Grande guerra di false notizie di Maurizio Assalto

E I Ricordi dello storico francese, soldato nel 14-'18, fra angoscia e voluttà Grande guerra di false notizie Marc Bloch, esperimento al fronte E CCO l'alba del mese di agosto 1914». In piedi nel corridoio di un treno che sferragliava verso Parigi, il sergente deU'Armée si ripeteva a mezza voce queste parole «in sé perfettamente insignificanti» e tuttavia «gravide di un senso temibile e nascosto», mentre le prime luci striavano di rosa l'orizzonte. Era l'alba di un nuovo giorno, l'alba di un nuovo mese, l'alba di un lungo sconvolgimento che stava per squassare l'Europa. Una dopo l'altra le nazioni si dichiaravano guerra, cominciava il primo conflitto mondiale della storia. Il sergente francese - alsaziano, per la precisione, di origine ebraica - era Marc Bloch. Bloch lo storico, il grande medievista delle Annaìes (la prestigiosa rivista che avrebbe fondato nel 1929 con l'amico Lucien Febvre); ma anche il patriota che un quarto di secolo più tardi sarebbe tornato volontario a combattere in difesa della Francia sbranata da Hitler (dall'esperienza avrebbe ricavato La strana disfatta. Una testimonianza scritta nel 1940), e che sotto il regime di Vichy si sarebbe arruolato nelle file della Resistenza finendo col pagare il prezzo più alto: catturato e torturato, venne fucilato il 16 giugno '44, giusto 50 anni fa. Non tutti i grandi storici sono come l'ateniese Tucidide, il maestro di tutti, che eletto stratega, durante la guerra del Peloponneso, si distinse così negativamente da guadagnarsi l'esilio. Ma Bloch, nel 1914, non era ancora consacrato. In quel fatale inizio d'agosto aveva 28 anni, faceva l'insegnante al liceo di Amiens ed era stato appena richiamato sotto le armi: 272° reggimento di fanteria, 18a compagnia, 4° plotone. La Grande Guerra se la sarebbe fatta tutta, sul fronte occidentale, da sergente a capitano, con due ferite leggere e quattro menzioni, e con due intervalli soltanto: il primo in ospedale a causa di una febbre tifoide, fra il gennaio e il giugno 1915, e il secondo in Algeria, dove il suo reggimento era stato temporaneamente distaccato, fra il dicembre 1916 e il marzo 1917. Fu in quei periodi di forzato riposo e di vita «un po' vuota» che Bloch pensò di «fare appello al passato per riempire il presente» e riprese in mano i quaderni in cui di giorno in giorno aveva annotato quel che vedeva al fronte. Nacquero così quei Souvenirs de guerre - a lungo trascurati perché l'eroica morte dello studioso nel secondo conflitto mondiale ha sospinto in secondo piano la sua esperienza di soldato nel ' 14-' 18 - che soltanto 25 anni fa sono stati pubblicati in Francia, e che l'editore Donzelli propone ora, con l'aggiunta di un'importante scritto metodologico, in un volume intitolato La guerra e le false notìzie. Ricordi (19141915) e riflessioni (1921). Sono pagine palpitanti di emozioni e di sensazioni e di una sete inesausta di vita. Ricordi trascritti «prima che il tempo ne cancelli i colori, oggi molto freschi e vivi». Il quadro che gli presenta Parigi nei primi giorni di mobilitazione è una delle immagini più belle che gli lascia la guerra: «Per strada, nei negozi, sui tram le persone parlavano tra loro famigliarmente; e la generale benevolenza si traduceva in gesti o in parole, spesso puerili e goffi, e tuttavia commoventi. Gli uomini per lo più non erano allegri; erano risoluti, il che è meglio». Tutto è traboccante di significato, in quei giorni, tutto indimenticabile. Il tragitto su un carro di ortolani, immobilizzato fra i cesti di verdura: «L'odore sano e un po' acre dei cavoli e delle carote evocherà sempre in me le emozioni di questa partenza mattutina: entusiasmo e stretta al cuore». Le prime giornate riempite dalle «piccole incombenze del servizio di acquartieramento», con «il sole, i piaceri bucolici - pesca, bagni nel fiume, sieste sull'erba». L'incontro con una gentile contadina: «Potrò mai dimenticare le due tazze di caffè che mi diede? (...) No, per quanto a lungo possa io vivere, mai bevanda potrà procurarmi voluttà più forte di quelle due tazze di "brodaglia"». La vita è arraffata a piene mani, goduta molecola per molecola, fin nelle particelle elementari, fin negli intimi recessi. E' una voracità onnivora, una forma di sensibilità potenziata e straordinariamente affinata che gli fa assaporare le «prugne squisite» di Larzicourt, sulla riva destra della Marna, come le carni cucinate al fronte nel bosco della Gruerie («non ho mai mangiato arrosti al burro migliori»); il fumo della legna che brucia, «il cui odore agreste era buono da respirare», come le delizie delle notti esti¬ ve all'addiaccio in un bosco, quando «il riparo delle foglie toglie all'aria aperta ciò che può avere di troppo pungente e il loro odore appena percettibile profuma leggermente le brezze fresche che vengono ad accarezzare il viso di chi dorme». Fra i soldati serpeggia Inattesa febbrile», la voglia di agire: «Ci era stato detto che stavamo per penetrare nel Belgio. Non