Verso un'Italia senza italiani

Verso un'Italia senza italiani Verso un'Italia senza italiani SIAMO sospesi tra due baratri: il vuoto occupazionale e il vuoto di giovani che il declino demografico apre nel nostro futuro: nel '95 ci saranno più sessantenni che ventenni. Questo «caso Italia» è stato documentato giovedì scorso nella sede centrale del Cnr a Roma con la presentazione del terzo Rapporto dell'Istituto di ricerche sulla popolazione, curato da Antonio Golini. Lo studio fa il punto della situazione alla luce dei dati europei e del censimento del '91. Le sfide da vincere sono due: creare lavoro e rilanciare la natalità. La disoccupazione (nel 1993 in Italia sono stati cancellati 650 mila posti di lavoro; nell'Europa comunitaria i senza lavoro erano 17 milioni al 31 dicembre 1993) non è congiunturale e la ripresa economica non basterà a determinare scenari occupazionali migliori degli attuali. Servono soluzioni inedite e coraggiose. La connessione tra i due problemi può essere formulata anche in questo modo: la soluzione di uno dei due non deve rendere più complicata la soluzione dell'altro. Se le scelte, più o meno innovative, nel settore occupazionale avranno effetti deprimenti sulla natalità i guai aumenteranno in modo forse irreparabile: se invece produrranno effetti di rilancio, il futuro apparirà meno rischioso. Evitare i primi e accrescere i secondi: ecco delle ragioni per invitare il demografo al «tavolo delle trattative», al dibattito sulla crisi e sugli scenari occupazionali, che coinvolge economisti e parti sociali. I demografi e la crisi, i demografi e gli scenari occupazionali. Cominciamo dal primo punto. In che modo la crisi, la peggiore dal dopoguerra ad oggi, è intervenuta a livello demografico nel nostro Paese già detentore di uno dei più bassi tassi di natalità al mondo? Massimo Livi Bacci, docente di demografia dell'Università di Firenze, usa toni rassicuranti. L'interazione tra la fase recessiva e le dinamiche demografiche di lungo periodo non peggiorerà una situazione che rimane grave. «Le conseguenze demografiche di crisi economiche a carattere congiunturale, di breve periodo, sono di portata e durata generalmente limitate. Nel caso attuale, la crisi può tradursi in un rinvio di programmi: il ritardo di un matrimonio, di una nascita desiderata, del cambio di casa o di residenza - attenuando, in maniera passeggera, nuzialità, natalità o mobilità interna. Passata la crisi, ai ritardi subentrano dei recuperi, ma il gioco di ritardi e recuperi non altera le tendenze di fondo». Antonio Golini, direttore del¬ l'Istituto per le ricerche sulla popolazione del Cnr, è cauto. Conferma però un leggero calo della natalità. Il numero medio di figli per donna tende a scendere sotto 1,26: il più basso del mondo, secondo il Rapporto del Cnr. In Europa siamo a 1,55, che è pur sempre inferiore del 25 per cento al tasso che garantirebbe la crescita zero della popolazione. La crisi, per quanto grave, non sembra allarmare troppo i demografi. Le parole profetiche - «Non più nascite, non più gravidanze né concepimenti» - riprese qualche mese fa dall'episcopato italiano per protestare contro il nostro primato negativo delle nascite, paiono più polazione. Passiamo al secondo punto: il rilancio dell'occupazione. Non vi è ancora una ricetta sicura ma un dibattito aperto. Ci vorranno più cose. La creazione di nuovi prodotti/esigenze, grandi investimenti in infrastrutture e una riorganizzazione del mercato del lavoro introducendovi forti dosi di mobilità e di flessibilità. Sull'efficacia economica ed occupazionale di tutto quanto rompa la rigidezza del mercato del lavoro non ci sono dubbi, ma interroghiamoci sulle conseguenze della mobilità, sui comportamenti demografici che adotteranno i «lavoratori flessibili». Le incertezze indotte dalla «flessibilità» non indurranno a un comportamento riproduttivo ancora più prudente? Golini ritiene che andrà tutto bene. «Siccome un unico lavoro per la vita diventerà sempre meno frequente (e sempre meno desiderato) la flessibilità e la mobilità dovrebbero poter giocare, nei confronti dei lavoratori, anche un ruolo positivo in termini di sicurezza. Per due motivi: uno, minore, per il fatto che i giovani avrebbero la possibilità di percepire redditi (sia pure precariamente) che consentano di pianificare meglio la loro vita fra i 20 e i 30 anni; secondo, e ben più importante, per il fatto che la flessibilità potrebbe portare a una ben maggiore razionalizzazione ed efficienza del mercato del lavoro e quindi a un più veloce ricambio e a minore disoccupazione. In questo ultimo caso la sicurezza verrebbe dal fatto che la perdita di un posto di lavoro non sarebbe sempre una perdita drammatica, ma assai spesso solo un passaggio verso un nuovo lavoro. In questo senso quindi potrebbe avere un impatto positivo anche sulla vita familiare e sul desiderio di avere figli». Mobilità, flessibilità: forse non sono la soluzione dei due problemi, ma il demografo non le boccia e guarda ad esse con favore. Facilitare l'occupazione anche part-time dei giovani riduce il periodo della dipendenza e incentiva la natalità. Ciò che conta, soprattutto, è che il sistema offra sicurezza; e la mobilità (insicurezza strutturale), a sistema maturo, offrirà sicurezza. L'insicurezza piuttosto caratterizza, come non mai, il presente con effetti più o meno paralizzanti (una ricerca del Censis sulla «Cultura del rischio nelle famiglie» dimostra che la paura della perdita del lavoro è balzata in testa alle preoccupazioni degli italiani), ben venga allora tutto quanto contribuirà a determinare un futuro flessibile ma sicuro. VìtoLàbita tare la sfida scientifica usando tutti gli strumenti a sua disposizione: il telescopio infrarosso Tirgo, i telescopi di Asiago, Loiano e Catania e i radiotelescopi di Medicina e Noto. In quanto a longitudine, noi saremo i primi in Italia a studiare ciò che è avvenuto nell'atmosfera di Giove 18 minuti dopo l'impatto e potremo vedere in diretta il flash che l'eventuale esplosione provocherà di riflesso sulla superficie del satellite Io. Naturalmente l'emisfero australe sarà avvantaggiato in quanto a durata di osservazione, data la vicinanza di Giove al Sole nella seconda metà di luglio. Non mancherà all'appuntamento «Quark»: la sera del 19 luglio Piero Angela dedicherà una trasmissione all'eccezionale avvenimento avvalendosi dei primi risultati del 18 luglio e delle immagini dello Space Telescope (Rai uno, ore 20,40). C.B.Cosmovici Cnr, Roma

Persone citate: Antonio Golini, Golini, Massimo Livi Bacci, Piero Angela, Space