Tradimento sul delta del Po

polemica. Sta per scadere il termine per istituire il parco. e il Parlamento rinvia polemica. Sta per scadere il termine per istituire il parco. e il Parlamento rinvia Tradimento sul delta del Po Un progetto e trent'anni di IL nuovo ministro dell'Ambiente, Altero Matteoli, gran cacciatore e avvolto da un'aureola non propriamente verde, promette 100 mila posti di lavoro nel risanamento ambientale e nei parchi, ma intanto i deputati della maggioranza decidono di rinviare al 31 dicembre 1995 la nascita del parco nazionale del Delta del Po. Proprio quello che potrebbe offrire più occupazione nel turismo. I parchi della Camargue, del Delta del Guadalquivir, del Reno, del Danubio, del Volga, affascinano milioni di visitatori. Quello del Delta del Po ha qualcosa in più, l'archeologia e la storia (da Spina a Ravenna, a Pomposa) all'interno e ai bordi di un mondo d'acque ferme, racchiuse e suddivise da dune sabbiose, lingue di terre verdissime su cui spuntano i tipici casoni, bracci di fiume, canneti. Voli di anatre e migliaia, eleganti cavalieri d'Italia. Improvviso come una presenza inaspettata, il gran Bosco della Mesola, popolato da daini e cervi. Dopo trent'anni di polemiche sul progetto di parco del Delta, sembrava cosa fatta. Non un parco nazionale, ma un parco interregionale. Veneto ed Emilia Romagna avrebbero dovuto accordarsi per la sua creazione effettiva entro il 30 settembre; scaduto il termine lo Stato avrebbe istituito per suo conto il parco nazionale. I deputati della maggioranza hanno invece allungato i tempi al 31 dicembre dell'anno prossimo. Perché? La disputa è stata accesa. Vittorio Emiliani, deputato progressista: «Erano già stanziati dieci miliardi, l'occasione di creare un parco straordinario non deve essere perduta per l'opposizione di un pugno di cacciatori e di speculatori edilizi». Riccardo Perale, di Forza Italia: «Siamo di fronte a una brutale manovra politica, vi è chi intende istituire il parco contro la volontà delle popola¬ zioni». Il deputato verde Massimo Scalia. «Nessuno vuole conculcare alcunché. Il rinvio di un anno e mezzo è motivato da basse preoccupazioni elettoralistiche e dalle pretese di alcuni esponenti locali che affermano di non volere assolutamente il parco». Vanni Tonizzo, della Lega Nord: «La nostra gente è totalmente contraria. Prima discutiamo delle possibilità di sfruttamento turistico ed economico. Certe decisioni non si possono imporre alla gente per decreto». Immancabilmente si riaccende la disputa sulla caccia, praticata dalle barche e nelle botti per antichissima tradizio¬ ne. «La caccia in botte, nelle valli venete del Delta, è anche una grossa fonte di reddito. Corre voce che l'affitto di una. sola botte renda al proprietario 80-100 milioni l'anno», mi dice Gian Luigi Ceruti, uno dei «padri» della legge quadro sui Parchi approvata nella passata legislatura, ora presidente della Consulta Tecnica che dovrebbe orientare il ministro dell'Ambiente nella scelta e nella crea-ì zione di aree protette («ma non abbiamo neppure una sede fissa a Roma»). Per quanto radicata nel costume e nella cultura materiale del Polesine, la caccia non può spiegare da sola un'opposizione al parco che è durissima e non da oggi. «C'erano altre mire, di tipo speculativo. Si parlava di una Venezia-2 nel Delta, di una Disneyland nei pressi dell'Abbazia di Pomposa, curiosamente battezzata Millenium, all'americana», ricorda Vittorio Emiliani. «Poi la crisi economica ha congelato tutto. Ma le attese speculative restano, e così le pressioni dei cacciatori». Eppure già nel settembre dello scorso anno la Regione Veneto e la Regione Emilia-Romagna si erano accordate con lo Stato, all'interno di una commissione paritetica, per stabilire provvisoriamente i confini del parco e le misure di salvaguardia. Ora si ricomincia tutto da capo. Il parco del Delta non avrebbe dimensioni tali da invadere zone molto popolate e coltivate. Il progetto originario, scaturito dai convegni di «Italia Nostra» a Pomposa e Comacchio tra il 1968 e il '70 (ne era caldissimo sostenitore Giorgio Bassani, allora presidente), si limitava a una fascia costiera piuttosto stretta, da Rosolina Mare (a Sud di Chioggia) a Porto di Levante, Pila, Goro, Lido di Volano, comprendendo il Bòsco della Mesola. La fascia scendeva poi da Comacchio, con la valle da pesca, alla pineta di Ravenna. Evidentemente è passato un quarto di secolo senza ottenere il consenso degli amministratori locali che si sono succeduti e dei loro elettori. Soltanto colpa dei cacciatori in botte? Non è forse vero che è mancata una seria ed efficace opera di informazione sui vantaggi del parco, non soltanto sui vincoli? Non sono forse mancate iniziative concrete che confermassero nei fatti i benefici promessi, altrimenti poco credibili da popolazioni soggette a una assidua propaganda anti-parco? «E' vero, tutto questo è mancato da parte dello Stato e delle Regioni», ammette Gian Luigi Ceruti, e il discorso vale per altri parchi nazionali che provocano ostilità. Tipico caso quello delle Alpi Marittime. Doveva essere uno dei più importanti d'Italia: 80 mila ettari, dallArgentera al Mondolé e, a Sud, dal Marguareis ai monti dietro Sanremo. Ricorda Ceruti: «In Parlamento ci fu un'opposizione feroce. Il parco non comparve nell'elenco della legge-quadro. Presentai un emendamento per reintrodurlo, fu respinto». Anche in questo caso non si può riversare tutta la colpa sui cacciatori, benché nelle Alpi Marittime oggi abbondino i camosci (pare che siano migliaia) e non sia raro l'incontro con gli stambecchi. E' stato fatto poco o nulla per far sapere cosa sarebbe il parco nazionale, quali limiti e vincoli imporrebbe, quali vantaggi porterebbe. Non se ne conoscono neppure i probabili confini. Gli ambientalisti e i passati ministri dell'Ambiente dovrebbero riconoscerlo: si è troppo teorizzato di parchi, non riuscendo a rendere concrete e credibili le promesse di benefici economici per le popolazioni coinvolte. Sulla carta abbiamo ben 13 nuovi parchi nazionali, aggiunti ai cinque «storici», ma pochi hanno un'esistenza effettiva. «Citerei il parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi, quello della Val Grande in Piemonte», dice Gian Luigi Ceruti. Il massimo esempio negativo è quello dellArcipelago Toscano. «Un parco nazionale istituito in fretta, allo sbaraglio. Non è ancora definita la perimetrazione, non esiste un ente di gestione e perciò non possono arrivare i fondi promessi. E il nuovo ministro non firma quel che occorre per completare l'attuazione dei parchi, addirittura vorrebbe reintrodurre la caccia». Ecco il grande interrogativo: che farà Altero Matteoli, come impiegherà i 3200 miliardi che sono rimasti nelle casse del ministero dell'Ambiente? Mario Fazio Matteoli promette, ma come impiegherà i 3200 miliardi? <ip Archeologia, storia, fauna e flora: turismo e posti di lavoro sacrificati mette, gherà iardi? <ip Archeologia, storiturismo e posti di lTradimUn proge■ l'i " vi ttorio Emiliani e Altero Matteoli A destra: pescatori del Delta Il campanile dell'Abbazia di Pomposa sul Delta del Po