Dopo San Vittore, la casa Vita da prigionieri di lusso di Francesco Grignetti
Dopo San Vittore, la casa Vita da prigionieri di lusso Dopo San Vittore, la casa Vita da prigionieri di lusso :&:S::;::-;:^:0^:\-:"^ GLI ARRESTI DOMICILIARI TROMA UTTI a casa! Ha fatto impressione, è innegabile, nell'opinione pubblica, che duemila persone siano uscite di galera in forza al decreto Biondi. Sono finite agli «arresti domiciliari». In pratica, aspettano le decisioni del giudice a casa anziché in una cella. Ed è ovvio che sia tanto più comodo. Ma si tratta pur sempre di una limitazione della libertà personale. E per questo motivo, il codice di procedura penale ne tratta sotto il titolo «Misure coercitive». PORTONE INVALICABILE. Come si vive, agli arresti domiciliari? Con molte limitazioni, è ovvio. Prima e principale condizione: non si può uscire di casa. Il codice prevede solo una scappatoia: «Se l'imputato non può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in situazione di assoluta indigenza, il giudice può autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata». E' un rapporto sulla fiducia. Il giudice fa delle prescrizioni. L'imputato, che in genere ò reduce dal carcere ed è ben contento della sua nuova situazione, le deve rispettare. Se sgarra, e se la polizia se ne accorge, rientra in galera. NIENTE TELEFONO. La seconda restrizione che generalmente un giudice impone, è il divieto di usare il telefono. L'imputato non può chiamare, né essere chiamato. Ma non è una regola tassativa. Ci sono casi di imprenditori che hanno potuto usare il telefono sin dal primo giorno di arresti domiciliari. Si possono interdire anche le comunicazioni via fax o in qualsiasi altra maniera. NESSUN VISITATORE. La principale regola che tutti i giudici impongono a un imputato che beneficia di arresti domiciliari è il divieto di ricevere visite. Sono ammessi - e regolarmente segnati sull'ordine di custodia cautelare - i famigliari conviventi e pochi altri. L'avvocato difensore, in genere. E il medico di fiducia, nel caso di persone sofferenti. I CONTROLLI. Dice il codice: «Il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, possono controllare in ogni momento l'osservanza delle prescrizioni imposte all'imputato». Di qui, controlli a sorpresa. Ma saltuari. Non si può pensare che sotto la casa di ogni imputato scarcerato possa sostare una volante. Nella realtà, in molti casi trascorre anche una settimana senza che si veda la divisa di un agente o di un carabiniere. E sono all'ordine del giorno, in ogni questura, le storie su delinquenti che approfittano degli arresti domiciliari per commettere qualche reato e poi tornare a casa come agnellini. ESTREMISMO? Gli avvocati difendono con vigore il decreto Biondi. Sostengono che è stato ribadito un principio sacrosanto. Ma c'è chi va più in là. L'avvocato Giovanni Maria Flick, difensore di molti imputati eccellenti, sostiene: «Sicuramente gli arresti domiciliari sono una forma attenuata di limitazione della libertà. Una restrizione meno traumatica del carcere. Ma non è che, per questo motivo, si possano imporre senza freni». L'avvocato Flick resta polemico, infatti, con i pubblici ministeri. «Troppo spesso ho visto, da parte dei giudici, considerare gli arresti domiciliari come un'anticipazione della libertà. Magari avevano già deciso di rimettere in libertà un detenuto, ma imponevano anche una fase di arresti domiciliari». INNOVAZIONE. Il nuovo codice, sa- lutato cone una svolta garantista, a questo proposito non inventa nulla. La custodia domiciliare era già prevista nel codice Rocco che risale al 1930. Ma si trattava di una facilitazione riservata alla donna incinta «o che allatta la propria prole», alle persone dalla salute in condizioni «particolarmente gravi», oppure a chi aveva oltrepassato i 65 anni di età. Con il nuovo codice, invece, è diventata un'ipotesi alla portata di tutti. GRATIFICAZIONE. Il pool di Mani pulite ha dimostrato quanto gli arresti domiciliari possano essere una «carota» molto convincente, dopo il «bastone» della galera. Gli inquisiti che confessavano, ottenevano gli arresti domiciliari. Al contrario di quelli come Greganti, che non parlavano. Oggi, tra i beneficiati del decreto Biondi, ci sono l'ex sindaco di Napoli Nello Polese, il finanziere romano Giancarlo Rossi, oltre a Di Donato e De Lorenzo, che si erano rifutati di collaborare con i giudici. Francesco Grignetti Non possono uscire né telefonare ma per controllarli ci vorrebbero migliaia di poliziotti f I DIVIETI •USCIRE DI CASA •RICEVERE VISITE [ECCETTO L'AVVOCATO DIFENSORE] •USARE IL TELEFONO [SALVO DIVERSA DISPOSIZIONE DEL GIUDICE] •PARLARE CON ESTRANEI ^•CORRISPONDERE VIA POSTA t: 1 i
Persone citate: De Lorenzo, Del Giudice, Di Casa, Di Donato, Flick, Giancarlo Rossi, Giovanni Maria Flick, Greganti, Nello Polese
Luoghi citati: Napoli
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