«noi siamo per l'ordine» così il msi bocciò Biondi

per l'ordine» i bocciò Biondi per l'ordine» i bocciò Biondi in netta minoranza: a me quel zione e quindi è n LA FIAMMA DEI DURI VROMA EDRETE che di questa storia della custodia cautelare non se ne parlerà più. Ed è bene che sia andata a finire così. Noi abbiamo fatto degli "strappi" importanti nei confronti del fascismo, ma non possiamo stravolgere la nostra identità: io tre mesi fa, nei comizi, chiedevo la forca per De Lorenzo». Seduto su un divanetto del Transatlantico Francesco Storace tira un sospiro di sollievo: il movimento sociale è salvo. Orfano di tante tradizioni passate, il msi, con questa storia della carcerazione preventiva, rischiava di perdere pure gli ultimi tratti distintivi. Quelli del partito dell'ordine. E a quel punto tanto valeva chiudere baracca e burattini. Ma per fortuna adesso c'è Antonio Di Pietro: «Meglio lui di Mussolini», si lasciava sfuggire Maurizio Gasparri qualche tempo fa, quando sembrava che il pm di Mani pulite entrasse dentro il governo di Berlusconi. Una battuta, questa, che detta da un missino, potrebbe apparire irri- verente, e che tale, però, non è. Certo, Gianfranco Fini, dopo aver provveduto a far scomparire dal suo ufficio l'opera omnia del duce, che un tempo teneva invece in bella mostra, non ha costruito un altarino per Di Pietro. Ma forse non è azzardato dire che il magistrato della procura milanese è diventato uno dei nuovi miti missini. E sostituisce quelli che ormai la Fiamma è stata costretta a relegare in soffitta, salvo sfoderare ogni tanto innescando polemiche a non finire. Spiega infatti il capogruppo del movimento sociale al Senato, Giulio Maceratini: «I fondamentalisti hanno sempre bisogno di un "demiurgo", di un Gianfranco Fini coordinatore di An "salvatore" e il giudice di Mani pulite incarna un personaggio del genere. Eppoi se ci sono le elezioni presidenziali il movimento sociale potrebbe avere finalmente un candidato suo». Dunque dopo la «svolta» finiana, l'msi ha bisogno di una figura carismatica quale sembra essere quella di Di Pietro. E anche di tener fermi alcuni principi, persino a costo di rischiare una crisi di governo sulla custodia cautelare, pur sapendo che senza Berlusconi la Fiamma verrebbe nuovamente emarginata. «Sì - osserva ancora Maceratini - noi siamo un partito un po' forcaiolo. E infatti io che sono un fascista democratico sono in netta minoranza: a me quel decreto stava bene. Però quest'ultimo strappo Gianfranco non poteva farlo: il nostro elettorato non lo avrebbe digerito». Già, anche un ex come Domenico Mennitti è convinto che il segretario missino non poteva comportarsi altrimenti: «Tangentopoli - afferma - non è stata come la guerra civile. Non si poteva dire facciamo la pacificazione. Lì è coinvolta gente che in altri tempi non sarebbe stata nemmeno sbattuta in galera, ma impiccata». Dunque è così: l'ultimo strappo Fini non lo ha potuto fare. E per questo motivo ha addirittura rischiato che il governo andasse a carte quarantotto. Ben sapendo che se non si fosse sfilato lui per primo, la Lega non avrebbe avuto gioco facile. Ma quante altre volte, per non perdere la residua identità missina, il segretario del movimento sociale metterà in crisi l'esecutivo guidato da Silvio Berlusconi? La parola ancora all'«ex» Mennitti: «Diciamo la verità: loro hanno fatto per troppo tempo l'opposi¬ zione e quindi è normale che non abbiano una cultura di governo. Eppoi ricordiamoci come si sono evolute le cose nel movimento sociale. Tangentopoli ha ucciso molti partiti, ma ne ha beneficati alcuni. Tra questi il msi. Fini si è trovato in questa situazione, che non ha creato lui, e siccome è un uomo intelligente ne ha approfittato, e allora ha fatto tutta una serie di passi per legittimare il suo partito. Perciò non gli si può chiedere adesso di chiudere pure questo capitolo». Il che significa che sul passato meno recente si può fare autocritica, ma non su quello prossimo, altrimenti il movimento sociale rimane senza radici. E un ragionamento analogo, stano a dirsi, fa anche, dall'altro lato della barricata, una parlamentare pidiessina come Fulvia Bandoli. Solo che le parole sono diverse: «Un tempo per il movimento sociale il fattore F - dice l'esponente della Quercia - era il fascismo, oggi è la forca». Maria Teresa Meli Di Pietro nuovo idolo della base missina