Slittando "per inerzia" nello spazio

Slittando "per inerzia" nello spazio Slittando "per inerzia" nello spazio La tv commenta: "E' una meraviglia, magari le ferrovie andassero così,, (Dal nostro inviato speciale) Cape Kennedy, 16 luglio. A ottomila chilometri orari, tre americani viaggiano verso la Luna. La grande avventura è cominciata, l'uomo ha spiccato il suo primo balzo verso le profondità cosmiche. L'inizio è stato perfetto: perfetto il decollo, perfetto l'inserimento nella traiettoria lunare, perfetto l'aggancio del modulo per la discesa sul satellite. Dalle 9,32 del mattino — le 15,32 italiane — fino a questo istante, 1 »inquc milioni di pezzi e congegni che compongono l'« Apollo 11 » hanno obbedito, senza una bizza, al « con.puters » di Cape Kennedy e Houston. Non siamo che al dodicesimo anno dell'era spaziale. Ma Neil Armstrong, Edwin Aldrin e Michael Collins già navigano sicuri come marinai su un oceano. Lasciati alle spalle i tre stadi del razzo et Salumo ». !'« Apollo » si allontana dalla Terra a velocità decrescente. Dopo l'impennata iniziale di quasi 39.000 chilometri orari all'imboccatura della traiettoria lunare, l'astronave, affrancatasi dalla nostra forza di gravità, avanza « per inerzia » verso la mèta. Mentre cala la notte, i tre pionieri sono a 120.000 km. dalla Terra. Sulla prua della capsula s'erge, come una polena, il Lem, la scialuppa per lo sbarco lunare di domenica. Fra Lem, modulo di comando — dove sono gli astronauti — e modulo di servizio. Va Apol¬ lo » pesa adesso sulle 50 ton nettate, circa come la « Nino», la più piccola delle caravelle di Colombo. Con l'« Apollo 11 » gli Stati Uniti sono giunti al loro ventunesimo volo « umano »; ma, come ogni altra volta, anzi maggiormente, per la storicità dell'evento, non è mancata la tensione. « Per quanti progressi si siano fatti — ri corda il direttore della Nasa —, il decollo di un "Saturno" presenta ancora vari rischi » Folla eccitata Cape Kennedy, con il suo sole, le sue palme, le sue brezze tropicali è un palcoscenico singolare per queste drammatiche imprese. Lo èra ancor più stamane, con le cittadine costiere affollate di turisti e di curiosi, le strade e gli alberghi stipati di visitatori americani e stranieri. Era una lieta lolla (si parla di un milione di persone) unita e eccitata dalla consapevolezza di partecipare all'inaugurazione di una nuova èra, l'èra interplanetaria. Nel poligono, ma ad alcuni chilometri dalla piattaforma di lancio, sedevano gli ospiti d'onore, i vip, l'ex presidente Johnson, il vice presidente Agnew. senatori, deputati, sindaci, ambasciatori, industriali, scienziati. Le rapide immagini della televisione hanno già mostrato al mondo quella che lo scrittore • astronomo Arthur Clarke ha .chiamato « la partenza per il futuro ». Ma sono momenti che vale la pena di ricordare. Il ciclopico obelisco — 110 metri fra « Saturno» e « Apollo » — immobile sulla piatta/orma, con i tre astronauti nella capsula; il rapido passare prima delle ore, poi dei minuti, infine dei secondi: il commentatore televisivo che ricorda: <t Ciò cui assistete è 11 frutto di 25 miliardi di dollari e opera di oltre 400.000 uomini. Il solo lancio odierno costa 69 milioni di dollari ». Ignition, l'accensione, un boato che scuote la terra, i primi tre miti e il colosso s'innalza, con la sua coda di fiamme e di lumo. I cinque motori del primo stadio (peso: 2396 tonnellate) consumano ogni secondo quindici tonnellate di carburante — cherosene e ossigeno — con una spinta complessiva di tre milioni 375.000 chili Breve ne è la vita, 150 secondi. A 61 chilo metri di quota, raggiunti i 9600 chilometri orari, si stacca, scompare. Si accende subito il secondo stadio. Azionato da cinque motori, alimentati da idrogeno e ossigeno liquidi, con una spinta di 500.000 chili, porta l'« Apollo » a 182 chilometri di altezza e ad una velocità di 22.000 km orari. Sei minuti e si separa. « Tutto funziona», riferisce Armstrong. E' la volta del terzo stadio, dotato di un unico motore, ma più che sufficiente per l'alleggerito veicolo. Moltipllca la