la legge dell'etica per ricreare uno Stato

r- r- L'URLO DEL PROFETA La legge dell'etica per ricreare uno Stato LMOSCA A «Questione russa alla fine del XX secolo» è la summa di una riflessione che ha accompagnato lo scrittore: dalla prigionia e Arcipelago Gulag agli ultimi giorni dell'esilio nel Vermont. Il saggio porta la data «marzo 1994». E' stato scritto e consegnato alle stampe, dunque, prima di arrivare in Russia. E lo scrittore mette subito in guardia il lettore: «Sono consapevole che in questo articolo non sono stati elaborati i passi concreti, pratici, immediati (da percorrere, ndr), ma io non mi ritengo in diritto di proporli prima del mio prossimo ritorno in patria». Egli sapeva, immaginava, che la sua «peripezia» attraverso le sterminate lande russe avrebbe potuto imporgli qualche «revisione». Ma ha voluto correre questo rischio, riassumere - prima di ritornare - l'intero impianto metodologico e storico che lo ha portato fino all'approdo di oggi. Ne scaturisce un vero e proprio programma politico che, per così dire, percorre trasversalmente tutti gli schieramenti politici della Russia odierna. A tal punto che nessuno degli attuali protagonisti, incluso il presidente Eltsin, possono riconoscersi nella sua visione, profetica, messianica, politica, della Russia del futuro. Dobbiamo costruire - scrive Solzenicyn - una «Russia etica, oppure non ne costruiremo nessuna», per salvarci dalla «degradazione della Grande Catastrofe Russa degli Anni 90». Il grande affresco di trecento anni di storia che egli traccia è all'insegna delle «possibilità perdute di uno sviluppo interno e dell'imperdonabile dilapidazione delle energie del popolo verso obiettivi esterni inutili alla Russia, che si preoccupò degli "interessi" europei più che del proprio popolo». E' su queste basi che Aleksandr Solzenicyn «salva», per così dire, gli zar che la storiografia liberale ha sempre considerato negativamente e condanna, senza risparmiare le notazioni più sprezzanti, tutti gli altri. Escono dunque, giganteggiando, dalla sua ricostruzione della storia russa, sia Alessandro III che, soprattutto, Nicola I, colui che represse i decabristi. Per i quali non c'è né riconoscimento, né pietà. Anzi Solzenicyn, quasi istituendo un parallelo sia con i bolscevichi, sia con gli «occidentalisti» odierni, riserba loro un giudizio polemico definitivo: «Sembra che oggi a nessuno importi del fatto che alcune caratteristiche dei programmi dei decabristi promettevano alla Russia una tirannia rivoluzionaria». E' Nicola I il paradigma positivo di Solzenicyn. E lo è in quanto egli «si considerò, prima di tutto, un monarca russo, e pose gl'interessi russi al di sopra degli interessi generali dei monarchi europei, e per questo si sottrasse alla Santa Alleanza». Una sorta di isolazionismo a priori, poiché - ritiene Solzenicyn - ogni volta che la Russia ha voluto proiettarsi all'esterno, si è dissanguata e impoverita di forze non solo fisiche, ma soprattutto morali. Così come ogni volta che ha voluto «copiare» esperienze altrui, ha finito per perdere la propria spiritualità e la propria specificità. Così non si può salvare., anzi è da condannare senza esitazioni, il progetto modernizzatore di Pietro il Grande: «Non seppe - così lo liquida Solzenicyn - elevarsi alla comprensione che non si può trasferire (dall'Occidente) singoli effetti della civilizzazione e della cultura, trascurando la specifica atmosfera psicologica in cui essi (laggiù) fiorirono». La Russia di tre secoli fa non è mutata. Non potrà mai essere uguale a noi. Nemmeno quando cerca di imitarci. Con lei Solzenicyn non potrà rappacificarsi, proprio perché vuole salvarla. Giulietta Chiesa ssa^J

Persone citate: Aleksandr Solzenicyn, Alessandro Iii, Eltsin, Giulietta Chiesa, Solzenicyn

Luoghi citati: Russia, Vermont