«Sulla luna a 20'' dalla catastrofe»

Una «cosa» luminosa ci seguì nello spazio Non fatemi dire che era un Ufo Ma la vedemmo tutti e tre per ore venticinque anni dopo ii secondo uomo a scendere sul satellite ricorda la storica impresa «Sulla luna a 20" dalla catastrofe Aldrin: non trovavamo il punto di atterraggio ALLORA... Quella notte di luglio, Buzz Aldrin, Neil Armstrong e Mike Collins, l'equipaggio di Apollo XI, del primo veicolo con esseri umani a bordo ad avventurarsi verso un altro corpo celeste dal momento della creazione, ci tenne tutti con il cuore in gola, sospesi in un «tifo» universale e spasmodico, ricordo mia sorella vomitare per l'emozione... «... Ma lo sa che tutti quelli che mi incontrano, sentono il bisogno di dirmi dov'erano, che cosa stavano facendo quando Neil e io posammo il Lem, il veicolo lunare, sul Mare della Tranquillità?...». Ci credo. Non vi sono altri momenti, nella storia, che abbiano saputo unirci tutti, nell'emozione di un gesto che aveva trasceso il tempo e le ideologie. E lei, mister Astronauta, era emozionato come noi pedoni della Terra? «Eravamo talmente occupati coi nostri compiti, che quasi non avevamo il tempo di emozionarci. Sarebbe bastato un errore, una distrazione, per compromettere in quel momento la nostra possibilità di ripartire dalla Luna. Se avessimo commesso in quell'istante dell'allunaggio errori, ci saremmo condannati a morire sulla LUna». imgmmmmmsmmììl Ma l'allunaggio era andato bene? «Non proprio. Non trovavamo il punto giusto per poggiare le zampe del Lem. Quando finalmente toccammo il suolo, ci restavano 20 secondi di carburante. Arrivammo a 20 secondi dalla catastrofe». Fu il momento più brutto della spedizione? «No, il momento più brutto fu quando si scoprì che un essenziale interruttore del flusso carburante, un pezzettino di plastica che sarà costato sì e no 25 centesimi dal ferramenta, 200 lire, si era sbriciolato e non c'era modo di farlo scattare. Si immagini: dispersi nello spazio per un interruttore di plastica da due soldi. Sa come lo feci scattare? Con la punta della penna biro che usavo per il libro di bordo e si infilava giusta giusta, neanche l'avessero fatta apposta. Dio doveva essere con noi». Certo un Dio doveva essere dalla parte della Nasa, l'agen- Rischiamper unal comQuando ail carbera qua mo la vita guasto puter terrammo urante si finito zia spaziale americana, in quegli anni miracolosi dopo la morte di Kennedy, quando 340 mila persone lavoravano alla conquista della Luna in assoluta perfezione tecnica. «... No, perfezione no. Tutte le missioni Apollo conobbero qualche guasto importante che l'ufficio stampa riuscì a tenere nascosto al pubblico, tranne l'Apollo XIII che fu costretto a tornare alla base aggrappato alla riserva di ossigeno del modulo lunare». La Nasa era maestra di pubbliche relazioni, ma insisto: un Dio doveva vegliare su di voi, nel buio dello spazio. Lei lo ha sentito, lo ha visto, Dio nello spazio? «Non più di quanto lo senta e lo veda sulla Terra, nel giardino di casa mia. Ho visto altre cose, nello spazio». Quali cose? «Luci misteriose, presenze inspiegabili. Adesso non mi faccia dire che credo agli Ufo, ma un Ufo c'era, con noi». Sulla Luna? «No, durante il viaggio. Poco dopo aver lasciato il campo gravitazionale della Terra diretti alla Luna, tutti e tre, Neil, Mike e io, vedemmo apparire nell'oblò un oggetto luminoso che ci seguiva a distanza. Non ci dicemmo niente, ma, ciascuno per conto nostro, cominciammo a fare rilevamenti telemetrici. Finalmente io ruppi il ghiaccio, lo dissi agli altri