ALBERTAZZI io Giuda in carriera

tradimenti. Il grande attore confessa i suoi voltafaccia: dall'amore alla politica tradimenti. Il grande attore confessa i suoi voltafaccia: dall'amore alla politica ALBERTAZZI lo, Giuda in camera ROMA DAL NOSTRO INVIATO Traditi, traditori... per Giorgio Albertazzi traditi e traditori sono uguali: tendono allo stesso scopo. Lui ha tradito? «Tanto, sempre». E' stato tradito? «Tanto, sempre. Anche da mio padre. Morendo, mio padre mi ha tradito». Arriva ad ammettere che tutta la sua vita è stata un tradimento. In amore, in politica e nell'amicizia nulla è stato risparmiato da questa forma di uccisione simbolica. Forse anche in arte. Noi potremmo essere imbarazzati a parlarne. Albertazzi, no. Albertazzi ha sempre messo a nudo se stesso, per impudicizia d'attore, ma anche per gusto di verità. Seduto su un divano bianco, nel soggiorno ordinarissimo della sua casa romana, getta indietro la testa, stringe gli occhi appena schermati dalle lenti azzurrine, parla, anzi fruga nelle parole, con l'accanimento e la pazienza di un cercatore di pepite. Come comincia la carriera di un traditore? Comincia in un caldo giorno d'estate, in un luogo chiamato Ponte a Mensola. Albertazzi aveva dodici anni, forse tredici. Era sottile come un fiammifero biondo. Lì, in quel paesino toscano adagiato su un fiume, abitava suo nonno Nando. Occupava la dependance della villa i Tatti, che apparteneva a Bernard Berenson, l'esteta che fu grande critico d'arte. Nonno Nando era muratore, tarchiato, forte, con due baffoni spioventi e gli zigomi alti. Ricordava Gorkij. A tempo perso dipingeva a olio santi con gigli in mano, tutti marroni e biondi: una inezia, rispetto alle meraviglie custodite da Berenson, ai Simone Martini, ai Verrocchio, ai Domenico Veneziano: tutte opere donate in seguito all'Università di Berkeley. Ai Tatti arrivavano D'Annunzio, Thomas Mann, Scott Fitzgerald. Ammesso che li vedesse, il piccolo Albertazzi li ignorava. Era molto più attratto da una ragazzina che aveva all'incirca i suoi stessi anni. «Vivemmo un giorno indimenticabile - racconta -. Andammo alla scoperta della campagna, dell'acqua, del bagno, dei corpi, dell'attrazione». Alla fine della giornata, tornando da quell'esplorazione colma di brividi, conobbero un ragazzo, «un venditore di bottoni che veniva dalla città, una specie di Peer Gynt molto scafato». Quando Giorgio, la sera, andò nuovamente a cercare la ragazza, la trovò fra le braccia del venditore di bottoni. Facevano l'amore. «In quel momento, per la prima volta, ebbi la percezione del tradimento. Sensazione acutissima, indimenticabile, tanto che riversai quell'episodio nel racconto Innocenza di Miranda, con cui vinsi il premio Casentino, sezione opera prima. Ero un tradito che però non poteva rimproverare nulla all'altra: tra noi non c'era alcun impegno, quindi non era stato tradito nulla. Eppure, vedere gli occhi della ragazza in quel momento, sentirla così lontana da me, così tutta di un altro, mi diede l'esatto senso del tradimento». La carriera di un traditore ha i suoi tempi e i suoi perfezionamenti. Albertazzi avrà modo di esplorarne tutte le facce, a cominciare da quella politica. «Uscito dal carcere dove ero stato rinchiuso per aver comandato un plotone di esecuzione repubblichino, non ho più voluto saperne del mio passato politico. Il msi mi sollecitava, ma io non mi ci riconoscevo. Ho cercato di farmi un'anima democratica. Non si trattava di rinnegare qualcosa, ma di cominciare una nuova avventura. Arrivato il '68, mi sono impegnato con la sinistra, sono stato progressista, parola per me insensata. Ora, alla fine di tutto, mi ritrovo a riconsiderare la destra, sognando magari una Repubblica che non esiste se non in Platone. Tutto questo è un continuo tradimento, si capisce; ma è un tradimento collettivo, mio e ro, dei partiti. Ci siamo traditi e ci stiamo tradendo tutti». E dopo il tradimento politico, ecco il tradimento d'amore. Parliamo di Anna Proclemer? «Anna, sì certo». Fu un rapporto lungo... «No, non più lungo di altri. Ha ragione Kierkegaard: l'amore può durare tre anni, poi arriva l'accomodamento». Che tradimento fu? «Il tradimento di un'idea, un'idea di me che avrei voluto avere e non ho avuto». Albertazzi va a cercare la poesia che pubblichiamo qui accanto. La legge. Commenta: «Que- sti versi sono contro di me. Sono i versi di chi non è stato all'altezza. Per una volta, mi sono tradito da solo». Medita: «Sono convinto che l'amore nella sua forma più alta cominci dopo la passione. Ciò che comunemente chiamiamo amore è il primo atto di una commedia che diventerà tragedia. Amare significa consegnarsi all'altro e ciò può avvenire soltan¬ to se non c'è più la passione. E' la cosa che comincia ad avvenire dentro di me. Ho superato la passione A questo punto non si può più tradire. Mi vengono in mente gli apostoli. Hanno tradito Gesù, ma lui non li ha traditi. La loro era passio- so passione. Consegnava non un sentimento, ma se stesso». Chissà che cosa ha consegnato a lui il