Alfredo: un mito a Torino

Alfredo: un mito a Torino Alfredo: un mito a Torino Spettacolo ad altissimo livello ovazioni per un artista-fenomeno TORINO. Cinque minuti di applausi hanno accolto l'altra sera Alfredo Kraus quando è comparso sul palcoscenico del Teatro Regio, tanto che chi fosse capitato per caso in teatro in quel momento avrebbe pensato che il concerto benefico a favore della «Unione italiana lotta alla distrofia muscolare», organizzato dalla Nuova Arca, si fosse appena concluso. Tra le grida di «bravo!» che non finivano più. una voce ha pure esclamato: «Sei il più grande!», e lui ha risposto sorridendo con un cenno, come per dire: «Aspettate almeno di sentire...». Kraus è un mito nel mondo dell'opera, ma un mito costituitosi esclusivamente per virtù intrinseca, senza acclamazioni pubblicitarie, celebrazioni giornalistiche, pacchianate in mondovisione, esibizioni planetarie. A 67 anni canta come quando ne aveva 40, presentandosi oggi come un fenomeno più tms-v»>®ìmmm& unico che raro di buona conservazione vocale. Evidentemente è una questione di intelligenza, oltre che di doti fisiche: la scelta del repertorio, la dosatura degli sforzi, la tecnica che sa trarre dalla respirazione il massimo partito con relativo dispendio di mezzi gli hanno permesso di mantenere la voce fresca e capace di reggere ancora non solo la fatica di un concerto, ma il peso di intere rappresentazioni operistiche. L'altra sera ha cantato sei arie, sempre intervallate da brani sinfonici eseguiti dalla orchestra del Teatro Regio sotto la direzione di Fabrizio Maria Carminati che ha sostituito Campanella, indisposto. Impressionante, sin dalle prime note, il recitativo dell'ultimo atto della «Lucia di Lammermoor»: la chiarezza della dizione avrebbe permesso di scrivere il testo sotto dettatura. Come tutti i grandi cantanti, Kraus sa che la melodia nasce per lo più da una attenta auscultazione della parola e che i grandi musicisti hanno trovato, come diceva Verdi, la melodia giusta e vera, recitando ad alta voce il testo sino ad isolare l'immagine musicale e tradurla in note. Il problema per il cantante è far sì che la parola non naufraghi sotto l'onda del canto, e Kraus questo problema lo risolve con bravura sovrana, anche quando la melodia si dispiega e circola nelle simmetrie ben composte della musica italiana o nel fluttuare libero, «senza forma» del canto Doti fe intella 67cantaun quar siche genza: anni come antenne francese. Tutto ciò ha una importanza determinante sulla scena perché la parola è gesto e chi pronuncia bene il testo diventa quasi automaticamente buon attore, come ben ricorda chi ha visto Kraus agire sul palcoscenico. Da questo rapporto intimo con la parola Alfredo Kraus parte per definire il suo stile vocale, ossia quel modo di trattare ogni pagina del repertorio con la raffinatezza, il controllo, la bellezza del suono, il dolce abbandono espressivo necessari per eseguire Mozart, maestro dei maestri di canto, la cui lezione storica pervade tutto l'Ottocento (ancora Berg, ai cantanti che gli chiedevano come eseguire il «Wozzek», rispondeva: «Studiate Mozart»). E' questo l'ambito di gusto e di espressione che Kraus si è ritagliato negli anni e che ha coltivato con estrema saggezza, senza mai uscire in direzioni inappropriate o pericolose. Virtuoso i . del cosiddetto canto in maschera che sfrutta le risonanze della cavità orale e dei muscoli facciali per conferire al suono le più varie sfumature, Kraus dà ad ogni nota un colorito diverso, presentando agli ascoltatori una linea ininterrotta che si accende e si spegne, si impenna e svanisce, brilla negli acuti e si adagia, voluttuosamente, nelle mezzevoci: il tutto spremendo dalla pagina eseguita il nucleo della sua essenza lirica. Non vi dico il calore delle ovazioni che già al secondo pezzo, «Che gelida manina», sembravano giunte al massimo ma sono cresciute ancora dopo le arie dalla «Artesiana», dalla «Manon» di Massenet, da «Romeo e Giulietta» di Gounod e dal «Werther». Alla fine tutto il Regio, in coro, si è messo a scandire «Al-fre-do, Alfre-do» su applausi cadenzati e alcuni hanno gridato ((Alfredo ritorna!» dopo l'esecuzione de «La donna è mobile», cantata come bis. Tutti volevamo ascoltarlo ancora, ma lui faceva cenno di no, perché l'orchestra non aveva la musica. Poi, la consegna della targa della Città di Torino da parte dell'assessore Migliasso e quella del premio Arca d'Oro da parte dell'assessore alla Regione Giampiero Leo hanno dato modo a Kraus di ringraziare il pubblico per la straordinaria accoglienza e la raffinatezza del gusto dimostrata.

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