e ne informammo Houston, la base. Pensammo che fosse l'ultimo stadio del Saturno 5, il missile che ci aveva lanciato, ma i conti non tornavano. Non poteva essere neppure la sonda robot lanciata dai sovietici per batterci almeno simbolicamente nella corsa alla Luna, porcile ora più avanti di noi». E allora che cos'era? «Non lo so, non lo scoprimmo mai. L'oggetto ci accompagnò per molte ore e poi scomparve». Non avevano paura, questi uomini, nel senso che noi diamo alla paura, il terrore mortale che ci afferrerebbe se venissimo legati all'apice di 2 mila tonnellate di esplosivo, la potenza di una testata nucleare, e sparati verso la Luna. Ma non erano neppure automi, né incoscienti spaziali pronti a tutto. «Ebbi un momento di paura vera, quasi di panico, poco prima di entrare nell'abitacolo, a Cape Kennedy, quando mi accorsi che avevo perso l'anello portafortuna che mio padre mi aveva regalato. Non parto, se non trovo l'anello, no, no, non parto, cominciai a dire a Rocco Petrone, il direttore del lancio, e agli altri assistenti. Fortunatamente, un giovane ingegnere lo trovò». Dov'era finito l'anello? «Era caduto nel barattolo della vaselina». La vaselina? «Sì, la vaselina che ci spalmavano abbondantemente sul sedere, per evitare le piaghe da pannolone do¬ po giorni e giorni in missione. Sulla capsula e nel Lem non avevamo mica le toilettes come sugli aerei. Per l'urina avevamo una specie di catetere, una sorta di grosso preservativo che scaricava attraverso una valvola direttamente nello spazio e che ci dava una certa inquietudine: l'idea che il nostro prezioso membro fosse collegato direttamente con il vuoto spaziale ci rendeva nervosi. Ma per le feci, dovevamo metterci il pannolone e quindi spalmarci di vaselina». Insomma, ve la facevate addosso? «Già, pregando di non star male di pancia. La nostra dieta era studiata per essere ad altissimo assorbimento, con il massimo di grassi e il minimo di fibre, il contrario esatto di quel che un medico consiglierebbe a un paziente. Prima di partire, l'ultimo pasto consiste- va di un filetto avvolto nella pancetta e due uova fritte, tutti grassi digeribili. Ma se capitava di star male, era una tragedia. Il povero Frank Borman, per esempio, non fece che vomitare e aver diarrea, nella sua astronave e i suoi compagni dovettero respirare per giorni e giorni l'aria fetida della cabina. Nello spazio non si può aprire la finestra e cambiar aria». Dovrebbe disgustarci, questa immagine, e invece fa un'enorme tenerezza. Sparati verso la Luna con il pannolone al sedere, supertecnici e piloti costretti a tornare bebé per il primo vagito dell'umanità nello spazio. «Sì - mi sorridono gli occhi azzurri, proprio da bebé - un po' bambini ci sentivamo, con tutta la nostra preparazione, l'addestramento, i gradi militari e la tecnologia. Mi ricordo la nostra prima notte di sonno nel viaggio: Neil si rannicchiò come un bambino, dietro i sedili, Mike si addormentava ai comandi. Io chiusi gli occhi incastrato fra un sedile e la parete della navicella. Mi addormentai pensando che fra me e il vuoto mortale dello spazio c'erano solo pochi millimetri di lamiera». Dormivate bene? «Malissimo, quasi niente. Molti dovevano prendere pillole. Nelle 240 ore di missione, fra andata e ritorno, 10 giorni, so di avere dormito pochissimo, a sonnellini». Della Luna che cosa ricorda? «Mi vergogno a dirlo, ma la risposta è: pochissi- ss™*»»^^ mo. Eravamo così dannatamente occupati che quasi non avevamo il tempo di guardare, di capire quello che stavamo vedendo. Neil era angosciato dalla frase che