa idea dell'Italia, di sillaba in sillaba respira una saggezza d'antan, fuori corso, una riserva incorruttibile, un rifugio irraggiungibile dalla volgarità. L'OLOCAUSTO NUn bilancio delle interpredello sterminio naz di cui escono gli scritti letterari innanzitutto a se stesso, come cardine la Costituzione repubblicana (ne sarà un artefice e un difensore princeps). L'oro di noi poveri è (anche) una visita alle migliori energie italiane, alle bussole - dirà una volta Norberto Bobbio commemorando Croce - che «consentono di navigare nel gran mare della storia senza correre il rischio di tornare ogni volta daccapo». Certo, non manca l'omaggio all'ottantenne filosofo di Palazzo Filomarino, «strenuo campione del primato della ragione e dell'eterno umanesimo cristiano». Ma è la figura di Adolfo Omodeo - così sembra - a coinvolgerlo maggiormente, l'alfiere della «libertà liberatrice», la libertà che abbandona l'empireo filosofico per incarnarsi Bruno Quaranta

Luoghi citati: Cortona, Italia, Pico