«Sette anni senza mio figlio: pagate» di Claudio Cerasuolo

«Sette anni senza mio figlio: pagate» Vuole un miliardo di danni dal tribunale che le aveva tolto il ragazzo dichiarandolo adottabile «Sette anni senza mio figlio: pagate» A Strasburgo il ricorso di una madre contro lo Stato eiusriziA INGIUSTA SANTA Maria Intrieri, la madre che ha lottato per sette anni per rivedere il figlio toltole da una sentenza del tribunale dei minori, ha fatto causa allo Stato italiano davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo chiedendo un miliardo di danni. La commissione europea di Strasburgo ha dichiarato «ricevibile» il ricorso della donna, assistita dall'avvocato Alfredo Viterbo, e ha intimato al governo di giustificare quei sette anni di lontananza dal figlio, che nel frattempo era diventato maggiorenne. Due le domande poste dalla commissione europea allo Stato italiano: «La durata della procedura giudiziaria è stata conforme all'articolo 6 della Convenzione per i diritti dell'Uomo?» (è la norma che garantisce ai cittadini un processo in tempi ragionevoli). «Le decisioni concernenti lo stato di adottabilità del minore Gino Iuele hanno rappresentato una indebita ingerenza nel rispetto della vita famigliare così come ga¬ rantito dall'articolo 8 della Convenzione?». Lo Stato italiano dovrà rispondere alla corte europea entro il 22 luglio. Il caso di Santa Maria Intrieri si trascina ormai dal lontano 1987 quando una sentenza del tribunale dichiarò adottabile il figlio Gino. La donna, cuoca in una mensa di una grande azienda, separata dal marito morto nel 1981, aveva affidato i due figli, Eleonora e Gino, agli assistenti sociali perché non era in grado di badare a loro. In seguito la bambina era tornata a vivere con lei mentre Gino veniva ospitato in una comunità. In una relazione degli assistenti sociali Santa Maria Intrieri viene accusata di interferire negativamente sulle relazioni del bambino con gli educatori. Nel 1985, il tribunale dei minori riduce a una volta alla settimana il diritto di visita della madre e un anno più tardi inizia la procedura per dichiarare lo stato di adottabilità del minore. Per Santa Maria Intrieri inizia l'estenuante battaglia giu- diziaria. La donna, che ora ha più tempo, afferma di essere in grado di mantenerlo e di badare a lui, i giudici sostengono il contrario. Le danno torto anche la Corte d'appello e la Cassazione. Il 27 marzo del '92 Gino compie 18 anni, vive in un'altra famiglia, ma la madre non si arrende, presenta un ricorso al pretore «perché restituisca al ragazzo la sua vera identità». Fa causa al Comune perché faccia cadere il segreto sulla famiglia dove vive il ragazzo. Questa volta a respingere il suo appello è lo stesso Gino, che fa sapere al giudice di non voler più rivedere la madre: «E' stato portato via alla madre tanti anni fa - spiega al giudice l'avvocato Dionisio che lo assiste in giudizio - ha trovato una nuova famiglia ed ora la difende con tutte le sue forze». Ma Santa Maria Intrieri non si arrende, chiede solo di poterlo rivedere, di parlargli. Scopre che vive in un paesino del Cuneese, a Govone, fa il meccanico. Un pomeriggio riesce a vederlo, il ragazzo è turbato. Vanno insieme a cena, poi lui torna a casa, dai genitori adottivi, racconta quello che è successo, è pieno di dubbi. L'incontro lo ha sconvolto. Tre giorni dopo una telefonata: «Mamma vieni a riprendermi». Gino torna a vivere con la madre proprio quando la Cassazione si pronuncia per il secondo processo, quello davanti al pretore. Un giudizio che il tempo ha reso inutile, perché è Gino che ormai decide da solo il proprio destino. Maria Intrieri non ha dimenticato quei sette anni di sofferenza e ha citato lo Stato per danni davanti alla Corte Europea: «Voglio che siano condannati i ritardi e le inadeguatezze della giustizia italiana». Claudio Cerasuolo Santa Maria Intrieri ha lottato sette anni per riavere suo figlio

Persone citate: Alfredo Viterbo, Gino Iuele, Intrieri, Maria Intrieri

Luoghi citati: Govone, Strasburgo