avrebbe dovuto dire appena posato il piede e si decise per il celebre "piccolo passo per un uomo" e "grande balzo per l'umanità". Io mi preoccupavo di un guasto al computer di bordo che improvvisamente si era messo a fare i capricci». La Luna era come se l'era immaginata? «No, non avevo previsto la luce senza atmosfera, per noi così innaturale. Una cosa mi si è stampata nella memoria, come ricadeva la polvere di Luna che le mie scarpe sollevavano. Dovevo guardare bene dove mettevo i piedi, e vedevo la polvere alzarsi e poi ricadere esattamente dove era prima, senza alcuna deviazione da vento. E pensavo, mio Dio, sto disturbando un mondo che è così dal giorno della creazione. Sentivo dentro Una «cosaci seguì nNon fatche eraMa la vetutti e tr luminosa llo spazio emi dire un Ufo demmo e per ore una specie di sentimento di colpa, come la profanazione di una tomba». Fu questo sentimento, tenuto allora sotto la crosta spessa dell'addestramento meticoloso, dell'eccitazione, quello che venne poi in superficie più tardi e turbò l'anima di Aldrin, come di quasi tutti gli astronauti? Di certo, il dopospazio è stato crudele con tanti di loro. Gagarin morì alcolizzato. Neil Armstrong è un eremita. Collins, il frustratissimo pilota dell'Apollo XI che orbitò paziente attorno alla Luna aspettando il ritorno dei compagni senza poter posare il piede sulla superficie, passa la vita a pescare, da solo. E Buzz Aldrin divenne anche lui una vittima del Mal di Luna, alcolizzato duro, depresso clinico, divorziato. «Non so se fu la Luna, o la mia eredità genetica a farmi cadere nella depressione. Mia madre, alcolista e depressa anche lei, si era suicidata sei mesi prima della mia partenza, perché non riusciva più a reggere la tensione dell'attesa. Io ho vinto la depressione, mi sono risposato, non bevo più da 12 anni». E che fa? «Scrivo libri di fantascienza, mi sono inventato una specie lontana, i Tiberiani e aspetto...». Che arrivino i Tiberiani? «No, che mi richiami la Nasa per andare su Marte». Alla sua età? «Scherzo, su Marte non ci andrò mai e neppure sulla Luna. Se oggi mm^^^m^mm volessimo tornare sulla Luna sarebbe necessario tanto tempo quanto ne impiegammo negli Anni 60, almeno 7 anni. Abbiamo distrutto ogni cosa». Non tutto. Restano i frammenti di Luna riportati sulla Terra. Me ne fa vedere, toccare uno? «Volentieri, se l'avessi. Non ho riportato nulla, dalla Luna e il governo non ci ha mai dato niente, neanche un frammento di quelle rocce lunari che raccolsi con tanta cura. Ne hanno distribuite a destra e a sinistra, ne hanno ancora 50 chili rinchiusi in qualche deposito statale, mai toccati. Ma a noi che ci siamo andati, niente...», sorridono malinconici gli occhi chiari, stranamente chiari, luminosi. «Lo sa che dopo il viaggio sulla Luna, mi si sono schiariti?». Un ricordo lo ha riportato indietro. Il colore della Luna negli occhi. Vittorio Zucconi Vi dirò un segreto In assenza di wc usavamo pannoloni Quello che più mi sorprese fu la sabbia che si alzava e ricadeva esattamente dove si trovava prima Rischiammo la vita per un guasto al computer Quando atterrammo il carburante era quasi finito Una «cosa» luminosa ci seguì nello spazio Non fatemi dire che era un Ufo Ma la vedemmo tutti e tre per ore y I y \ Un'immagine di Eagle il modulo lunare che sbarcò i 2 astronauti Nella foto Hasselblad Buzz Aldrin sulla Luna accanto alla bandiera Usa piantata dagli astronauti dell'Apollo XI Qui accanro Neil Armstrong e Mike Collins sull'Apollo XI assieme a Buzz Aldrin

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