LA NOTTE DI NAPOLI FERISCE LA CAPRIA di Giorgio Calcagno

LA NOTTE DI NAPOLI FERISCE LA CAPRIA LA NOTTE DI NAPOLI FERISCE LA CAPRIA La Napoli di La Capria FOTO DI ALAIN VOLUT ?io in una citta amata con tristezza, rammarico, severità, ridotta a un avamposto del Terzo Mondo scrittore rimprovera i suoi concittadini di essersi chiusi in difesa del proprio passato, «come se volessimo regredire allo stato prenatale, nell'utero materno della nostra tradizione verace»; di avere tradito l'eredità illuminista; di avere rifiutato la modernità, con la conseguenza di dover subire oggi la modernità altrui; di avere ridotto una città di confine fra l'Europa e il Mediterraneo a un avamposto del Terzo Mondo, risucchiata sempre più in basso. Una cosa La Capria non accetta, quando si scrive di Napoli; l'astio, l'indignazione pregiudiziale, la non volontà di capire. Per capire ci vuole la virtù latina della pietas, la categoria greca della simpateia: quella che detta al piemontese Carlo Levi le più illuminanti pagine sul Sud. I settentrionali che oggi scrivono di Napoli non hanno né simpateia né pietas; l'indignazione gli è facile, la comprensione è impedita. L'accusa, diretta, è contro Ceronetti, Vertone, Arbasino. Soprattutto, frontalmente, contro Bocca e il suo «Inferno». Lo scrittore napoletano non rimprovera il giornalista cuneese per avere trovato l'inferno dove realmente esiste. Lo rimprovera per avere aggiunto altro inferno all'inferno, attizzando i pregiudizi del Nord verso il Sud. Ma poi, a questo inferno, non ha contribuito un po' anche il Nord? «Hanno guardato ai fatti nostri con la stessa indifferenza con cui noi guardiamo quel che succede nei Balcani, e poi hanno scoperto l'Inferno...». La Capria è scrittore moderno, che affronta il saggio con la stessa agilità di invenzione con cui scrive il racconto, pensando sempre per immagini non cade mai nella trappola di un sentimento isterilito nel sentimentalismo. Ma dopo avere respinto tutte le seduzioni del localismo, le ipoteche del folklore, dopo avere addirittura negato che esista una questione Napoli (è la questione Italia, che a Napoli esplode), non riesce a sottrarsi alla carità del natio loco: quella più segreta, che ditta dentro. E dal suo osservatorio non provinciale, di «europeo scontento», come ama definirsi, rivendica il diritto alla nostalgia. Una nostalgia critica, non passiva, «una nostalgia che serve ad armare la memoria contro la rassegnazione». Sono i non-nostalgici che accettano come normale la catastrofe: «Contro questo disincanto impugno la mia nostalgia e non dico soltanto che qualcosa di molto importante, di essenziale, è andato perduto per tutti, ma cerco di farlo rivivere come posso con le parole». Ecco un tratto di straordinaria napoletanità, quel salto mortale dal trampolino nel quale l'antico campione di tuffi ha identificato la letteratura. «Passerà la nottata?», si chiede, a un certo punto, il più europeo fra gli scrittori napoletani. Lo scrive in italiano, coerente ai suoi principi. Ma, chissà perché, noi lo leggiamo nella parlata, e con l'accento, di Eduardo De Filippo. Forse, nel suo dialetto, nonostante quanto La Capria scrive, si può anche pensare. Giorgio Calcagno

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