velocità a 28.000 chilometri orari e, undici minuti dono il decollo da Cape Ken¬ nedy, inserisce se stesso « Vt Apollo » in un'orbita terre stre a 184 chilometri nell'ai mosfera. Operazione impecca bile. Il telecronista grida: « E una meraviglia. Se solo riuscissimo a far funzionare cosi le ferrovie... ». «Tutto o. k.» « Parcheggiati » attorno alla Terra, Armstrong, Aldrin e Collins studiano se il vascello abbia subito danni durante il violento, rapido strappo dal suolo. Si consultano con il Mission control center (dopo il lancio, la direzione del volo passa da Cape Kennedy a Houston), esaminano il « pannello di controllo », con i suoi 566 interruttori, le sue 71 luci e i suoi 64 strumenti. Everything's o.k., tutto a posto, in/orma Armstrong.' <t E" reno », dice Aldrin. Alle 12.16 — le 18.16 italiane — a metà della seconda orbita, scattava l'atteso comando: « You are | go for TU », potete partire per i ni, una sigla ormai famosa. ' Translunar lnjectlon, / computers di Houston hanno calcolato la traiettoria per la Luna, è giunto il momento d'inserirvisi. Veniva riacceso il terzo stadio e, in pochi secondi, V* Apollo » giungeva alla e velocità di fuga» dalla gravitazione terrestre, quasi 39.000 chilometri orari. Alle 18,57 Italiane, Armstrong, Aldrin e Collins erano già in deep space, nello « spazio profondo: Col passare di ogni minuto, la Terra diveniva sempre più piccola. Alle 18,57, dopo il decollo e la TU, cominciava la terza complessa manovra della giornata. Il terzo stadio aveva in cima un contenitore — il « lunar module adapler » — entro cui era rinchiuso il Lem. Con un pulsante, Armstrong faceva saltare i bulloni espio siiti che univano la capsula allo stadio, rendendo cosi possibile l'accesso al veicolo lunare: quindi, girava l'Apollo di 180 gradi, s'avvicinava al Lem, vi si agganciava — ecco il famoso « docking » — e lo estraeva. Il « treno spaziale » assumeva così un nuovo aspetto. A prua, il Lem, battezzato EegJe, aquila: indi, la Columbia, ossia il complesso costituito dal modulo di comando e dal più massiccio modulo di servizio. L'Apollo farà una altra piroetta-di 180 gradi in orbita lunare ponendo l'nAquila» a poppa, affinché possa meglio calare sul satellite. La galoppata Gli astronauti sembrano in ottima forma. I pochi e laconici messaggi giunti finora indicano buon umore e ottima salute. « Si è galoppato bene sul Saturno», ha detto Armstrong. U comandante riferiva inoltre: « Sulla mia sinistra, vedo tutto l'America. Gli Stati Uniti, fino all'Alaska. Cuba, il Messico e parti dell'America Latina. Vedo anphe il Polo Nord. Vedrei ancora di più, ina lo spazio del finestrino è insufficiente ». Terminalo U < docking », gli esploratori si appresta¬ vano alla « traversala » spaziale, in attesa di affrontare, tra domenica e lunedi, lo sbarco sulla Luna. Il modulo di comando è assai angusto (metri 3,90 di diametro, 3,65 di altezza, con un volume di 8,50 metri cubi, del quali 5,95 abitabili). Se vogliono un po' di spazio per allungare le gambe, I viaggiatori devono muovere una delle tre cuccette. Tolte le pesanti, tute spaziali, sono nelle più comode « combinazioni di volo ». Dormono tutti insieme: affinché chi è desto non disturbi gli altri. Mentre il trentottenne Armstrong, il trentanovenne Aldrin e il trentottenne Collins (quanto giubilano in questi giorni i quarantenni americani!) solcano l'oscuro oceano spaziale, scienziati di vari Paesi attendono, impazienti, di vedere, toccare e analizzare il loro « bottino lunare ». Le cifre sul peso degli esemplari geologici che i pionieri dovrebbero raccogliere sut satellite variano di giorno in giorno: prima si parlava di venti chili, poi di ventiset. oggi addirittura di cinquanta. Vi è una sorpresa interessante. Uno scienziato svizzero ha dichiarato a Cape Kennedy che Armstrong « oltre a riportare un po' di Luna dovrebbe riportare anche un po' di Sole», o più precisamente un miliardesimo di oncia di Mario Ci rie Ilo (Continui a pagina 2 nona colonna)

Luoghi citati: Alaska, America, America Latina, Columbia, Cuba, Houston, Messico, Stati Uniti