LA SCUOLA GRANDE DEL TINTORETTO

LA SCUOLA GRANDE DEL TINTORETTO LA SCUOLA GRANDE DEL TINTORETTO IL 31 maggio 1594 moriva a Venezia, dopo quindici giorni di febbre, «messer Jacomo Robusti ditto Tentoretto» di 75 anni. «Tintoretto» appunto, perché figlio di un tintore, Giambattista di origine lucchese, e perché piccolo e minuto, come raccontò Andrea Calmo, attore e commediografo, in una lettera del 1548. Grande invece nella pittura, come riconoscono i contemporanei. Persino il fiorentino Giorgio Vasari, di estrazione così diversa, dopo averlo definito «stravagante, capriccioso, presto e risoluto et il più terribile cervello che abbia mai avuto la pittura», ammette che «se non avesse tirato via di pratica, sarebbe stato uno de' maggiori pittori che avesse avuto mai Vinezia». Ma uno dei grandi di Venezia Tintoretto lo è stato veramente. Nato in quella città nel 1519, dopo un breve apprendisrato presso Tiziano che sembra lo ìirend presto per gelosia, ha bottega per conto proprio nel 1539. Frequer'a l'elite culturale del tempo, da Anton Francesco Doni a Pietro Aretino, guarda alle sculture antiche, ni veneti contemporanei, ai manieristi toscani e, attraverso stampe e disegni anche a Michelangelo. In breve si impone nella Serenissima come uno dei maestri più moderni, e capaci. Mette al mondo otto figli di cui tre, compresa una femmina, Marietta, lo aiutano nel mestiere di pittore. Riesce ad ottenere commissioni di grande importanza e per quarant'anni, sino alla morte, riempie chiese e palazzi veneziani di magiche e scintillanti pitture. grandi teleri sacri e profani, ritratti, sacre rappresentazioni. Dopo alterne fortune critiche, in concorrenza con gli altri due geniali colleghi, Tiziano e Veronese, i nostri giorni gli rendono i dovuti onori a 400 anni dalla morte. Non solo con una serie di mostre e itinerari veneziani, che ci portano a rivedere gran parte della sua attività, dai Ritratti (Gallerie dell'Accademia, sino a domani) a Tintoretto e i suoi incisori (Palazzo Ducale, sino al 7 agosto) con due bei cataloghi (Electa), nutriti ed esaurienti, alle Sacre rappresentazioni riunite (sino a maggio) nella chiesa di San Bartolomeo e ai dipinti della chiesa della Madonna dell'Orto, accompagnati da relative pubblicazioni. Ma anche con alcuni importanti libri. La ristampa, per cominciare, dell'opera completa, Tintoretto, di Rodolfo Pallucchini e Paola Rossi ne «I Classici» (Electa, 1994). Tre ricchi tomi (1000 pp., 850 illustrazioni in nero, 150 a colori, lire 400.000), nuova veste grafica. I due primi volumi, dedicati alle opere di soggetto sacro e profano, comprendono un saggio introduttivo di Rodolfo Pallucchini, una biografia corredata di rigorosi apparati critici di Paola Rossi, cui si deve anche la catalogazione di tutti i dipinti (certi, di errata attribuzione e dispersi). Il terzo volume, sui ritratti, ancora della Rossi, si rivela un'appassionata, e giusta, difesa del Tintoretto ritrattista, sulla scia di Berenson, e in opposizione a Roberto Longhi che nel 1946 ne definiva quell'aspetto, «per eccellenza effimero, non durevole nella memoria», e aggiungeva: «Stento a ri¬ cordare più d'uno o due fra i mille effigiati tintoretteschi. Ricordo, s'intende, i roboni dei procuratori a massa bruna... il fiotto d'ombra sotto ogni naso, e molte barbe bianche e farinose... le solite mani spioventi». Cattivo davvero. Ma la novità è il volume Tintoretto. La Scuola Grande di San Rocco (Electa, 1994, pp. 398, 1.150.000) nella collana «Dentro la pittura»: un lungo saggio di Giandomenico Romanelli e un'eccezionale documentazione fotografica delle opere restaurate. Si tratta di un'attenta indagine nei complessi cicli con cui il Tintoretto decora soffitti e pareti della prestigiosa Scuola di San Rocco dal 1564 al 1587 (1564-67 Sala dell'Albergo, 1575-81 Sala superiore, 1582-87 Sala terrena). L'artista, all'apice della carriera, riesce a conquistarsi la commissione ambita anche da altri maestri, con un colpo di mano, facendo cioè direttamente sul telerò la cosiddetta prova e offrendola gratuitamente ai confrati. Il saggio analizza (con qualche parola un po' obsoleta), attraverso documenti, il sottile iter con cui il Tintoretto riesce ad imporsi all'attenzione dei confrati, mosse abili appunto, parentele, amicizie, ma soprattutto la sua straordinaria pittura, svelta e moderna. Spiega l'iconografia dei dipinti, che affrontano temi di controriforme spesso ai limiti dell'ortodossia, indica fonti, suggeritori, orchestratori, e tutti gli interessi economici, dottrinali, di immagine e propaganda che ruotavano intorno all'impresa. Maurizia Tazartes

Luoghi citati: Venezia