Rex harrison Il tiranno di Portofino

Il tiranno IN di Portofino Il tiranno IN di Portofino I Sciocchezze, rispose lui ridendo, eppure lo sapeva fin da prima di sposarla sotto le stelle di Manhattan a mezzanotte. Poco dopo per la deliziosa Kay, adorata da tutti i portofinesi, s'iniziava l'ultimo atto in una clinica di Rapallo. Che rovescio di fortuna. Rex Harrison usciva dal matrimonio più felice e disgraziato della sua vita nel momento in cui finivano anche tre anni di successo in teatro con il Pygmalion di Bernard Shaw, trasformato in My Fair Lady con la giovanissima e sconosciuta Julie Andrews. In camerino, dopo lo spettacolo, Marilyn Monroe gli aveva buttato le braccia al collo, Spencer Tracy aveva bussato per esibire Frank Sinatra divertito fino alle lacrime, Louis Armstrong aveva rantolato con la sua voce cavernosa: «Hai colpito dritto al cuore di ogni nota». Persino un vecchio cinico come Charles Laughton aveva brontolato, andando a casa: «In tutta la mia esperienza di teatro ho visto solo una manciata di esibizioni all'altezza di quella di Rex. Ha fatto ridere ogni uomo in platea di se stesso e ogni donna dell'uomo accanto a lei». Poi, bastò un fiasco come The Fighting Cock e la carriera di quell'attore fascinoso andò in cenere. «Prenda i soldi finché è in tempo» gli consigliò il suo agente. E Harrison, che per il Natale del 1960 era tornato a Portofino con la quarta moglie Rachel Roberts, ospitò Rita Hayworth e accettò la sua proposta di fare insieme un film sgangherato e sciatto come Furto su misura, che sarebbe costato caro a tutti e due. Ci vollero gli asini dipinti come zebre, gli elefanti cresciuti a Londra e le seimila comparse di Cleopatra, per risollevarlo con una nomination all'Oscar. «Quando andò a Genova a sposarsi con la Rachel partì tutto compunto, vestito fumo di Londra e bombetta - ricorda il vicesindaco di allora, Antonio Nannicini che spesso vegliava sulle sbornie di Rex Harrison al bar La Gritta -. Lei era una gallese chiassosa e in materia di bere era una contesa... Lui beveva come bevono gli inglesi: più beveva e più diventava serio e silenzioso. Non tralignava, insomma. Parlava questo inglese molto "queen", molto raffinato». E aspettava un colpo di fortuna. Sapeva che a Hollywood stavano contattando vari attori per la versione cinematografica di My Fair Lady e che Cary Grant aveva risposto cavallerescamente: «Non di recitazione di John Gielgud sul tetto della villa, che insegnava a Rex a concentrarsi sull'emozione del discorso senza badare al significato delle parole, venivano interrotti dall'apparizione di ospiti che sconvolgevano la vita del paese come Greta Garbo. «Ogni qual volta appariva sul porto, per spostarsi dalla sua barca alla villa, i locali, invece di chiedere chiassosamente autografi, si alzavano semplicemente in piedi ad applaudire. Lei attraversava la piazza di corsa cercando di nascondersi...». Harrison l'accompagna¬ va sui sentieri intorno alla casa, turbato dalla sua tristezza che all'improvviso si incrinava con una nota gaia: che donna misteriosa, questa diva capace di illuminare il suo giardino tutta la notte, per poi spegnersi di nuovo in una profonda depressione. Che tutto questo sia cambiato, sparito, bruciato come l'erba al sole, il giorno che la giovane Kay Kendall fece chiamare Harrison obbligandolo a lasciare il suo tavolo al «Pitosforo» dove stava pranzando con i Windsor, è parte della leggenda, ed è la verità. Quell'incantevole ragazza inglese, con un profilo affilato come le sue battute spiritose e un'eleganza formidabile, lo avrebbe rapito con una promessa mancata. Via con lei prima a Milano, poi sulla Riviera a bordo della sua Jaguar bianca decapotabile, Rex Harrison disse addio a Lilli Palmer e sposò Kay Kendall sfidando la maledizione che si portava addosso. «Guarda che porcheria - gli disse lei due anni dopo, sfogliando una rivista italiana mentre tornavano in macchina a Portofino -, sembra che dicano che ho la leucemia». A fianco Rita Hayworth. Nella foto sopra Rex Harrison con la quinta moglie Elizabeth. In basso una passeggiata a Portofino L'arrivo nel '47, con la moglie Lilli Palmer: «Guardavo questo splendore, non avevo mai visto niente del genere» .0.

Luoghi citati: Genova, Hollywood, Londra, Manhattan, Milano, Portofino