dimenticherò mai la gioia degli uomini a questa notizia». Ed ecco l'annuncio del comandante: «State per combattere. E' tanto che lo desiderate». Non sono solo delizie, naturalmente. C'è la fatica, il fango, il disagio delle lunghe ore in trincea, distesi a terra, con i crampi, coricati su un compagno che si lamenta per il male e che in quei momenti si detesta di tutto cuore. C'è la paura: «I volti degli uomini che aspettano la morte e la temono non sono belli a vedersi». Ci sono le pallottole delle mitragliatrici che «ronzano tra i rami come sciami di vespe», le detonazioni delle bombe che «scuotono l'aria, seguite dal canto che fanno le schegge quando ricadono dopo l'esplosione». E la morte vista in faccia, l'amico con la testa scoppiata: «Metà del volto pendeva come un'imposta i cui cardini non reggono più e si vedeva l'interno della scatola cranica, quasi vuota». Ma, a dispetto di tutto, Bloch e i suoi compagni sono contenti. Come all'alba dell'11 settembre 1914. «Contemplavo non senza un segreto piacere la mia borraccia aperta da un largo squarcio, il mio cappotto bucato da proiettili che non mi avevano ferito, mi tastavo il braccio indolenzito ma dopo tutto intatto. All'indomani di grandi massacri, la vita sembrava dolce. Si indigni chi vuole di tale egoistica contentezza». E poi non è solo egoismo: «I tedeschi indietreggiavano (...). Capivo poco della battaglia. Era la vittoria della Marna. Non avrei saputo darle un nome. Cosa importava? Era la vittoria (...). La gioia mi faceva battere il cuore, quel mattino, nella piccola valle della Champagne, arida e devastata». Che esperienza, la guerra: il sergente Bloch ne approfitta per mettersi alla prova come uomo, e mettere alla prova la sua qualità di studioso. Allo stesso modo di Tucidide, ha avuto l'opportunità di partecipare al conflitto oggetto della sua historie. Questo privilegio gli impedisce però ogni possibilità di verifica e di allargamento del suo punto d'osservazione. Ripetutamente nei Souvenirs risuona il lamento per l'ignoranza totale di ciò che avviene altrove, poco più in là, e la sofferenza atroce che ciò procura. Ma questo limite, come si legge nell'introduzione di Maurice Aymard, è trasformato nello «strumento con cui dar forza alla propria testimonianza, la quale vale proprio in quanto l'autore ha accettato di non dire niente che non abbia personalmente visto e vissuto». E' nei mesi vissuti al fronte, fra voci confuse e contraddittorie, che Bloch corregge l'iniziale fiducia positivistica nella possibilità di accertare la verità di un fatto attraverso il vaglio delle testimonianze. Capisce che deve porsi al di là dell'alternativa fra vero e falso, o fra realtà e rappresentazione. E la nuova consapevolezza storiografica, alimentata dalla psicologia sociale di Durkheim, si traduce nelle Riflessioni di uno storico sulle false notizie dellaguerra, il saggio del '21. Tutto il Bloch successivo è già qui. La vita dell'umanità è piena di false rappresentanzioni - sempre preesistenti alle false notizie - che nondimeno hanno mosso i popoli, provocato accelerazioni o brusche retromarce: si tratti dell'antica credenza nel potere dei re francesi e inglesi di guarire gli scrofolosi, o del rincorrersi di leggende sul vagheggiato avvento dei russi a dar man forte all'Intesa, durante la prima guerra mondiale, ogni rappresentazione collettiva, in quanto agente psicologico, è dotata di una realtà storica che non può essere ignorata. Non basta smascherare le false notizie, bisogna capire come nascono e si sviluppano e come agiscono nella realtà effettuale. Compito difficile, quasi impossibile, perché nel campo della psicologia storica le prove sperimentali sono precluse. «Ma ecco che in questi anni si è prodotta una sorta di vasto esperimento naturale. Tale, infatti, si può considerare la guerra europea». Bloch si pone davanti al conflitto come se fosse un gigantesco laboratorio in cui simulare condizioni di vita anacronistiche e attuare una sorta di regressione arcaica. Non è cinismo. E' la lezione dei grandi storici: l'immersione nel presente come via d'accesso a una più profonda comprensione del passato. Consolarsi degli orrori bellici rallegrandosi del loro interesse sperimentale, ammette Bloch, «significherebbe mostrare un dilettantismo di dubbio gusto». Ma, è la considerazione conclusiva, «poiché la guerra ha avuto luogo, occorre utilizzare i suoi insegnamenti per il bene della nostra scienza. Perciò affrettiamoci a trarre profitto da un'occasione che dobbiamo sperare unica». La speranza andò delusa, ma il profitto venne presto: tre anni dopo le Riflessioni, Bloch pubblicò 1 re taumaturghi, la sua opera più celebrata. Maurizio Assalto «E' un'occasione unica Utilizziamo i suoi insegnamenti per il bene della nostra scienza» La vita è arraffata a piene Marc Bloch in uniforme da sergente dell'esercito francese, nell'agosto 1914. A lato soldati sotto il fuoco delle granate durante la battaglia della Marna

Luoghi citati: Algeria, Amiens, Belgio, Europa, Francia, Parigi