GINEVRA BOMPIANI SALVATA DALL'ORSO DI PEZZA di Raffaele La Capria

GINEVRA BOMPIANI SALVATA DALL'ORSO DI PEZZA GINEVRA BOMPIANI SALVATA DALL'ORSO DI PEZZA l'estinguersi dei sentimenti. Se il presente, come pensava Leopardi, non esiste per la coscienza, in quanto è già passato nel momento in cui lo pensiamo, la stessa cosa si può dire per l'infanzia, che diventa un momento magico soltanto a posteriori. «La fanciullezza è uno stato artificioso. Nessuno è bambino se non nello sguardo di un adulto». Da questa osservazione della Bompiani nasce l'avventura interiore e segreta di Lisa che 1' 11 novembre del 1993 esce di casa, si trova in una «strada brevissima», dove si affacciano fianchi di case senza porte, e scopre che il nome, «rue Marmousets», è lo stesso del collegio dove ha trascorso due anni della sua infanzia. Il collegio è «il luogo assoluto dell'immaginazione», uno spazio mentale più che fisico, una trama di affezioni accese e selvagge che nella memoria diventano cilicio di vetri aguzzi. La folle Nina, astuta e feroce, la perfetta Margareth, la curiosa e malinconica Lisa, non sono soltanto bambine, ma creature che si sfidano nel gioco crudele delle offese e delle scuse e scopro¬ no nella vergogna il momento della verità. Sono le lacrime a ritmare la vita del collegio, interrotte o prolungate in un gioco sadomasochistico quasi morboso. L'orso di pezza ottenuto dalla mamma per lenire il dolore procurato dalla morte del cane e l'orso imbalsamato scoperto nel salone di una casa abbandonata assumono un valore epifanico nell'immaginario della bambina, diventano segnali di consolazione e paura lanciati dalle frecce puntute della vita. «Anteros», la risposta d'amore che può tradursi in corrispondenza d'affetti o in disamore, regola i legami familiari, chiude in solitudini disperate e silenziose i personaggi di Ginevra Bompiani, avvolti da una saggezza biblica, da una sensibilità ebraica che sigilla il tono della sua scrittura. La condizione degli adulti è sospesa tra la cesura nei confronti del passato, lontano e irrecuperabile anche se nitido nel ricordo, e «l'imperscrutabile» costituito dal]'incombere della morte. «Non siamo il futuro della nostra infanzia», dice Na- GINEVRA Bompiani è una scrittrice elegante, di aristocratica limpidezza. Nei suoi libri, sempre esili nella misura, non racconta storie, non si interessa all'intreccio dei fatti, ma al modo in cui impercettibili schegge di realtà si riflettono negli spazi misteriosi della mente e del cuore. Nasce di qui il ritmo della sua scrittura, che possiede la grazia di una partitura musicale e rivela una precisione rigorosa nel tessuto delle parole. Anche questo suo ultimo libro, L'orso maggiore, è difficile da collocare in un genere letterario. In apparenza sembrano quattro racconti, poi si ha l'impressione che si tratti di un romanzo perché tornano gli stessi personaggi, più vecchi o più giovani, infine ci si accorge che queste storie sono frammenti di sguardi, di parole, di silenzi limati e trasformati dal tempo. Il tempo, la memoria e la morte sono i protagonisti invisibili della vita, in grado di regolare la nascita, il mutamento e Ginevra Bompiani L'orso maggiore Anabasi pp. II8.L 16.000 hum, perché si accorge che sono avvenute trasformazioni radicali negli angoli più profondi della mente e del corpo. La pagina acquista una tensione altissima nella scena dell'agonia della madre, «tutta intenta a cercare aria nelle gallerie di catarro che l'avevano invasa come un minatore sotto terra». Quel piccolo corpo disteso sul letto, scosso da un respiro ansimante, assume nello sguardo della figlia «un'aria di modesta vecchietta, di donnetta povera che se ne va in silenzio, perché tanto nessuno l'ascolta e comunque non c'ò niente da dire». La scrittura si svela nel capitolo finale come «un boccone rimasto in gola per troppo tempo», riflette l'amarezza del disincanto e nasce dalla «rivelazione che l'infanzia è solo l'apparenza che le cose prendono nascendo per non spaventarci». Massimo Romano Raffaele La Capria L'occhio di Napoli Mondadori pp. 185. L. 26.000

Persone citate: Ginevra Bompiani, Massimo Romano

Luoghi citati: Napoli