Se Soros ruba il posto a Bertinotti e D'Alema

Se Soros ruba ilposto a Bertinotti e DAlema POLITICA ED ECONOMIA Se Soros ruba ilposto a Bertinotti e DAlema LE difficoltà incontrate dalla lira e dai titoli pubblici italiani nel corso dell'ultima settimana hanno un significato che va molto al di là della sfera finanziaria. Indicano che il governo deve fare i conti non solo con l'opposizione parlamentare, ma anche con l'atteggiamento dei mercati finanziari internazionali. Gli analisti delle grandi case di Londra e New York hanno ormai imparato a districarsi nelle complicazioni della politica italiana; sanno tutto di Di Pietro, di Borrelli, delle tangenti; valutano con estrema attenzione le notizie che scorrono sui loro monitor e parlano delle decisioni del governo o di quelle della magistratura. E le loro reazioni agli sviluppi italiani acquistano un significato quasi istituzionale. Mentre, infatti, i partiti di opposizione stanno imparando con fatica il loro mestiere, che presenta caratteristiche nuove nella Seconda Repubblica, e troppo spesso si limitano a una demonizzazione rituale del governo, i mercati finanziari sottopongono ogni atto, quasi ogni respiro del mondo politico italiano a un'analisi spassionata. E proprio per la mancanza di passione, quest'analisi acquista autorevolezza; la quotazione della lira e quella dei «futures» dei Btp divengono così parametri del quadro politico italiano, il che sarebbe stato impensabile anche solo un paio di anni fa. Questa dimensione «finanziaria» della politica italiana si è accentuata fortemente nel corso degli ultimi due mesi. Un ministro fa una dichiarazione avventata e la lira ne risente nel giro di dieci minuti. Il governo presenta la manovra economica e il mattino dopo i mercati ne danno una valutazione non teorica, ma assai concreta: si esprimono alzando o abbassando il prezzo di tutto ciò che, sui mercati stessi, porta il marchio dello Stato italiano. L'opposizione parlamentare avrebbe bisogno di molti giorni e di un gran lavoro per mettere in piedi una mozione di sfiducia; i mercati accordano di continuo un particolare livello di fiducia che può variare minuto per minuto. Ed è significativo che, dall'entrata in carica del governo, la lira abbia perso una settantina di punti contro il marco tedesco (è questo il suo vero cambio di riferimento); se mai il cambio dovesse infrangere «quota mille» ci sarebbero indubbiamente non piccole ripercus- aove I milli I men sioni sulla stabilità del quadro politico. Questa pressione dei mercati finanziari internazionali è una caratteristica del capitalismo dei nostri giorni, in cui la libera circolazione dei capitali finisce per togliere a tutti i governi nazionali un po' del loro potere sovrano. Quasi non c'è Paese che, in un momento o nell'altro della sua storia recente, in periodi di difficoltà politiche o di decisioni controverse, non ne abbia fatto le spese; basti pensare che all'attuale debolezza del dollaro non è estranea una valutazione negativa da parte dei mercati sulla forza politica del Presidente americano. L'Italia, tuttavia, si trova in condizioni particolari perché è fortemente indebitata con l'estero e dovrà indebitarsi ulteriormente se vorrà risanare i suoi conti pubblici. E il giudizio dei mercati viene a costituire, a differenza di quanto succede per altri Paesi, una sorta di garanzia di ultima istanza per la nostra democrazia; e questo non perché i mercati siano particolarmente democratici, ma perché sono convinti che se l'Italia venisse a costituire un'anomalia nel campo delle democrazie occidentali, la sua economia ne sarebbe penalizzata. E qualsiasi indizio, anche minuscolo, che l'Italia si stia muovendo in quella direzione induce a vendite di lire e di titoli dello Stato italiano. Non è quindi sufficiente che il governo convinca l'opinione pubblica, deve convincere i mercati. Non basta il ministro Ferrara che tiene i rapporti con il Parlamento; i comunicati e le valutazioni del Tesoro sono indispensabili per tenere i rapporti con i mercati. In questa situazione, si può affermare che il vero capo dell'opposizione non sia l'on. Massimo d'Alema, segretario del pds, ma il signor George Soros, il grande finanziere divenuto quasi l'uomo-simbolo delle più importanti operazioni finanziarie degli ultimi tempi; e che l'opposizione non sia composta di pidiessini, rifondatori, popolari, pattisti. La costituiscono, invece, quelli che una volta si chiamavano gli «gnomi di Zurigo», e cioè la folla anonima dei tesorieri delle grandi società, dei gestori dei fondi d'investimento, dei responsabili delle società finanziarie. Il consenso di tutti questi signori è oggi forse ancora più necessario del consenso di senatori e deputati. Mario Deagli ilio |

Persone citate: Bertinotti, Borrelli, Di Pietro, George Soros, Mario Deagli, Politica, Soros

Luoghi citati: Ferrara, Italia, Londra, New York