tradimento che considera forse il più grave, di sicuro il più vicino nel tempo e il più lancinante. Anche questo accadde d'estate, pochi anni fa, a Milano. «E' un episodio piccolo, ma impor¬ tante per la mia vita». Il tono ora ò pacato. La voce sussurra. «Riguarda Gigi Vanzi. E' morto da poco. Era un regista e un intellettuale di .prestigio. Me lo presentò Valerio |Zurlini, per il quale stavo scrivenfdo la sceneggiatura di La via di ■ Damasco, un film sul primo cristianesimo che non si fece mai. Zurlini mi fece conoscere Vanzi, perché avrebbe potuto darmi una mano. Diventò il mio più grande amico». Albertazzi s'intenerisce. «Gigi era un uomo straordinario. Viveva chiuso in casa, leggeva duecento libri all'anno. Ogni tanto mi accompagnava. Per esempio venne con me in Puglia: mi aiutò a fare uno stage su Federico II. Un giorno partimmo insieme per Milano. Abitavamo nella casa che ci aveva prestato Anna Proclemer. La sera recitavo nel Casanova, di giorno ero libero. E succede che, una volta insieme e nella stessa casa, mi disinteresso di lui, anzi gli faccio fare una vita d'inferno. Lo costringo a fumare sporgendosi dalla finestra, perché io ho smesso da tempo. Come in un matrimonio, mi dava fastidio tutto ciò che faceva. Io sono un fanatico della pulizia, perciò gli toglievo le tazzine sporche del caffè, i portacenere. Ho sentito quella convivenza come una gabbia, come un intralcio. Il rapporto andava bene soltanto com'era nato: in due case diverse e nel vedersi quando se ne aveva voglia, per andare a cena, per discutere interminabilmente di storia o di filologia. Invece, in quella specie di matrimonio non omosessuale, la vita era impossibile. Gigi se ne andò. Mi lasciò un biglietto: "E' impossibile convivere. Sappi che la mia casa è sempre aperta per te". Gigi era scappato perché io l'avevo tradito. Non l'avrei più rivisto». Albertazzi si accanisce contro se stesso: «Sentivo tutto come un obbligo. Io sono abituato ai miei rituali, mangio ad orario. A Milano avevo tanto tempo libero, ma non mi sentivo libero in casa. Era un'amicizia grande e importante, eppure a Milano mi sono deluso da solo. Passeggiare, andare al caffè era diventato un obbligo e non un piacere. Certo, ha giocato molto la mia natura personale, che è solitaria». E che conseguenze ha avuto? «Ha voluto dire vivere un'amarezza irreparabile, perché il tradimento è irreparabile. Anche se ritengo che non si tradisca mai da soli. Il tradito ha sempre la sua parte, ma i due ruoli sono diversi, anche se puntano allo stesso risultato. Fra traditore e tradito corre lo stesso rapporto dell'analista e dell'analizzato: sono due ruoli, due forme di simulazione». Ora Albertazzi si chiede fino a che punto il tradimento sia condannabile. Dichiara a sorpresa: «Il tradimento è un atto creativo, è il trasferirsi da una cosa a un'altra, è un cambiamento. Io ho avuto a che fare con tantissimi cambiamenti, quindi ho tradito moltissimo. Ma, ripeto, tradire è un indice di attività. Forse Galileo e Freud sono traditori perché si sono evoluti nelle loro teorie, sono usciti dall'immobilità. Soltanto col cristianesimo il tradimento ha assunto un significato negativo: Giuda consegna Cristo alle guardie. E visto che Giuda è cattivo e Gesù buono, il tradimento è cattivo. Ma è davvero così? E Bruto? Dante lo mette all'inferno, senza considerare che Bruto ha scelto tra due amori: in lui l'amore per Roma era diventato molto più forte dell'amore per Cesare. Si è consegnato a una realtà diversa. Vista così, la vita diventa più precaria, molto più dinamica. Vuol dire che non si contenta dello statu quo. Si va al tradimento e si tradisce chi vuol farsi tradire». Una volta, scrivendo di sé, Albertazzi paragonò la sua vita al viaggio di un treno. Quel treno, però, deviava in continuazione. Annotò: «Sono un deviatore di me stesso, magari sullo stesso tema, ma devio in continuazione». Che altro vuol descrivere questa frase, se non la carriera di un traditore? Osvaldo Guerrieri PER ANNA PROCLEMER Avevo uno di quegli amori grandi come il mondo come frulli dei tropici al sole dell'immortalila e l'ho buttato via, non ignorandolo ahimè da esserne totalmente indegno ma seviziandolo ogni giorno per anni con cosciente malizia serafica improntitudine messo sotto i piedi come una palla sgonfia sulla sabbia lui ricchissimo frullo numinosa sfera polpa dolcissima riaolla a vecchio gomitolo di vecchissimo filo visto un mattino sulla battigia e lascialo lì fradicio sballottalo da acque pigre soprawiverò al delitto? mi rifarò una faccia sorridente? Giorgio Albertazzi ione del tradicutissima, ino che riversai acconto Innoon cui vinsi il sezione opera o che però non e nulla all'ala alcun impe stato tradito e gli occhi delmomento, sen me, così tutta l'esatto senso traditore ha i ttivo, mio e mo traditi e ci ti». to politico, ecmore. Parliamo «Anna, sì cero lungo... «No, ri. Ha ragione re può durare a l'accomodat f? 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Luoghi citati: Damasco, Mensola, Milano, Miranda, Puglia, Roma