La sfida di Shoemaker di Piero Bianucci

La sfida di Shoemaker La sfida di Shoemaker Cacciatore di asteroidi con l'aiuto della moglie COME tutte le comete, anche questa che pezzo dopo pezzo sta precipitando a 220 mila chilometri all'ora sul pianeta Giove porta il nome dei suoi scopritori: Shoemaker e Levy (un dilettante di astronomia che la individuò indipendentemente). Shoemaker è il maggior studioso di impatti cosmici dovuti ad asteroidi e comete. E tra le decine di nuove comete «normali» che ogni anno sbucano dal buio dello spazio, quella da lui stanata nel marzo '93 ha avuto la sorte di trasformarsi nella raffica di proiettili che stanno bersagliando il maggior pianeta del sistema solare. La storia di Eugene Shoemaker è singolare. Nato nel 1929, di formazione è geologo, e infatti ha lavorato per molti anni allo United States Geological Survey. In astronomia è un autodidatta, benché poi sia passato a un alto professionismo. La svolta avvenne nel 1982, quando all'Osservatorio di Monte Palomar fondò una sezione per lo studio degli asteroidi, in un tempo in cui questi pianetini e le loro cugine, le comete, erano ancora un po' snobbati dagli astronomi in carriera. Dal cielo della California, con un modesto telescopio da 45 centimetri e l'aiuto della moglie Carolyn, incominciò a scovarne un gran numero. Nel Novecento i coniugi Shoemaker hanno scoperto più comete di chiunque altro. Finora, Carolyn, 64 anni, se ne è aggiudicate 28. Shoemaker arriva all'astronomia attraverso lo studio dei crateri terrestri. Questi, nella grande maggioranza, sono di origine vulcanica. Alcuni, però, sono «ferite» aperte da proiettili cosmici. Per convincersi di questo fatto ci sono voluti decenni di studi e di polemiche. Il caso più noto è quello del Meteor Crater, in Arizona: una scodella larga 1265 metri e profonda 174 scavata nel deserto. Esaminato da Grove Karl Gilbert alla fine del secolo scorso, il cratere fu ritenuto vulcanico. Di altra idea era l'ingegnere minerario Daniel Barringer, che nel 1902 visitò il cratere e finì con l'acquistarlo, convinto che vi avrebbe trovato sotto, come residuo del meteorite, una grande massa di ferro quasi puro, del valore di 500 milioni di dollari. Barringer non ebbe fortuna: morì nel 1929 senza - vien da dire - aver toccato ferro. Le trivelle, giunte a 400 metri di profondità, si spezzavano per l'eccessiva durezza del sottosuolo. Il cratere però appartiene ancora alla sua famiglia, che oggi ne ha fatto un museo naturale visitato da migliaia di turisti. Molto prima, negli Anni 50 ci capitò uno studente di geologia, quell'Eugene Shoemaker che già conosciamo, e riuscì a dimostrarne definitivamente l'origine meteoritica. Allora si conosceva un solo corpo celeste crivellato di crateri: la Luna. E anche lì si discuteva se fossero vulcanici o causati da impatto. Poi sono venute le sonde spaziali a dimostrarci che i crateri da impatto non sono una singolarità della Luna ma la regola del sistema solare: ce ne sono a migliaia su Mercurio, su Venere, su Marte, su tutti i satelliti di Giove, Saturno, Urano e Nettuno, sugli stessi asteroidi. E sulla Terra. Il sistema solare ha alle spalle una storia violenta, soprattutto nel lontano periodo della sua formazione, 4,5 miliardi di anni fa. Ma anche adesso le collisioni sono eccezionali soltanto sulla scala dei tempi umana (un evento come quello che sta verificandosi si ripete al massimo ogni mille anni), ma non su quella dei tempi geologici. Oggi Shoemaker è un simpatico sessantacinquenne con pochi capelli e baffetti. Si batte per far nascere un sistema mondiale di sorveglianza degli asteroidi che minacciano di scontrarsi con la Terra. Cosa saggia. Un oggetto che precipiti sulla Terra a 16 chilometri al secondo ha una energia 25 volte superiore a quella che avrebbe una uguale massa di tritolo. Piero Bianucci

Luoghi citati: Arizona, California