Un antologia di pagine critiche

Un'antologia di pagine critiche Un'antologia di pagine critiche Proviamo a leggere, senza nemmeno avere bisogno di soffermarci più di tanto, quel che è scritto (e detto) in questa raccolta postuma. Che cosa vi troviamo? Sì, in effetti Manganelli alla domanda, che lui stesso si pone, se esiste una chiarezza della letteratura, risponde «a mio avviso non esiste». Ma poi aggiunge: «Voglio forse dire che un testo letterario è inevitabilmente oscuro? Non esattamente. Intendo dire che esistono testi letterari chiari, ma ciò è del tutto irrilevante alla loro esistenza letteraria. Allo stesso modo l'oscurità non mi dice di per sé nulla di decisivo. Se prendiamo una poesia del Petrarca, dobbiamo ricono¬ scere che per lo più è chiara. Un verso come: Quanta aria dal bel viso mi diparte è chiarissimo, e insieme di una tale sottile complessità che è impossibile, non dico riassumerlo, ma solo toccarlo; un verso è simile a un fantasma: tutto quel che si può fare è vederlo, e paventarlo». E questo se è vero per la poesia, lo è anche per la narrativa, dove infuria ancora (e sempre) il problema, mai risolto, della trama. E anche qui Manganelli non potrebbe essere più convincente e definitivo. In altra parte della raccolta infatti leggiamo: «Esistono molti, non moltissimi, libri che sono ottimi e hanno una trama raccontabile; ma, se sono veramente ottimi, credo che siano tali che, spellati della trama, offrano una imma¬ gine segreta, uno strato sotterraneo in cui veramente consiste la grandezza di un libro. E' facile fare un riassunto di Delitto e castigo; facile quanto inutile: con quella trama possono lavorare scrittori geniali e autori di gialli. La cruna dell'ago è un eccellente thriller, ma se tolgo la trama resta la pagina bianca. Personalmente mi interessano libri che abbiano un tema più che una trama; i libri che non è possibile, o eccessivamente arduo riassumere». Ho voluto riportare così diffusamente le parole di Manganelli perché credo che arrivino inaspettate alle orecchie dei più, che finalmente possono ammirare la forza ma anche la semplicità di esposizione dei suoi propositi e convincimenti. Come! Manganelli l'oscuro, Manganelli l'eccentrico si esprime, su temi così vitali, con tanta elementare lucidità? E' che l'oscurità di Manganelli si nutre di chiarezza, la sua eccentricità di esperienza. E' che Manganelli sfugge al dilettantismo oggi imperante, secondo il quale è proprio di chi scrive poesie e romanzi parlare direttamente al lettore, «coprirlo della tenera fanga dei nostri sentimenti», educarlo alla nobiltà dei pensieri. Per Manganelli, al contrario, lo scrittore deve puntare a un lettore che, «pur leggendo parole che potrebbero essere in diversi contesti anche sentimentalmente attive, sia capace di scorgerle nel loro valore strutturale, come ordine, disegno, organismo impersonale». A un lettore che non cerca nella letteratura certezza ma dubbi, consolazioni ma inquietudini. «La letteratura non parla al lettore, meno che mai al suo cuore; al contrario, gli si presenta, ma gli si offre, gli impone la fatica di cercare un contatto, lo frusta, lo elude; non risponde alle sue domande. Pertanto, la serie di domande proponibile all'opera letteraria è infinita». Sì, deve essere così se non finiamo e mai finiremo di porne domande all'opera di Giorgio Manganelli, alla sfinge che si affaccia dalla pagina di Hilotragoedia e Nuovo Commento. Angelo Guglielmi

Persone citate: Angelo Guglielmi, Giorgio Manganelli, Petrarca