MAGICO NAGIBIN CANTORE DI MOSCA
MAGICO NAGIBIN CANTORE DI MOSCA MAGICO NAGIBIN CANTORE DI MOSCA quand'ancora seguiva i corsi dell'Istituto Universitario del Cinema. Corsi da cui peraltro lo scrittore seppe trarre straordinario profitto, come può facilmente verificare chi voglia leggere la noiosissima relazione geografica che servì da spunto per la sceneggiatura del commovente film sul piccolo uomo delle grandi pianure siberiane meritando a Dersu Uzala, appunto, l'Oscar come miglior film straniero nel 1981. Cantore di Mosca fu Nagibin, efficace come forse solo Jurij Trifonov seppe esserlo, e tanti altri motivi accomunano i due scrittori. Ma non solo di Mosca. I temi dei suoi libri sono scaturiti anche dai numerosi viaggi nella vecchia Russia, nelle sue splendide e trascurate città medievali, alla cui riscoperta lo scrittore dedicava annualmente un «giretto», com'egli lo definiva, di qualche migliaio di chilometri. E ancora, dai viaggi all'estero (anch'egli ha scritto un libro intitolato La mia Africa), un privilegio di cui godeva in quanto membro, pur non sempre bene accetto, dell'Unione degli Scrittori. Nella sua lunga attività, Nagibin ha scritto lasciandosi influenzare dalle vicende della vita e dalle sue passioni dominanti, scavando tuttavia in esse con delicata acutezza. Nacque così il ciclo dei racconti di guerra (ad essa lo scrittore partecipò dapprima come ufficiale, quindi come corrispondente), quello sulla ricostruzione postbellica, sulla caccia (una grande passione poi abbandonata), su Mosca, i racconti per l'infanzia e, negli ultimi vent'anni, il grande ciclo sugli artisti. Bach, Verdi, Ciaikovski, Rachmaninov, Puskin, Tjutcev, Fet, Goethe, Hemingway, Chagall, Tatlin, Vermeer, Tintoretto: a questi e a tanti altri artisti Nagibin ha ridato vita in romanzi e racconti brevi, convinto che la scrittura possa attingere con felice audacia quanto si cela alla cruda esattezza dell'indagine storica. In questi racconti ove la fedele ambientazione si sposa con l'indagine creativa, Nagibin, per dirla con le sue stesse parole, «sfiora i segreti della nascita del bello». Lui, che dopo aver abbandonato caccia e pesca si dedicò alla raccolta dei funghi, tenta qui di mostrarci l'attimo misterioso in cui, proprio come un fungo da sotto il muschio, dal genio dell'artista viene alla luce un nuovo verso, un'immagine musicale, un'intera opera. Tuttavia, erede e memore della cultura europea generata sulle rive del Mediterraneo, il bello a cui tende Nagibin non è vacuo estetismo, ma densa unità di bello e buono (una caratteristi¬ ca, questa, tutt'altro che estranea alla letteratura russa contemporanea. Si pensi all'«Era bellissima perché era buona» di cui Vasilij Grossman fa dono al protagonista ex deportato di Tutto scorre). Non stupisce allora che tra le tante umanissime figure create da Nagibin, la più toccante sia invece tratta di peso dalla vita reale, sia cioè il padre del protagonista pienamente autobiografico di Alzati e cammina, pubblicato in Italia dalle Edizioni del Lichene, ed accolto ora nella Bur. «Questa breve opera è la cosa che amo di più tra tutto ciò che ho scritto, e in cinquant'anni di attività letteraria non ho scritto poco»: così l'autore introduce la vita vera, dolorosa, mutilata del padre, arrestato nel 1928 e rilasciato spremuto dal Gulag dopo la guerra. Un'opera tenuta nel cassetto per trent'anni, perché lo sfondo del rapporto padre e figlio è stato «indicibile» fino a pochi anni or sono. Un libro da leggere senz'altro, per immergersi in quell'amore di benevolenza di cui sono così avari i romanzi contemporanei. Amore virile e tenero a un tempo, sintesi di quell'amicizia che Nagibin dichiarava essere la sua ricchezza principale. Un libro che ripercorre con grande sincerità le tappe della vita interiore dell'autore: la prima paura e lo
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