Incontro con il cantautore: il mestiere di genitore per creare uomini liberi

Incontro con il cantautore: il mestiere di genitore per creare uomini liberi Incontro con il cantautore: il mestiere di genitore per creare uomini liberi GENOVA DAL NOSTRO INVIATO Tommaso Paoli, con la leggerezza dei suoi due anni di vita, sgambetta intorno alla piscina indossando soltanto il pannolone; ritmicamente, sbotta in vari e articolati «No, no, no», qualunque cosa gli si dica. Con i suoi capelli chiari, gli occhi chiarissimi, un faccino delizioso, 6 il ritratto vivente di suo padre Gino quand'era piccolo: le vecchie loto sono lì sul tavolo a mostrarlo, e il patriarca cantautore s'inorgoglisce a sentirselo dire, sotto il baffo bianco e immobile. Con la sua sfilza di «no, no», Tommaso non sa di essere il paradigma vivente della filosofia paterna: alla sua innocenza, alla sua primitività, si è ispirato Gino Paoli per «King Kong», il recente album che si è guadagnato recensioni negative dalla critica ma, come spesso accade, buoni ositi di vendita. Paoli però non andrà in tournée che nell'autunno: si vuol godere la quiete della famiglia, da patriarca domina la tavolala con i suoceri, l'altro figlio Niccolò, la bella e affascinante moglie Paola, il cane dalmata con un occhio nero e un occhio blu («Bambino io, bambino tu..», diceva la canzone), una gatta nera senza macchia sul muso. In questo periodo di grandi colpi di politica, tacciono i cantautori che nella passata stagione sono stati megafono della coscienza civile. E il decano, l'anticonformista, l'ex parlamentare pds che il 27 marzo non ha votato («Non ho trovato nessuno di cui fidarmi»), riflette a bassa voce sotto gli ulivi guardando il panorama di Nervi bollente sotto il sole. Come pensa alla sua passata esperienza di parlamentare? «Da un punto di vista personale, mi e servita molto. Ma io sono andato in Parlamento per servire gli altri: e nel sociale la mia esperienza non e servita proprio a nessuno. Non la rifarei». Le canzoni di «King Kong» sono nate anche come autocritica verso quell'esperienza? «Il disco ò una risposta ad un problema che non ò più di destra o di sinistra ma generale: l'autonomia dell'essere umano. In un mondo di consumo, per fare dei consumatori devi appiattire la mentalità della gente e quindi le coscienze, tutto». Non c'è scampo? «Non lo so. E' un meccanismo perverso, il consumo interessa anche il proletario, che perderebbe il lavoro se esso mancasse. E' un problema di coscienza, intima, anche filosofico: quant'è importante l'utilità, e quanto invece l'esistere, l'essere? Io ho sempre pensato che nei settant'anni in cui vivi, devi anche esistere e non solo essere usato. Ma poi si scopre che la maggioranza di quelli che vanno in pensione a 65 anni hanno crisi depressive; e si vedono i giovani usati e sfruttati per quel che possono rendere. Il discorso si può anche allargare: Montanelli dice che i giornalisti di oggi sono superiori a quelli di ieri come livello medio, ma non ci sono più grandi giornalisti. Un appiattimento verso l'alto, ma pur sempre un appiattimento. Tutto parla della scomparsa dell'essere». Questo discorso non ammette eccezioni. «Certo. Io non dico: voi siete così. Dico "Noi siamo così". "King Kong" ò l'animalità che è in noi, è il mio Tommaso che ò ancora bambino, che ha ancora il suo istinto, le sue scansioni, la sua normalità: se in un mondo consumistico appiattito dovesse andare avanti così com'è, diventerebbe un pericolo. Lo spegnimento delle coscienze è dovuto all'appiattimento di tutto il resto, e i cattolici lo debbono capire; in fondo, le poche voci che si sono levate in questa direzione sono quelle dei vescovi e del Papa: lutto mi sarei aspettato, meno che di es¬ sere in linea con loro, io che sono un mangiapreti». L'appiattimento c'è anche nella musica? «Non seguo molto il lavoro degli altri. Però vedo che ci si schiera molto, nella musica, a destra o a sinistra, a favore o