UOMO E NATURA IL DUELLO INFINITO

UOMO E NATURA IL DUELLO INFINITO UOMO E NATURA IL DUELLO INFINITO molto simili ad alcune teorie odierne. Agli inizi del '700 un prelato giurò di aver visto un gruppo di corvi che piantavano un boschetto di querce, per nidificarvi 25 anni dopo, ma questo non impedì il proliferare, ad esempio, delle arene per i combattimenti di galli, proibite solo nel 1849. La civiltà moderna, conclude Thomas, si basa su incoerenze, compromessi, contraddizioni: «I bambini di oggi, nutriti da una dieta carnea e protetti da una medicina i cui progressi dipendono dagli esperimenti sugli animali (clùssà cosa diranno gli animalisti, ndr), si portano a letto i loro animaletti di pezza e prodigano il loro affetto ad agnellini e poney». Peccato manchino accenni allo «sviluppo sostenibile», via di mezzo fra progresso e sfruttamento della natura. Ancora dilemmi in un'opera altrettanto ricca di informazioni e di grande interesse teorico: la Storia delle idee ecologiche di Donald Worster. L'autore, racconta le tappe che hanno sviluppato la coscienza ambientalista: dalle passeggiate nella campagna inglese di un curato inglese del '700, Gilbert White, CHI concorderebbe sull'«oscena e innaturale libidine» della pernice o 0 «ridicolo» corpo della scimmia, per «la sua indecente rassomiglianza e la sua imitazione dell'uomo»? Ne erano convinti, all'inizio dell'età moderna, alcuni naturalisti inglesi. Ma non dobbiamo sorriderne troppo: il nostro complesso di superiorità verso gli altri esseri viventi oggi si manifesta in forme ancora più distruttive. Molti libri, usciti recentemente, tentano di mettere ordine e spiegare gli antichissimi e contraddittori rapporti tra uomo e natura: dall'importante Stona dell'ecologia del francese Jean-Paul Deléage (Cuen/Legambiente), al Dizionario Collins dell'ambiente (Gremese). Uno dei libri più ricchi di dati e di aneddoti gustosi è il recentissimo L'uomo e la natura di Keith Thomas. L'autore, docente di Storia moderna a Oxford, esamina in particolare il «sentimento» verso l'ambiente nei Paesi anglosassoni, nel periodo tra il '500 e l'800. Sulla lunga marcia di animali e piante per trovare un posto nel cuore umano pesa il micidiale precetto della Genesi, che ordina agli uomini di «dommare» tutti gli esseri viventi. L'«antropocentrismo», avverte Thomas, non è prerogativa solo del cristianesimo, visto che «maya, cinesi e i popoli del vicino Oriente sono riusciti a distruggere l'ambiente senza l'aiuto del cristianesimo». Ma è un fatto che «i romani abbiano sfruttato le risorse naturali del mondo precristiano con molta più efficienza che non i loro successori cristiani nel medioevo». La distruttività verso la natura non risparmia nemmeno gli inglesi, per quanto da secoli adoratori della countiy, dei cani, dei cavalli e della natura selvaggia. Per un William Beckford (viaggiatore di fine 700) che giace nel letto di un albergo portoghese «perseguitato per tutta la notte da immagmi rurali dell'Inghilterra», c'è sempre un Sir John Davies che (nel '600), rimprovera gli irlandesi di non essere riusciti a sfruttare le loro terre, così ne giustifica la conquista: «Né la politica né la coscienza cristiane possono tollerare che un paese tanto bello e fertile resti sprecato». Dall'età moderna in poi, la guerra tra uomo e natura declina con gran fatica. Margaret Cavendish, duchessa di Newcastle e scrittrice eccentrica, già nel '600 rivendica non solo la superiorità, per certi versi, degli animali sull'uomo, ma anche dei vegetali. Le sue idee, che rispecchiavano l'influsso di Montaigne e dei libertini francesi, sono e alle lotte di Rachel Carson contro il Ddt; dalle esplosioni nucleari nell'atollo di Bikmi, a Chernobyl. Completa anche la carrellata dei protagonisti: dall'«uomo dei fiori» Linneo all'utopia sovversiva e romantica di Thoreau, dalla scoperta di Darwin di una natura che sa anche essere crudele, brutta e desolata, fino alle ultime, radicali teorie della «deep ecology». La scienza, spiega Worster, è da tempo di fronte a una domanda fondamentale: la natura è ordinata, cioè ha un'organizzazione razionale ed efficiente, cappce di darsi un costante equilibrio? Un dilem- l)a bruchi a farfalle: metamorfosi del Seicento incriminata, un ragno o una lucertola, che aspettano il momento propizio per mangiarsi il bruco devastatore. Si direbbe che Sibilla abbia già in pectore il concetto moderno di «lotta biologica». Eppure in quest'opera della maturità non vi è la freschezza e la spontaneità che troviamo nella Meravigliosa trasformazione dei bruchi, l'opera giovanile della Merian che rispecchia tutto l'entusiasmo di un' artista-scienziata affascinata dall'incantesimo della metamorfosi che scopre con stupore per la prima volta. All'editore il merito di aver tolto questo delizioso libretto dagli scaffali polverosi delle biblioteche per riproporlo al pubblico in una veste così suggestiva ed elegante. Isabella Lattes Coifmann

Persone citate: Gilbert White, Isabella Lattes Coifmann, John Davies, Keith Thomas, Linneo, Margaret Cavendish, Rachel Carson, Thoreau, William Beckford

Luoghi citati: Inghilterra, Newcastle, Oxford