contro, mentre il problema dell'appiattimento c dei consumi è al di sopra di destra e sinistra, è un discorso generale che nessuno affronta, è fuori anche dai programmi di qualsiasi partito. E io credo che il compito di un artista sia quello di stare un po' più alto delle parti in lotta, e individuare le domande reali, che valgono per tutti: oggi si pensa con la testa de¬ gli altri, ti forniscono solo opinioni e non dati sui quali ragionare. C'è un problema di libertà, e libertà è poter pensare da soli». E' un periodo di transizione? «Lo spero. Non sono preoccupato per la politica, non c'è gran cambio rispetto al passato né siamo entrati nella Seconda Repubblica. Ci sono le solite spartizioni. Credo che la transizione avverrà con un cambiamento di mentalità e di coscienze: se la gente si romperà le scatole di vivere in una certa maniera, comincerà a cambiare da se stessa, senza cercare vendette». Quanto influisce Tommaso sulle sue elucubrazioni? «Un figlio è la speranza, la fiducia nell'umanità, la possibilità per l'uomo di essere migliore. Ottimismo è vedere che tuo figlio ha ancora quelle doti positive: sa dire di no. Dovrebbero esserci tanti padri che fanno crescere uomini liberi». C'è qualcosa o qualcuno per cui fa il tifo, oggi? «Faccio il tifo per Carmelo Bene. Al "Costanzo Show", era talmente lucido che lo hanno preso per matto. Dice le cose come stanno, ma la gente non sa più che le cose stanno così. Tutti sono tesi ad accontentare qualcuno, lui no». Si ritiene personaggio amato? «No, non lo sono mai stato, fin dal principio. Perché sono un equivoco. La gente è stata costretta ad amarmi perché ho scritto "Il cielo in una stanza". Nello stesso tempo però mi odiano perché dico cose che avrebbero potuto dire loro, ma non ne hanno mai avuto il coraggio. La scomodità di un personaggio oggi non esiste, perché chiunque viene cooptato, ma in qualche maniera io non accontento la gente, non faccio quel che si aspettano da me. Alla lunga, però, son costretti a dire: questa cosa la sento anch'io, e allora s'arrabbiano. Io sono l'eccesso dell'odio/amore che l'italiano ha per chi canta, perché ogni italiano crede di saper canta¬ re: da una parte lo ama perché canta, dall'altra lo odia perché vorrebbe cantare lui al suo posto». I cantautori hanno smesso di fare i maitres à penser? «Spero che sia perché sono arrivati alla mia stessa conclusione: devi parlare attraverso quello che fai. In "King Kong" tutti hanno inteso il "Torni sul tuo ramo" come l'invito a farsi i cavoli propri. Invece significa che il mio impegno civile lo debbo svolgere attraverso ciò che so fare, cioè le canzoni. Oggi è sbagliato schierarsi». Ha ricevuto più critiche per «King Kong» o per aver fatto la pubblicità al whisky? «Ricevo critiche per tutto quel che faccio. Non mi scompongo neanche un po'. Non è ciò che si dice, ma il modo in cui ci si esprime, che dà il segno dell'arte: sostenere che Celine è scrittore pessimo perché filonazista è una stronzata». L'accusano di ambiguità. «Io sono ambiguo. Se non fossi ambiguo, sarei un cretino. Non essere schierati, significa poter accettare ogni parere se è decente: son disposto a confrontarmi perché non sono sicuro di essere nel giusto, e posso permettermi di capire se il tuo punto di vista è più giuste del mio. Se fossi sicuro, che cosa ti ascolterei a fare?». Marinella Venegoni Il figlio minore Tommaso, 2 anni simbolo di speranza «Compito di un artista è stare un po' più alto delle parti in lotta. Non essere schierati significa poter accettare ogni parere, se decente Criticano ciò che faccio Non mi scompongo» GMar Gino Paoli con Tommaso, che ha due anni. Il cantautore ha avuto i primi due figli, Giovanni e Amanda, quasi contemporaneamente dalla prima moglie e dalla giovanissima Sandrelli. Sopra, nel 1969 a Levanto

Persone citate: Carmelo Bene, Celine, Costanzo Show, Gino Paoli, Marinella Venegoni, Montanelli, Sandrelli, Tommaso Paoli

Luoghi citati: Genova, Levanto